martedì 29 novembre 2016

Mario Margiocco




                        Grillo e Salvini non salvano l'Italia: ne sfregiano l'identità

Dichiarando guerra all'Ue, mettono in discussione un percorso seguito dalla nascita dello Stato unitario. Con varia intensità e una sola lunga parentesi: il ventennio fascista. Costasse poco direi "accomodatevi".

In un mondo ideale gli italiani il 4 dicembre andrebbero a votare su una riforma costituzionale e basta. In un mondo che è quello che è si vota per molto altro. Alla fine tanti sceglieranno nel merito della riforma, ma determinerà l’esito la conta tra chi è così contro Matteo Renzi da prendersi Beppe Grillo e chi non vuole saperne del comico come demiurgo di un nuovo governo (il ruolo che piace a Grillo è quello di ispirare senza il rischio di espiare) al punto da tenersi, per ora, il premier. Non è così? E allora come mai Grillo, arbiter elegantiarum, ha detto che Renzi è «una scrofa ferita» e quindi gli tocca il colpo di grazia? È un passaggio costituzionale?

SIAMO A UN BIVIO STORICO. Questo sarà il più importante voto politico italiano dopo quello Est-Ovest del 1948 e quello del 1976 (quando Enrico Berlinguer mancò il sorpasso) e come tale è seguito all’estero. Tutto però è molto meno chiaro di allora. E un voto-ombra politico affiancato a un referendum non aiuta: i termini costituzionali sono più o meno chiari, ma per il resto non ci sono candidati, non ci sono programmi, solo slogan, urla, offese. C’è più lotta politica che Costituzione. Rivolta contro i leader. All’ombra di altri leader o aspiranti tali. Grillo mette tutto sul tavolo, generazioni presenti e future, ambiente, gasdotti, libertà, democrazia, autonomia nazionale. Finché non comanderà lui (dietro le quinte) saremo in una dittatura, dice. Lo fa anche Silvio Berlusconi, preoccupato pure lui di una «deriva autoritaria». Ma guarda.

CHI VOTA "SÌ"? «FESSO» O «VENDUTO». Programmi - o meglio annunci - così vasti, filosofici, urlati in nome della morale, come sono quelli di Grillo, predicano un “nuovo” che essendo del tutto astratto può credere di difendere l’universale. La stessa dignità dell’uomo, insomma, che oggi sarebbe schiavo. Forse in parte è vero. Ma sarebbe una storia lunga e non solo italiana. Ci libererà Grillo in quattro mosse? Tanto zelo insospettisce non sull’onestà di chi lo professa, ma sul suo equilibrio. Una parte dei sostenitori del "No", una parte solo per fortuna, è così convinta della bontà della propria scelta e così incapace di accettare un parere contrario da diventare settaria e maleducata. Chi propende per il "Sì"? Un fesso. Se giornalista o simile, un venduto.


Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi.

Sul Senato si è persa l’occasione di seguire alla lettera il modello del Bundesrat tedesco , e quindi il Senato è smagrito ma i suoi poteri ridotti in modo ambiguo e quindi alla fine possibile causa di confusione. Su questo e altro di costituzionale si andrà a votare ma fra i possibili risultati abbiamo anche: un voto politico anticipato con una vittoria, grazie anche all’Italicum, di una parte del variegato fronte del "No", i 5 Stelle magari alleati di fatto con Matteo Salvini a sostenere un governo dal volto oggi ignoto (qualcuno può escluderlo categoricamente di questi tempi?); il reddito di cittadinanza offerto non si sa da chi («i soldi si trovano», tuona Grillo); strategie rischiose sul debito pubblico; un referendum sull’euro. Dovesse passare, avremmo il ritorno alla lira, la fine dell’euro, la fine della Ue. Se questo per miracolo non accadesse, un’Italia isolata, auto isolata. Visto il nostro abnorme debito pubblico, gli altri non ci piangerebbero troppo sopra.

GRILLO HA LIMITI DI COMPRENSIONE. La lira era una volta la liretta e per 15 anni circa non ci ha servito male ma dal 1964 ha richiesto le stampelle del Fondo Monetario, degli Stati Uniti, dell’Europa perché in media ogni 10 anni è stata svalutata pesantemente e negli ultimi 30 della sua esistenza in quasi costante erosione di valore. Questo ha aiutato l’export, ha aperto un fronte (compensato da altro, ma l’ha aperto) di impoverimento del reddito fisso italiano e di chiunque non vendesse all’estero e ha drogato monetariamente il nostro sistema. Oggi aiuterebbe davvero l’export se fosse in continua svalutazione, perché l’export drogato (non quello sano, che per fortuna anche abbiamo) di questo ha bisogno. I risultati sono prevedibili. Per resistere, passata l’adrenalina iniziale da svalutazione, dovremmo vendere tanto e comperare poco. Si chiama autarchia. Ma è impossibile da spiegare a Salvini, Grillo e ad almeno 10 milioni di loro estimatori. Devono provare. Costasse poco diremmo "accomodatevi".

PIÙ CHE PATRIOTTICI, NAZIONALISTI. Lega e 5 Stelle lo chiedono, il ritorno alla lira, simbolo della nazione. Sono ragazzi molto nazionalisti, che è qualcosa di più che patriottici. I grillini da qualche settimana ne parlano meno, ma basta un’occhiata al Blog per cogliere gli umori veri. Quindi c’è anche la scelta tra partenariato europeo, incagliato ma non certo da liquidare, e via nazionale. Sarebbe l’uscita da un percorso che l’Italia ha seguito, con varia intensità e una sola lunga interruzione, dalla nascita dello Stato unitario a oggi. È stato il percorso di un aggancio all’Europa tipico di un Paese ultimo arrivato. Siamo stati all’inizio uno stato “cliente” della Francia, militarmente (senza le loro truppe non avremmo mai nel 1859 battuto gli austriaci) e finanziariamente. L’orbita britannica nel Mediterraneo ci ha profondamente influenzato, attratto e irritato. Poi ci siamo avvicinati alla Germania e all’Austria. A Prima guerra mondiale iniziata siamo passati con Francia e Gran Bretagna. Giri di valzer.


Il leader della Lega Matteo Salvini.

La partita con le altre nazioni europee per infiniti motivi è stata sempre intensissima. Dopo la Seconda guerra arrivava la inedita e strettissima collaborazione, anche istituzionale e con cessioni di sovranità, con Ceca dai primissimi Anni 50 e poi Mec e poi Ue. E infine l’Uem, con l’euro. Di cui abbiamo disperatamente voluto far parte. Unica parentesi contraria in questo percorso, il nazionalismo mussoliniano, dal 22 al disastroso esito del 1943. È un dato storico.

LO ZELO DEGLI UNTI DEL SIGNORE. La linea che Salvini (in modo più chiaro) e Grillo (in modo volteggiante) propongono è strettamente nazionale. Anche da sinistra e da destra il "No" fa appello all’indipendenza nazionale. Angela Merkel, dicono, sostiene Renzi perché vuole tenere l’Italia in sottordine (e Barack Obama?). Facciamoci i fatti nostri. Già. Quindi l’esatto contrario di quello che sei nazioni prima, e poco meno di 30 oggi (troppe), hanno cercato di fare in Europa, affermando che i fatti nostri sono sempre più fatti dell’Unione. Salvini e Grillo promettono di «rompere le catene dell’Europa», a partire dall’euro, e di riprenderci la libertà. Se vince il "No" saranno loro, Grillo soprattutto, naturalmente per interposta persona, a volere il comando. Il tutto non di rado con lo zelo degli unti del Signore.

E SE IL SIGNORE HA LE SEMBIANZE DI BEPPE... Che se poi il Signore ha le sembianze di Grillo, come dicono nella sua (e di chi scrive) Genova, ti me u saviae dî, me lo saprai dire, letteralmente. E, come senso, siamo messi proprio bene. Certo, bisognerebbe aggiungere anche che cosa ci aspetta se vince il "Sì". Renzi fino al 2018. Contenti?


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