mercoledì 27 giugno 2018

tutti i rinvii del governo M5s-Lega

Decreto dignità, Flat tax, Ilva: tutti i rinvii del governo M5s-Lega

Congelato lo spesometro. Reddito di cittadinanza poco gradito a Tria. Aliquota fissa smembrata. Incognita su Taranto. E nessuna nomina in Cdp. I dossier sui cui l'esecutivo giallo-verde sta prendendo tempo.

Dopo essere stato il governo più atteso nella storia della Repubblica italiana, l'esecutivo di Giuseppe Conte e la sua maggioranza confermano la tendenza a muoversi con una certa lentezza. Alla raffica di dichiarazioni del ministro dell'Interno Matteo Salvini, presto rincorso dal suo collega del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio, corrisponde una chiara tendenza al rinvio quando si tratta di affrontare il nodo delle questioni più spinose. Dalla Flat tax alla revisione della legge Fornero sulle pensioni, passando per dossier apparentemente più semplici come quello delle nomine, non c'è campo in cui l'esecutivo non abbia esercitato l'arte della procrastinazione. Vediamo i dossier nel dettaglio.

1. Decreto dignità: mancano le coperture

Il decreto bandiera di Di Maio, che ha voluto così replicare all'attivismo di Salvini, era atteso per mercoledì 27 giugno 2018 in Consiglio dei ministri. Il vicepremier però ha detto che la presentazione è prevista «nei prossimi giorni» e che in Cdm si deve parlare invece di deleghe dei sottosegretari. Il decreto dignità, ha dichiarato Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il parlamento, «prevederà una riduzione della burocrazia fiscale, l'abolizione del redditometro, dello spesometro e tutte quelle misure che chiedono le imprese. Ci sarà un provvedimento contro il gioco d'azzardo, un provvedimento contro il precariato, uno contro le delocalizzazioni facili. Sarà fatto a brevissimo giro. Abbiamo dato dimostrazione di voler fare le cose». Più tardi, Di Maio ha così risposto a chi gli chiedeva conto dei ritardi: «Il decreto dignità è un punto di partenza e se è pronto per stasera arriva stasera, sta facendo il giro delle 'sette chiese', bollinature varie. Il testo è pronto deve essere solo vidimato dai 1000 organi di questo Paese».
SPARITO IL REDDITOMETRO. Tuttavia al giornalista che gli ricordava come a oggi non si sia ancora visto nulla, il ministro ha replicato: «Ho sempre detto che il nostro obiettivo non è legiferare tanto, ma poco e bene. Uno dei mali di questo Paese è l'eccesso normativo. Preferisco che il governo ci metta anche un mese in più per un provvedimento, ma che questo duri». Nell'ultima bozza visionata da Il Sole 24 ore è sparito il redditometro e mancano tutt'ora le coperture.

2. Reddito di cittadinanza: non piace al ministro dell'Economia Tria

In un'intervista radiofonica del 15 maggio, il leader dei cinque stelle Di Maio ha risposto «lo spero» al giornalista che gli chiedeva se il reddito di cittadinanza vedrà la luce nel 2019. Il fatto è che il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha già chiarito che, nella Legge di Stabilità che deve essere presentata entro la fine dell'anno, non c'è spazio per misure troppo costose: ci si concentrerà, ha detto, sulle misure «a costo zero».
AUMENTO DELL'IVA DA BLOCCARE. Dopo l'intervento di Tria, Di Maio ha detto che il reddito di cittadinanza è una priorità e che verrà convocato un tavolo. La misura ha un costo variabile tra i 16,1 e i 28,7 miliardi. Prima di trovare quei soldi, però, è necessario reperire 12,4 miliardi di euro per bloccare l'aumento dell'Iva.


3. Flat tax a pezzi: prima le aziende e poi le famiglie  La misura cavallo di battaglia della Lega verrà implementata a pezzi: le aziende da subito, poi le famiglie, ha dichiarato il ministro dell'Interno Salvini. La Flat tax per le aziende, in realtà, c'è già e si chiama Ires. Forse il governo intende abbassare l'aliquota, oggi al 24%, ma su questo non ci sono indicazioni specifiche.
RISCHIO FIBRILLAZIONE PER I MERCATI. Per la Flat tax il problema è lo stesso del reddito di cittadinanza: non è una misura a costo zero e Tria vorrebbe chiudere la sua prima legge di Stabilità senza allarmare troppo i mercati. Per lo stesso motivo anche la riforma della legge Fornero sulle pensioni con l'introduzione della “quota 100” rischia di rimanere sulla carta.

4. Ilva: Di Maio dice di non avere «super poteri»

Nel programma del M5s lo stabilimento di Taranto avrebbe dovuto essere riconvertito a una produzione più sostenibile, con la chiusura degli altoforni. La Lega, però, è contraria a soluzioni troppo drastiche. Ci sono stati degli incontri al Mise al termine dei quali Di Maio ha dichiarato il 19 giugno: «Non ho i super poteri».
CHIESTO UN INCONTRO URGENTE. Il 26 giugno il governo ha infine deciso di mantenere i commissari in carico fino a metà settembre, quando si deve decidere sul subentro di ArcelorMittal, partita che si sarebbe dovuta chiudere alla fine del mese. Intanto Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto hanno chiesto al ministro un incontro urgente per discutere della situazione o si autoconvocheranno al Mise il 4 luglio.

5. Cassa depositi e prestiti: niente nomine

La scelta dei nuovi vertici da parte del governo era attesa prima dell'assemblea, in programma giovedì 28 e venerdì 29 giugno. Tuttavia si è deciso di rinviare per trovare la «soluzione migliore», hanno fatto filtrare fonti del governo smentendo attriti tra i due partiti di maggioranza.
CI SONO INCOMPATIBILITÀ PERSONALI. In realtà, ci sarebbero incompatibiltà personali tra Dario Scannapieco e Fabrizio Palermo, gli uomini scelti per occupare la poltrona di amministratore delegato e direttore generale.

In bilico


SI  PUO’ FARE

Da molto tempo sostengo che il PD deve sparire per potere eventualmente rinascere dalle ceneri come l’araba fenice e questo per un motivo molto semplice, sono anni che tanti piccoli segnali vengono sistematicamente ignorati da politici pieni di certezze sull’egemonia della sinistra italiana ferma alla rivoluzione d’ottobre, dello zoccolo duro o alle piacevoli mollezze della vita parlamentare fatta di intrighi e sospetti tra due anime che fin dall’inizio si sapeva non avrebbero mai avuto nessuna possibilità di convivenza. Ognuno viveva la sua storia convinto di potere mettere all’angolo l’altro senza particolari problemi, l’ideologia clericale e quella atea nascoste sotto la piastrella sperando non facessero esplodere la fantapolitica creata ad uso e consumo di pochi politici che si ritenevano furbi con molta confusione di tanti elettori che da entrambe le parti votavano per senso di responsabilità. Io sono convinto che i molti elettori di sinistra che hanno votato Lega o M5S non siano convinti della bontà del loro programma, hanno voluto dare uno schiaffo agli ex compagni e agli ex cattolici progressisti. “Se continuate su questa strada sarete costretti a vendere anche la sede mobili compresi e tanti saluti”.
Purtroppo non c’è verso, il messaggio è stato recapitato in diverse occasioni elettorali e regolarmente disatteso con il colorito seguito di liti furibonde su chi dovesse prendersi la responsabilità della sconfitta. Il tragico di tutto questo processo politico è che chi ha sempre creduto fermamente in una società pluralista, progressista con particolare riferimento ai tanti, troppi diritti civili disattesi, ai problemi sociali irrisolti, al problema dei giovani che cercano invano un lavoro, alla scuola o alla salute piroscafi ormai affondati senza particolari preoccupazioni di nessuno, si ritrova con al governo un “fascista”, perché questo è e così lo chiamo senza tema di smentita che si trascina per mano un ragazzino pieno di boria senza arte ne parte che crede di continuare a fare il gioco delle tre scatolette nel governo del paese. La parte sana soffocata da un potere nato dalla disperazione di molti ma dalla furbizia di pochi che manovrano con molta eleganza senza essere visti. Giovani che seguono con scherno le manifestazioni antifasciste visto che nessuno ha loro spiegato a cosa si riferiscono e cosa è stato il fascismo con le sue nefaste conseguenze culminate con la seconda guerra mondiale. Genitori che esaltano la violenza quando non la praticano direttamente dando segnali che ormai tutto è possibile senza pericolo di pagarne le conseguenze. E tutto questo nell’indifferenza totale, diventata regola, il vero elemento centrale della politica nazionale. Non si protesta più per qualcosa di concreto, un obiettivo che dia immediata soddisfazione alle esigenze reali, basta farlo, ragione o torto ha poca importanza, l’analisi è un optional. Ci si commuove per il bambino morto sulla spiaggia in balia della marea ma si grida all’immigrato che succhia il sangue agli italiani, senza contare tutte le falsità ormai quotidianamente ingigantite dalla rete e bevute come una bibita dissetante. E cosa fa anzi fanno i soloni del PD? Litigano, continuano a litigare allegramente senza paura di perdere la faccia, senza rendersi conto che quella è ormai irrimediabilmente persa. Faccio una proposta a quei pochi volonterosi rimasti, facciano in modo che si estinguano da soli, lasciamogli tutto, partito, nome, sede, soldi, tutto. Facciamo una colletta e rifondiamo ex novo un movimento sano, democratico, sociale, culturalmente aperto, libero e senza pregiudizi, ritorniamo in mezzo alla gente come si faceva una volta quando si sapeva ascoltare i bisogni del popolo. Ci sarà molto da lavorare ma: si può fare. 

mercoledì 20 giugno 2018

Tra rom e migranti, Salvini dimentica la mafia

Tra rom e migranti, Salvini dimentica la mafia

Le organizzazioni criminali soffocano la nostra economia. Come l'evasione e il lavoro nero. Quando sentiremo il ministro dell'Interno tuonare: «La pacchia è finita per i boss»?

Immigrati, richiedenti asilo, rom. Sono gli obiettivi su cui in questi primi giorni di governo si sono concentrate le prove muscolar-mediatiche del ministro Matteo Salvini, senza soluzione di continuità con i toni usati in campagna elettorale. E questo nonostante i numeri del Viminale e dell'Ocse sugli sbarchi smentiscano la narrazione dell'emergenza. Sono stati giorni di hashtag minacciosi, «pacchie finite», «crociere» e «censimenti».

IL BALLETTO DELLE CIFRE. Ma guai a definire razzista, xenofoba e fascista questa linea dura. Il fatto è che, sempre secondo gli elettori del Carroccio e più in generale i fan (pure insospettabili) dell'uomo forte, gli italiani «ne hanno le scatole piene». Prima noi, insomma. O meglio prima "loro". E pazienza se la spesa di questa «invasione» sia interpretata all'occorrenza: per esempio i 5 miliardi che secondo Salvini andrebbero per mantenere i «finti profughi» in albergo in realtà comprendono anche le operazioni di salvataggio, l'assistenza sanitaria e i programmi di integrazione. Tolti gli 80 milioni che ci arrivano dall'Ue per l'accoglienza l'Italia spende in realtà dai 3 ai 3,5 miliardi (come ha sottolineato lavoce.info).

SGOMBEROPOLI. Dopo il clandestino, Salvini ha lanciato la sua crociata contro i rom. Da censire, e «purtroppo» da tenere se sono di cittadinanza italiana. Stando all'ultimo rapporto annuale dell'Associazione 21 luglio si sta parlando di una popolazione che va dalle 120 mila alle 180 mila unità. Il 43% di coloro che vivono in insediamenti riconosciuti è di nazionalità italiana, il 55% è minorenne. Ventiseimila sinti, rom e camminanti che si trovano in emergenza abitativa: lo 0,04% della popolazione italiana. Dal 2012, anno della presentazione di una "Strategia nazionale", per la cosiddetta politica dei campi sono stati spesi 82 milioni di euro. In assenza di approcci alternativi si è ricorso sistematicamente quanto inutilmente agli sgomberi. Nel 2017, sempre secondo la 21 Luglio le operazioni di polizia sono state 230: 96 al Nord, 91 al Centro (33 a Roma) e 43 a Sud.
Nessuna sorpresa: quale fosse il programma della Lega era noto. Così come non stupiscono i toni del leader. Ci sono però ben altre «pacchie» che soffocano da decenni il nostro Paese e a cui bisognerebbe mettere la parola fine. Pacchie a cui il ministro Salvini non ha - ancora - dichiarato guerra. ll contrasto alle mafie, per esempio. Non occupa grande spazio nemmeno nel contratto di governo firmato con Luigi Di Maio. Poche righe per ricordare che «bisogna potenziare gli strumenti normativi e amministrativi volti al contrasto della criminalità organizzata, con particolare riferimento alle condotte caratterizzate dallo scambio politico mafioso».

CENSIMENTO? SÌ DEI MAFIOSI. La verità è che - anche solo a farne una questione economica - la mafia strangola l'economia pulita. Non solo infiltrandola o taglieggiandola col racket o l'usura, ma solo coesistendo con essa. Un team di professori dell'Università di Padova a inzio 2017 ha cercato di quantificare il danno nel Nord e nel Centro Italia. In sintesi a tre anni da una operazione anti-mafia, il fatturato delle imprese sane del territorio interessato è cresciuto dal 10 al 17%. L'inquinamento mafioso quindi equivale a una "tassa piatta", occulta, del 10, 15%. Salvini potrebbe proporre un censimento delle aziende infiltrate e dei prestanome dei boss che operano spesso indisturbati sull'intero territorio nazionale. Qualche numero l'equipe di ricercatori padovani l'aveva dato: tra il 2004 e il 2014 nel Centro-Nord sono stati 1.567 i condannati per mafia, di questi 392 sono risultati amministratori o azionisti con almeno il 10% delle quote di imprese. Un mafioso su quattro, insomma, era un imprenditore.

I ricavi illegali delle mafie valgono l'1,7% del Pil italiano

Le mafie e la criminalità in genere sono ancora un cancro da non sottovalutare. Per dare una idea di quale spa si stia parlando possono essere utili le stime di Transcrime, centro di ricerca dell'Università Cattolica di Milano. Dagli ultimi dati disponibili, rapporto Pon, gli investimenti delle mafie (2013), i ricavi delle attività illegali variano da un minimo di 17,7 miliardi a un massimo di 33,7. Equivalgono in media all'1,7% del Pil. Di questi entrano nelle casse delle mafie tra gli 8,3 e i 13 miliardi di euro (il 32% e il 51% dei ricavi illegali totali). In media, le estorsioni rappresentano il 45% di questo importo, le droghe il 23%, l'usura il 10%, la contraffazione e lo sfruttamento sessuale l'8% ciascuna. Camorra e 'ndrangheta - e Salvini eletto in Calabria sicuramente ne è consapevole - raccolgono circa il 70% del bottino delle organizzazioni criminali italiane: ogni anno le due organizzazioni incassano circa 7,2 miliardi di euro. Denari su cui evidentemente non si pagano tasse e frutto di attività che danneggiano l'economia, oltre a cancellare la vita di centinaia e migliaia di persone: dalle vittime di racket agli schiavi dei caporali nei campi.

GLI INVESTIMENTI. Come recita sempre il rapporto, questi proventi vengono poi reinvestiti. A Sud (con eccezione della Puglia) soprattutto in immobili, mentre a Nord si preferiscono le imprese. Nel 46,6% dei casi si tratta di srl, più facili da costituire, seguite poi dalle imprese individuali. ll commercio è il settore preferito (29,4%), seguono le costruzioni (28,8%) e più distanziati alberghi e i ristoranti (10,5%) e le attività immobiliari (8,9%).
Se si volesse poi «alzare garbatamente la voce» in Europa, oltre alla questione migranti Salvini potrebbe dare un'occhiata ai traffici delle organizzazioni criminali italiane e non solo nel Vecchio continente. Dove è innegabile l'invasione delle "nostre" mafie (come si nota dalle cartine sopra e sotto).

IN EUROPA 110 MLD DI FATTURATO. Il rapporto finale del progetto Ocp (2015) sempre di Transcrime quantifica in 110 miliardi l'anno il business europeo pari all'1% del Pil comunitario. Dopo il traffico di droga, le attività più redditizie sono le frodi e la contraffazione.

Le ruspe di Salvini arriveranno anche per il lavoro nero?

Sempre nella "sua" Calabria, Salvini con il collega Luigi Di Maio (che con il suo partito ha fatto l'en plein proprio nel Mezzogiorno) potrebbe battagliare per chiudere non i porti, ma il lavoro nero. Questa regione detiene infatti il triste record per incidenza di lavoro irregolare: il 9,9%, seguita da Campania (8,8%) e Sicilia (8,1%). La piaga del sommerso colpisce tutto il Paese: in questo limbo si trovano, secondo il rapporto Censis Confcooperative relativo al periodo 2012-2015, ben 3,3 milioni di lavoratori. Persone senza tutele, senza pensione e con salari spesso da fame. Il tutto per una evasione contributiva calcolata in 10,7 miliardi di euro (altro che mantenere i migranti in hotel). Per non parlare dell'evasione: dal primo gennaio 2017 al 31 maggio 2018 la Guardia di finanza ha scoperto 1000 grandi evasori che hanno sottratto al Fisco 2,3 miliardi di euro, più di 2 milioni a testa. La Fiamme Gialle hanno individuato quasi 13 mila evasori totali, contestando 23 mila reati fiscali.​

UN MERCATO DOPATO. Le aziende che non regolarizzano i propri lavoratori poi dopano il mercato: abbassando il costo del lavoro di oltre il 50% rappresentano una concorrenza sleale e illegale alle imprese che operano nella legalità. Ruspa anche per loro, ministro?

Migranti ed Europa




20 giugno 2018

Giornata mondiale del rifugiato, Ocse: «Flussi migratori in calo»

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha certificato che nel 2017 l'arrivo dei migranti è diminuito per la prima volta dal 2011. Giù anche le richieste di asilo.

«Per la prima volta dal 2011, i flussi migratori verso i Paesi dell'Ocse sono in leggera diminuzione, con l'ingresso di circa 5 milioni di migranti permanenti nel 2017 (contro 5,6 milioni ne 2016)». Nessun emergenza, dunque secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. «Questa tendenza», ha aggiunto l'organismo internazionale, «si spiega essenzialmente attraverso la riduzione dell'accoglienza dei rifugiati, legata a una forte riduzione delle richieste d'asilo, con circa 1,2 milioni di richieste d'asilo registrate nel 2017 contro 1,6 milioni nel 2016» (tendenza confermata anche dai numeri del Viminale)
IMPATTI LIMITATI SUL LAVORO. Nel rapporto annuale sulle migrazioni internazionali presentato a Parigi l'Ocse ha spiegato anche che «per l'insieme dei Paesi europei», l'impatto dovuto al recente arrivo dei rifugiati avrà «conseguenze limitate» sulla popolazione attiva, con un «aumento che non supererà lo 0,4% da oggi al dicembre 2020». Tuttavia, in alcuni Paesi e segmenti particolari tra i giovani meno qualificati di Germania e Austria, l'impatto potrebbe essere più forte, fino al 15%.

La sfida dopo la crisi: «Integrare chi è rimasto»

Nel suo documento l'Ocse pone l'accento anche sulla delicata questione di come gestire l'accoglienza. Mentre «si allontana il picco della crisi dei rifugiati, periodo durante il quale la principale sfida consisteva nel fornire aiuto d'urgenza ai richiedenti asilo e ai nuovi rifugiati, entriamo in una fase complessa di promozione dell'integrazione di chi resta». A questo punto, ha scritto l'organismo, i leader politici devono far fronte «a due sfide principali: la prima è gestire lo stesso processo d'integrazione senza turbare il mercato del lavoro. Il secondo è rispondere alle preoccupazioni riguardanti l'uso abusivo dei canali di migrazione nonché la percezione che un numero crescente di lavoratori stranieri soggiorna o lavora illegalmente nei Paesi di accoglienza».
SISTEMI D'ASILO MESSI A DURA PROVA. «L'ondata di rifugiati nel biennio 2015-2016, concentrata in qualche Paese europeo, ha messo a dura prova i sistemi d'asilo, di migrazione e d'integrazione», si legge nel report. «Nonostante i considerevoli sforzi messi in campo da alcuni Paesi Ue la crisi dei rifugiati ha rivelato un certo numero di debolezze nella capacità dei Paesi di accoglienza di far fronte a un flusso tanto importante e imprevisto di persone con bisogno di protezione. Anticipare questi flussi, coordinare la risposta tra i vari livelli di governo e condividerne le responsabilità era difficile. In un certo numero di casi i migranti vulnerabili di recente arrivo hanno ricevuto un sostegno tardivo»
OCSE: «CONSIDERARE INQUIETUDINI DEI CITTADINI». Nonostante questo l'onda del 2015 ha portato a dei cambiamenti: «A livello regionale, anche se molto resta ancora da fare, gli sforzi dispiegati, in particolare dalla Commissione europea, per coordinare efficacemente e intensificare la risposta alla crisi dei rifugiati vanno salutati positivamente». Infine l'appello dell'Ocse a tenere conto delle preoccupazioni dei cittadini: «Ignorare l'inquietudine del pubblico rispetto all'impatto economico e sociale della migrazione, benché questo impatto sia statisticamente marginale, oppure i timori rispetto all'assenza di controllo sulla gestione migratoria, benché ampiamente sopravvalutato, potrebbe impedirci di realizzare l'azione di cooperazione in uno spirito pragmatico e costruttivo».

Il nodo dei ricollocamenti: solo 34 mila da settembre 2015

Nel suo rapporto l'Ocse parla anche della difficile questione dei ricollocamenti. La politica Ue di ripartizione dei rifugiati avviata nel 2015 per alleggerire il peso sull'Italia e la Grecia ha «dovuto scontrarsi con problemi di attuazione il primo anno (con solo 5.700 rilocalizzazioni), registrando uno sviluppo considerevole nel secondo anno. Tuttavia nell'Ue le «politiche di ricollocamento e ripartizione dei rifugiati restano un motivo di dibattito».
TRE PROCEDURE DI INFRAZIONE NEL 2015. Nel settembre 2015, in piena crisi, venne deciso di ricollocare fino a 40 mila e 120 mila richiedenti asilo per alleggerire il lavoro di Roma e Atene. Tra quella data e il marzo 2018, ha precisato l'Ocse, «circa 34 mila persone sono state ricollocate (12 mila dall'Italia e 21.800 dalla Grecia) nel quadro di questo programma». L'organismo internazionale ricorda inoltre che alcuni Stati membri si sono «opposti alla rilocalizzazione» e la «Commissione Ue ha adottato tre procedure d'infrazione» contro Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia che avevano «rifiutato di partecipare al programma o interrotto la loro partecipazione».

Il caso italiano: sbarchi in diminuzione del 34%

Nel suo documento l'Organizzazione ha anche dedicato un passaggio all'Italia, disinnescando la narrativa che parla di invasione. «Nel 2017, 119 mila migranti sono arrivati in Italia per via marittima, il 34% in meno rispetto al 2016 e il 22% in meno rispetto al 2015». «Questo calo», ha scritto l'Ocse, «segue gli accordi Italia-Libia firmati a inizio 2017 che limitano i flussi migratori di provenienza dall'Africa. I principali Paesi di origine restano la Nigeria, la Guinea e la Costa d'Avorio».
NEL 2017 ARRIVATI 11 MILA MINORI. Nel 2017 un gran numero di migranti sbarcati sulle coste italiane erano minori non accompagnati (circa 16 mila), principalmente africani, nonostante una riduzione del 39% rispetto al 2016. Per l'Ocse inoltre nel 2017 l'Italia «ha accolto oltre 130 mila richiedenti asilo (10 mila in più rispetto al 2016). Erano principalmente di nazionalità nigeriana (18%), cingalese (10%) e pakistana (7.5%). Il numero di minori soli raggiungeva praticamente i 18.300 alla fine dell'anno».
DIMEZZATI I PERMESSI DI SOGGIORNO. Inoltre, prosegue l'organismo per lo sviluppo e la cooperazione economica, tra il 2016 e il 2017, circa 226 mila primi permessi di soggiorno sono stati rilasciati dall'Italia, praticamente la metà rispetto al 2007 (515 mila). Come nel corso degli anni precedenti solo il 4% dei nuovi permessi sono stati rilasciati a titolo professionale, contro il 46% per motivi familiari. All'inizio del 2017, un terzo del totale dei permessi di soggiorno rilasciati in Italia era per motivi d'asilo o umanitari, contro il 28% nel 2015-2016. Le comunità di immigrati presenti da lungo tempo in Italia (come gli albanesi, i marocchini, i tunisini) tendono a ottenere permessi per motivi familiari, mentre alcuni stranieri di nazionalità di immigrazione più recente (cinesi, cingalesi, peruviani) sono in maggioranza titolari di un permesso di soggiorno per motivi professionali.
AUMENTANO GLI ITALIANI ESPATRIATI. Ma nel suo rapporto l'Ocse parla anche degli italiani che hanno laciato il nostro Paese: «Un numero crescente di italiani», scrive infatti l'organizzazione, «ha lasciato il proprio Paese. Il numero di cittadini italiani che ha dichiarato di aver trasferito la residenza all'estero è aumentata di oltre l'11%, passando da 102 mila nel 2015 a 114 mila nel 2016». Inoltre, per l'organismo internazionale, «l'emigrazione dichiarata è probabilmente molto inferiore all'emigrazione reale: l'emigrazione di italiani nel 2016 sarebbe piuttosto compresa tra 125 mila e 300 mila persone».

martedì 19 giugno 2018

Ad Est Ad Est - Augusto Daolio

Ad Est Ad Est - omaggio Augusto Daolio

Giovanni Tria riporta tutti sulla Terra. Ovvero fine delle bufale elettorali. Magari si poteva lasciare quelli di prima era lo stesso...

Giovanni Tria riporta tutti sulla Terra. "Il Pil stenta e il debito pubblico deve scendere"

Nelle misure di spesa prioritario valutare prima l'impatto sui conti. Risoluzione maggioranza al Def chiede "più flessibilità, rivedere saldi, stop Iva e accise"

Nell'Italia gialloverde emergono due posizioni difficilmente conciliabili: c'è una maggioranza cicala e un ministro dell'Economia formica.
Le linee guida della risoluzione di maggioranza sul Def impegnano il Governo a un programma economico monstre che prevede una forzatura rispetto ai vincoli europei, con maglie più larghe sui saldi di bilancio, a cominciare dai parametri su deficit e debito pubblico: si chiede quindi all'esecutivo di ottenere più flessibilità dall'Europa, di rivedere i saldi 2019-2021, di evitare l'aumento dell'Iva e delle accise, di aumentare gli investimenti pubblici, di ridurre della pressione fiscale, di sostenere i redditi più bassi. Quello che però segnala alla Camera Giovanni Tria, nel dirsi d'accordo sulle principali linee d'azione, riporta tutti sulla Terra: la crescita italiana non sta ripartendo, anzi flette rispetto alle previsioni, il livello del deficit può essere rinegoziato solo in sintonia con l'Europa, ma soprattutto non si può assolutamente aumentare il debito pubblico, pena una compromissione della fiducia nell'Italia e quindi della stabilità finanziaria e dei risparmi degli italiani.
Il messaggio è semplice: se si facesse tutto quello che si è promesso in campagna elettorale, senza un rigoroso occhio all'equilibrio di finanza pubblica, lo spread prenderebbe il largo. Dalle parole di Tria si evince che sui temi più battuti in campagna elettorale da M5S e Lega - come reddito di cittadinanza, flat tax e riforma della legge Fornero - in primo luogo se ne parlerà in autunno, in sede di presentazione del Pnr (Piano nazionale di riforme) e in secondo luogo si valuterà la fattibilità nell'ambito della compatibilità di bilancio, affinchè il debito/Pil avvii la discesa. Questa flessione - definita una "condizione essenziale" da Tria - difficilmente verrebbe però raggiunta adottando riforme ad alto impatto di spesa come quelle promesse in campagna elettorale.
Sarà possibile conciliare crescita e occupazione con la sostenibilità del debitoGiovanni Tria
L'INTERVENTO DI TRIA ALLA CAMERA.
Le stime di crescita del 2018 sono tutte da raggiungere e sul debito non si scherza: deve scendere. I primi appuntamenti saranno dopo l'estate: sarà "predisposto il quadro programmatico e trasmesso al Parlamento a settembre, e poi a ottobre alle istituzioni europee". Questi i primi messaggi di Tria al Parlamento:
IL PIL STENTA. Il quadro macroeconomico contenuto nel Def si basa su "informazioni che sembrano ormai obsolete", afferma il ministro, evidenziando soprattutto il gravame delle "spinte protezionistiche" sulla crescita internazionale. In Italia la crescita del Pil "è proseguita nel primo trimestre a un ritmo inferiore" alle attese e nel secondo trimestre "è in linea con i primi tre mesi", per cui "il raggiungimento della crescita media proiettata nel Def nel 2018 richiede un'accelerazione del ciclo nella seconda metà dell'anno". Bisogna riprendere la marcia, dice in altre parole Tria: "i tassi di crescita sono ancora alla nostra portata, ma richiedono un'adeguata strategia di politica economica". Una novità sarà la presentazione di "scenari programmatici relativi a un primo gruppo di indicatori di benessere equo e sostenibile. L'Italia è il primo paese che si darà obiettivi di equità, istruzione, salute, inclusione nel mercato del lavoro, ambiente, sicurezza ed efficacia della giustizia civile". Secondo Tria si tratta di una "innovazione ambiziosa" perchè "cerca di stimolare una politica economica e sociale non incentrata esclusivamente sul Pil".
TASK FORCE SUGLI INVESTIMENTI PUBBLICI. Per Tria "gli investimenti pubblici dovranno essere la chiave per ottenere quel di più di crescita" che serve per mettere in atto il Contratto di Governo "con un quadro di finanza pubblica coerente con l'impegno di riduzione del debito/Pil". Intenzione del governo è "invertire il calo degli investimenti pubblici in atto dall'inizio della crisi" nella consapevolezza che "i maggiori ostacoli non vengono dalla carenza di risorse", ma dalla perdita di competenze a livello locale e dagli "effetti non voluti" del Codice degli appalti. Tria ha quindi annunciato che proprio a questo scopo "verrà costituita una task force all'interno del Governo".
Nell'interesse del paese è intenzione del governo agire in modo di prevenire ogni aggravio per la finanza pubblicaGiovanni Tria
SUL DEFICIT SI DISCUTE IN SINTONIA CON L'UE. Lo scenario tendenziale del rapporto deficit-Pil "sarà oggetto di seria riflessione in sede di predisposizione del quadro programmatico", ma in stretta collaborazione con l'Unione europea. Tria segnala che "nel rispetto degli impegni europei e della normativa italiana si individuerà il percorso più adatto", avendo d'occhio l'andamento del debito.
IL DEBITO DEVE CALARE. Sul fronte del debito/Pil, nelle previsioni del Def "inizierebbe un chiaro percorso discendente. È un'evoluzione che è bene non mettere a repentaglio, è una condizione necessaria per mantenere e rafforzare la fiducia dei mercati finanziari, imprescindibile per la tutela della finanza pubblica, per la stabilità della crescita e per i risparmi degli italiani". Per Tria le buone azioni sul debito sono "condizione di forza per rivendicare per l'Italia e per l'Europa tutta come una svolta la decisione di considerare le spese per investimenti diversamente dalla spesa corrente, una scelta per cui i tempi sono ormai maturi".
IN EUROPA RIFORMA PRO-CRESCITA. L'azione del governo italiano deve muoversi in Europa in direzione di una "profonda riforma delle istituzioni economiche che governano l'Eurozona", dice ancora Tria, perchè ci sono "gravi inadeguatezze che caratterizzano l'attuale equilibrio europeo. Le regole di bilancio consentono persistenti squilibri di partite correnti e non favoriscono la spesa per investimenti pubblici". È necessario che l'architettura dell'Unione europea sia "indirizzata alla crescita".
Appartengo alla generazione dei baby boomer. Il debito che opprime i Millennials, risale ai comportamenti della mia generazione.Giovanni Tria
NO ALL'ASSISTENZIALISMO. Un ruolo centrale avrà il reddito di cittadinanza, "volto a contrastare le sacche di povertà presenti in Italia tramite interventi non assistenziali, bensì tramite l'integrazione nel mercato del lavoro". Per Tria "assicurare un reddito dignitoso a chi è temporaneamente in stato di disoccupazione o che per vari motivi ha difficoltà a entrare o rientrare proficuamente in un impiego è condizione essenziale per consentire in un quadro di stabilità sociale i necessari processi di innovazione tecnologica e ristrutturazione produttiva dettati dalle sfide del processo scientifico e della salvaguardia ambientale".
A dieci anni dall'inizio siamo ancora lontani dai dati pre-crisi a differenza della quasi totalità dei paesi dell'area euroGiovanni Tria
LA RISOLUZIONE DI MAGGIORANZA SUL DEF.
La maggioranza parlamentare Lega-M5S impegna il governo "a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio del triennio 2019-2021" ha detto in Aula alla Camera è il relatore M5S al Def, Federico D'Incà, illustrando i contenuti della risoluzione di maggioranza. "Sarà d'obbligo - ha aggiunto - impostare in Europa un dialogo nuovo nelle sedi opportune così da ottenere regole di bilancio più flessibili e spazi maggiori per le spese produttive". La maggioranza impegna poi il governo "ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti l'aumento dell'aliquota Iva e delle accise su benzina e gasolio" e "a individuare misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio".
L'esecutivo dovrà "realizzare nel tempo un cambio radicale del paradigma economico", ha proseguito D'Incà, indicando come "prioritario il superamento della logica del fiscal compact, la cui integrazione all'interno dei trattati europei è da scongiurarsi assolutamente". D'Incà ha quindi elencato i temi che dovranno essere affrontati nella prossima legge di bilancio, dalla lotta alla povertà allo stimolo alle politiche attive, dal superamento della legge Fornero alla scuola. Tra le misure da adottare il relatore ha indicato "un mix virtuoso di maggiori investimenti pubblici, riduzione della pressione fiscale e il sostegno ai redditi più bassi". Va semplificato, in particolare, il rapporto tra l'Agenzia delle entrate e il contribuente e vanno abolite "misure penalizzanti per i contribuenti onesti". Restano inoltre "senz'altro necessari" provvedimenti per il reddito di cittadinanza, così come occorre "ampliare la portata" degli indicatori Bes. La maggioranza, ha detto ancora, impegna l'esecutivo ad apprestare al "Consiglio europeo e alla Commissione europea il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforme formulato in armonia con l'indirizzo politico economico emerso dal programma di Governo presentato in Parlamento per la fiducia".

Migranti testimonial per Benetton

Migranti testimonial per Benetton: è polemica Matteo Salvini-Oliviero Toscani

"Solo io trovo che sia squallido?", così il ministro dell'Interno ha commentato gli scatti del fotografo

"Solo io trovo che sia squallido?", con questo tweet il ministro dell'interno Matteo Salvini commenta la campagna pubblicitaria Benetton che ritrae in una foto migranti a bordo di un barcone.
L'idea della campagna pubblicitaria è stata partorita dal fotografo Oliviero Toscani. Gli scatti ritraggono due momenti dei viaggi affrontati dai migranti: nel primo scatto, vediamo un gommone carico di persone con indosso il giubbotto di salvataggio, in attesa di soccorso; nel secondo scatto, i migranti sono sbarcati e vediamo donne e bambini in fila, guidati da una volontaria della Croce Rossa.

Facebook/UNITED COLORS OF BENETTON - Photo by Kenny Karpov/SOS MEDITERRANEE

Facebook/UNITED COLORS OF BENETTON - Photo by Orietta Scardino / ANSA
Le foto hanno dunque suscitato la critica del ministro dell'Interno, a cui Toscani ha voluto prontamente replicare: "Ho fatto vedere ciò che sta succedendo. Il problema è che una volta eravamo un Paese di brave persone, eravamo un Paese dell'onestà e della generosità. Noi italiani eravamo conosciuti per questo. Purtroppo questo piccolo benessere, che non è stato neanche a disposizione di tutti, ci ha fatto diventare egoisti e devo dire anche abbastanza ottusi". Queste le parole pronunciate dal fotografo intervenuto in diretta su Radio Padova.
Toscani ha aggiunto: "Salvini secondo voi è da prendere sul serio? Ormai ha preso il posto di Crozza. Crozza ormai non ha più lavoro, poveretto, bisognerà fare qualcosa perchè c'è Salvini che gli sta portando via lo spazio". "Per cosa Salvini potrebbe essere un buon testimonial? Per la carta igienica", ha infine ironizzato l'artista.

La fine del pensiero

La fine del pensiero

Non mi rassegno e penso che pensare di mio sia il fondamento della libertà. Non dico che non sia necessario il confronto delle idee, l'ascolto della differenza, il dialogo, la curiosità dell'altro sono principio primo di ogni conoscenza, ma poi bisogna pensare di proprio, decidere autonomamente, di testa propria, senza delega, senza fuga dalla propria individuale responsabilità ed è proprio la libertà del pensiero del singolo che rende possibile una società libera.
Omologati al giudizio o al pregiudizio di massa finiamo con il cercare chi meglio rappresenti il nostro non pensare cedendo al rumore di parole di fumo, ai migliori interpreti di volgarità urlate, la difesa dei nostri diritti o presunti tali.
Cerchiamo leader da incoronare e non idee da perseguire mentre così i politici gongolano nel vuoto delle idee e nella frustrazione del pensiero mancante approfittando della visione assente di futuro per vendere illusioni e spesso inganni che alla fine sotterreranno la democrazia a vantaggio dei soliti noti.
Nella Chiesa è fatto collaudato da sempre, il capo gerarchicamente posto, ragiona per tutti e tutti sono "fedeli" e "credenti" solo se non contraddicono il capo pronti ovviamente tutti a cambiare "idea" una volta sepolto: sic transit gloria mundi.
La morte delle idee genera mostri e mostruosa si trasforma la quotidianità recuperando reperti del passato che sembravano consegnati ad una memoria malata riabilitandoli come necessari alla sopravvivenza, alla difesa della Patria in pericolo, della dignità di razza, di religione, di famiglia.
L'ideologia del ritorno al "decoro", i muri di Trump e di Salvini, nient'altro restano che un ritorno al già dato, conosciuto crimine che offende l'intelligenza e che comunque affascina la massa inebetita dalle paure inventate.
Sono le conseguenze di ciò che tanti avevamo previsto ma che un altro scrisse un secolo fa nella sua lucidità intellettuale:
"Il fascismo si è presentato come l'anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano". (Antonio Gramsci)
Il fascismo-pensiero altra cosa dall'ideologia che seppur malata era progetto, era visione, è la morte del pensiero che permette ai nulla di sguazzare e di raccontare "cieli nuovi e terre nuove" sapendo che non sono altrove ma dentro il cuore di ciascuno, di chi davvero vuole una nuova esistenza fatta di giustizia, di pace, di solidarietà, di scambio uguale di risorse e mezzi, che non si trova se non a caro prezzo, che l'unico modo semmai di raggiungerli è viaggiando alla velocità del vero, al ritmo della verità unica via per dirsi liberi, arte sconosciuta ai venditori di fumo.
La morte del pensiero porta le nazioni e i popoli a sentirsi perennemente aggrediti, dal doversi difendere di volta in volta dal nuovo nemico inventato ad arte per meglio controllare le pulsioni di autonomia del cittadino, torri gemelle per aprire conflitti, guerre sante e di religione, economie di protezione ed egoistiche ricette economiche di conservazione, porte sante da aprire e chiudere ogni volta che il genio ecclesiastico punta al clamore della folla più che al Vangelo da passare.
Ma è responsabile anche della quotidiana violenza figlia del "me ne frego" di ogni giorno che spinge gruppi, persone, a fronteggiarsi, a guerreggiare in una perenne contrapposizione fatta di bande, di branchi, di "condomini", di tifoserie, di cordate, di partiti, di clan che mai rispettosi della ragione degli altri, cercano con la violenza di imporre le proprie decisioni.
Cosa resterà di questi anni del pensiero tradito, i primi decenni del duemila, un secolo, un millennio che ci si augurava capace di consolidare la forza delle idee di libertà, di democrazia, di unione tra popoli? Cosa resterà del martirio di tanti che per questi valori hanno combattuto, sacrificato la vita?
Raccontare il presente di nuova schiavitù diffusa resta doloroso, di quanta ignoranza si erga a signoria di ragione, di quanta mediocrità abbia accesso al governo degli avvenimenti è avvilente, ma alla morte del pensiero si risponde con la tenacia dei pensanti, di chi ancora crede possibile la libertà. Le barricate dei visionari di bellezza saranno l'unica difesa al non senso.