martedì 29 aprile 2014

GLI ATEI DI GESU' Di Alberto Maggi

GLI ATEI DI GESU'
Di Alberto Maggi

Per Gesù ateo è colui che non ama non colui che non crede. Prendiamo per esempio il samaritano del vangelo (Lc 10,30-37). E' considerato un miscredente da parte dei religiosi, ma viene indicato come modello di credente da parte di Gesù. Il samaritano non credeva ai dogmi del giudaismo, ma credeva nell'amore!

lunedì 28 aprile 2014

Gramsci, 77 anni dopo.

#Gramsci, 77 anni dopo

#Gramsci, 77 anni dopo

Oggi, 77 anni fa, moriva Antonio Gramsci, scientificamente ucciso dal regime fascista. Abbiamo scelto i seguenti passi per ricordarlo.
(da Passato e Presente, I Costruttori di Soffitte)
Una generazione può essere giudicata dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto.  Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza. È il solito rapporto tra il grande uomo e il cameriere.
Fare il deserto per emergere e distinguersi.
Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre; semplicemente vegetare è già superamento di ciò che è dipinto come morto.
Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro… ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più
Una soffitta su un pianterreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali, ma non siete capaci che di costruire soffitte.”
Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. 
Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. 
Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. 
Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. 
E quest’ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. 
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo?
Lettera alla madre, 10 maggio 1928
Carissima mamma, vorrei per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo, qualunque condanna stiano per darmi. 
Che tu comprendessi bene anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e avrò mai da vergognarmi di questa situazione. Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perchè non ho mai voluto mutare le mie opinioni per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione.
Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché tu sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita é così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. Ti abbraccio teneramente».

domenica 27 aprile 2014

Micromega/Altra Chiesa


A fronte delle tante e diverse posizioni espresse dalle persone con le quali di solito mi relaziono, voglio offrire questo piccolo contributo sulla mia idea personale, fatta all'inizio, riguardo la beatificazione dei due Papi. Penso sia fuori discussione che se per Giovanni XXIII la beatificazione era una cosa quasi scontata, per il suo comportamento in vita, per il Papa polacco forse si sarebbe potuto aspettare tempi migliori. Questo articolo di Micromega, scritto oltretutto da un prete, ne è, almeno per me, la conferma.



Roncalli e Wojtyła santi:
un enorme ossimoro








Lo storico incontro tra il Papa polacco e il più grande assassino della storia recente dopo Hitler e Stalin, inutile dire che è lecito porsi qualche domanda.




di don Paolo Farinella


«Santo subito», gridava lo striscione a caratteri cubitali al quadrato che emergeva sulle teste della folla, il giorno del funerale di papa Giovanni Paolo II, il 5 aprile del 2005. «È morto un santo» disse la folla di credenti, non credenti e agnostici che gremivano piazza san Pietro il 3 giugno del 1963 alla morte di papa Giovanni XXIII. La differenza tra i due sta tutta qua: il polacco deve essere dichiarato «santo», il bergamasco lo è sempre stato senza bisogno di dimostrarlo.

Chi ha avuto l’idea di abbinare nello stesso giorno i due papi per la proclamazione della santità ufficiale, è stato un genio del maligno. Mettere insieme il papa del concilio Vaticano II e quello che scientemente e scientificamente l’ha abolito, svuotandolo di ogni residuo di vita, è il massimo del sadismo religioso, una nuova forma di tortura teologica. La curia romana della Chiesa cattolica, che Francesco non ha ancora scalfito, se non in minima parte, è riuscita ancora nel suo intento, imponendo al nuovo papa un calendario e una manifestazione politica che è più importante di qualsiasi altro gesto o dichiarazione ufficiale. La vendetta curiale è servita sempre fredda.

Il Vaticano sotto il papa polacco si trasformò in «santificio» fuori di ogni controllo e contro ogni decenza: più di mille santi e beati sono stati dichiarati da Giovanni Paolo II, superando da solo la somma di tutti i papi del II millennio. Un’orgia di santi e beati che annoverano figure dubbie o equivoche come Escrivá de Balaguer, padre Pio, Madre Teresa, per limitarci solo a tre nomi conosciuti e che ne escludono altre come il vescovo Óscar Arnulfo Romero, lasciato solo e isolato, offerto allo squadrone della morte del governo del Salvador che lo ammazzò senza problema.

Papa Giovanni XXIII non ha avuto fortuna da morto. Il 3 settembre dell’anno giubilare 2000 è stato dichiarato beato insieme a Pio IX, il papa del concilio Vaticano I, il papa che impose al concilio la dichiarazione sull’infallibilità pontificia, il papa del caso Mortara, il papa del «Sillabo», il papa che in quanto sovrano temporale faceva ammazzare i detenuti politici perché combattevano contro il «papa re». Il mite Roncalli, storico di professione, fu – perché lo era nel profondo – pastore e prete, il papa del Vaticano II che disse il contrario di quanto Pio IX aveva dichiarato e condannato in materia di coscienza, di libertà e di dignità: il primo s’identificava con la Chiesa, il secondo stimolava la Chiesa tutta a cercare Dio nella storia e nella vita. Accomunarli insieme aveva un solo significato: esaltare il potere temporale di Pio IX e ridimensionare il servizio pastorale di Giovanni XXIII. Un sistema di contrappeso: se avessero fatto beato solo Pio IX, probabilmente piazza san Pietro sarebbe stata vuota; papa Giovanni, al contrario, con il suo appeal ancora vivo e vegeto, la riempiva per tutti e due.

A distanza di quattordici anni, per la dichiarazione di santità, papa Giovanni si trova accomunato di nuovo con un altro papa agli antipodi dei suoi metodi e del suo pensiero, con Giovanni Paolo II, re di Polonia, Imperatore della Chiesa cattolica, idolo dei reazionari dichiarati e di quelli travestiti da innovatori. Wojtyła fu «Giano bifronte» nel bene e nel male. Nel bene, fu un papa con un carisma umano eccezionale perché aveva un rapporto con le persone che oserei definire «carnale»; non era finto e quando abbracciava, abbracciava in maniera vera, fisica. Diede della persona del papa un’immagine umana, carica di sentimenti e così facendo demitizzò il papato, accostandolo al mondo e alle persone reali. Fu un uomo vero e questo nessuno può negarglielo.

Come papa e quindi come guida della teologia ufficiale, come modello di pensiero e di prassi teologica fu un disastro, forse il papa peggiore dell’intero secondo millennio. Mise la Chiesa nelle mani delle nuove sètte che s’impadronirono di essa e la trasformarono in un campo di battaglie per bande. Gli scandali, scoppiati nel pontificato di Benedetto XVI, il papa insussistente, ebbero tutti origine nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II, che ebbe la colpa di non rendersi conto che le persone di cui si era circondato, lo usavano per fini ignobili, corruzione compresa. Durante il suo pontificato, uccise i teologi della liberazione in America Latina, decapitò le Comunità di Base che vedeva come fumo negli occhi, estromise santi, ma in compenso nominò vescovi omologati e cardinali dal pensiero presocratico, più dediti a tramare che a pregare. 

Il suo pontificato fu un ritorno di corsa verso il passato, ma lasciando le apparenze della modernità per confondere le acque, eclissò e tolse dall’agenda della Chiesa il Concilio Vaticano II e la sua attuazione, vanificando così i timidi sforzi di Paolo VI, il papa Amleto che non sapeva – o non volle? – nuotare, preferendo restare in mezzo al guado, né carne né pesce e lasciando al suo successore, il papa polacco – papa Luciani fu una meteora senza traccia visibile – la possibilità del colpo di grazia, ritardando il cammino della Chiesa che volle somigliante a sé e non a Cristo.

Il cardinale Carlo Maria Martini, interrogato al processo di santificazione, disse con il suo tatto e il suo stile, che sarebbe stato meglio non procedere alla santificazione di Giovanni Paolo II, lasciando alla storia la valutazione del suo operato che, con qualche luce, è pieno di ombre. Il cardinale disse che non fu oculato nella scelta di molti suoi collaboratori, ai quali, di fatto, delegò la gestione della Chiesa e questi ne approfittarono per fare i propri e spesso sporchi interessi. Per sé il papa scelse la «geopolitica»: fu padre e promotore di Solidarność, il sindacato polacco che scardinò il sistema sovietico e che Giovanni Paolo finanziò sottobanco, facendo alleanze, moralmente illecite: Comunione e Liberazione, l’Opus Dei e i Legionari di Cristo (e tanti altri) furono tra i principali finanziatori e sostenitori della politica papale, in cambio ebbero riconoscimento, santi propri e anche condoni morali come il fondatore dei Legionari, padre Marcial Maciel Degollado, stupratore, drogato, donnaiolo, puttaniere, sulle cui malefatte il papa non solo passò sopra, ma arrivò persino a proporre questo ignobile figuro di depravazione «modello per i giovani».

In compenso ricevette una sola volta mons. Romero, dopo una lotta titanica di questi per parlare con lui ed esporgli le prove delle violenze e degli assassinii che il governo salvadoregno ordinava tra il popolo e i suoi preti. Il papa non lo ascoltò nemmeno, ma davanti alla foto dello sfigurato prete padre Rutilio, segretario di mons. Romero, assassinato senza pietà e con violenza inaudita, il papa invitò il vescovo a ridimensionarsi e ad andare d’accordo con il governo. Il vescovo, racconta lui stesso, capì che al papa nulla interessava della verità, ma solo gl’importava di non disturbare il governo. Raccolse le sue foto e le sue prove e tornò piangendo in patria, dove fu assassinato mentre celebrava la Messa. No, non può essere santo chi ha fatto questo.

Papa Wojtyła ha esaltato lo spirito militare e militarista, vanificando l’enciclica «Pacem in Terris» di papa Roncalli. Con la costituzione pastorale «Spirituali Militum Curae» del 21 aprile 1986 fonda le diocesi militari e i seminari militari e la teologia militare e la formazione di preti militari che devono «provvedere con lodevole sollecitudine e in modo proporzionato alle varie esigenze, alla cura spirituale dei militari» che «costituiscono un determinato ceto sociale “per le peculiari condizioni della loro vita”». In altre parole la Chiesa assiste «spiritualmente» chi va in nome della pace ad ammazzare gli altri, con professionalità e «in peculiari condizioni». Passi che fuori dell’accampamento ci sia un prete con indosso la stola viola, pronto a confessare e a convertire alla obiezione di coscienza, ma che addirittura i preti e i vescovi debbano essere «soldati tra i soldati», con le stellette sugli abiti liturgici, funzionari del ministero della guerra, è troppo e ne avanza per fare pensare che la dichiarazione di santità si può rimandare a tempi migliori.

Il pontificato di Giovanni Paolo II ha bloccato la Chiesa, l’ha degenerata, l’ha fatta sprofondare in un abisso di desolazione e di guerre fratricide, esasperando il culto della personalità del papa che divenne con lui, idolo pagano e necessario alle folle assetate di religione, ma digiune di fede. La gerarchia e la curia alimentarono codesto culto che più si esaltava più permetteva alle bande vaticane di sbranarsi in vista della divisioni delle vesti di Cristo come bottino di potere, condiviso con corrotti e corruttori, miscredenti e amorali. La storia del ventennio berlusconista ne è prova sufficientemente laida per fare rabbrividire i vivi e i morti di oggi, di ieri e di domani.

Avremmo preferito che papa Francesco avesse avuto il coraggio di sospendere questa sceneggiata, ma se non l’ha fatto, è segno che si rende conto che la lotta dentro le mura leonine è solo all’inizio e lui, da vecchio gesuita, è determinato, ma è anche cauto e prudente. Il 27 aprile, dopo avere chiesto scusa a papa Giovanni, io celebrerò l’Eucaristia, chiedendo a Dio che ci liberi dai vitelli d’oro e di metallo, anche se portano il nome di un papa. Quel giorno pregherò per tutte le vittime, colpite da Giovanni Paolo II direttamente o per mano del suo esecutore, il card. Joseph Ratzinger, che, da suo successore, perfezionò e completò l’opera come papa Benedetto XVI. 

(27 aprile 2014)

Basta con i vestiti sporchi di sangue - GOSSIP

Basta con i vestiti sporchi di sangue - GOSSIP

10 cibi da non dare al proprio gatto: latte, uova e uva passa sono dannosi per il tuo amico a quattro zampe (FOTO)

10 cibi da non dare al proprio gatto: latte, uova e uva passa sono dannosi per il tuo amico a quattro zampe (FOTO)

sabato 26 aprile 2014

Marconi anniversarioi

.

Ho riso poesia di Elisa Irene Anastasi

"Ho riso.
Non troppo forte.
Avrei voluto fare come le bambole
bellezze che splendono senza ritegno.
Non hanno pudore
né preoccupazioni.
Possono bere caffè e non limitarsi
sporcarsi senza badarci
mantenere il trucco fra le lacrime asciutte
non ferirsi mai per l’assenza di cadute
non sanguinare nemmeno.
Donne finte che fumano per gioco
ridono
in mezzo ai loro capelli sempre in ordine
gli abiti inamidati
il sorriso di seta.
Non alzano mai la voce
cantano piuttosto
intonando voci bianche ed educate.
Non si spazientiscono
e il freddo non spaventa i loro corpi.
Corpi che non temono il tempo
né i segni dell’Esistere
né i ragni
o le situazioni.
Nessun pelo sulla loro marmorea pelle
la barba non le graffia.
Si muovono lentamente
senza far male.
Il rumore non gli appartiene.
Non muoiono
neppure vivono.
Però ridono,
ridono senza ritegno"

Elisa Irene Anastasi

Libri novità 2014, da «Bombardate Roma!» a «La magia di un buongiorno» - CULTURA

Libri novità 2014, da «Bombardate Roma!» a «La magia di un buongiorno» - CULTURA

Canzone breve poesia

Canzone breve – Eugénio de Andrade

Tutto mi prende la terra che mi possiede:
Il fiume d’improvviso adolescente,
La luce incespicando negli angoli,
Le sabbie ove arsi impaziente.

Tutto mi prende del medesimo triste amore
Nel sapere che la vita dura poco,
E in essa pongo la speranza e il calore
Di quanta tenerezza rimane tra le dita.

Dicono che vi sono altri cieli e altre lune
E altri occhi densi di allegria,
Ma io appartengo a queste case, a queste vie,
A questo amore grondante melanconia.

mani in tasca

" Perchè tieni sempre le mani in tasca?" chiese il compagno come lui seduto sui gradini del sottopassaggio.
"Trattengo quel che mi ha dato lei"
".... 1 euro? Trattieni un euro? Non mi pare un gran tesoro!"
" Trattengo il ricordo di una mano che mi ha sfiorato...per ricordarmi che anch'io sono un uomo (mariella bernio@)

25 Aprile

La nostra Costituzione è la più bella del mondo. I suoi valori e i suoi principi sono il frutto migliore della lotta antifascista.

Oggi, per l'anniversario della Liberazione, ho voluto essere in un luogo dove si è consumato uno degli episodi più orribili del 1944, a Marzabotto. Qui, settant'anni fa, 1.836 civili - neonati, bambini, giovani, donne, uomini non in armi - furono uccisi dai nazisti. A loro dobbiamo la nostra libertà.

Nel giorno in cui festeggiamo la vittoria della democrazia è bene ricordare che è grazie all'Europa unita che è stata garantita la pace e si è tenuto fede alla promessa fatta da italiani, francesi, tedeschi, inglesi e altri sulle macerie del conflitto: “mai più guerre tra noi”.

La democrazia conquistata a così caro prezzo, per essere matura, non può avere spettri segreti. Per questo bisogna sollevare il velo che copre tanti misteri d'Italia. Il 25 aprile di un anno fa, a Milano, avevo affermato: mai più segreti. E dal giorno dopo ho cominciato, insieme all'Ufficio di Presidenza della Camera, a dar corso a quell'impegno: dalla desecretazione delle dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone sulla "terra dei fuochi", ai misteri delle navi dei veleni e dell'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, fino al cosiddetto "armadio della vergogna", rinvenuto nella cancelleria della Procura militare di Roma nel 1994 e contenente atti delle stragi nazi-fasciste. Quei documenti sono stati trasferiti all'archivio storico della Camera e abbiamo chiesto alle autorità competenti di poterli rendere pubblici.

E' anche con la trasparenza che si contrasta l'antipolitica, che ci avvelena e vuol far credere che siamo tutti uguali, tutti della stessa pasta. Non è così. Ai giovani dico: rinnovate senza distruggere, appassionatevi alla politica. Non lasciatela nelle mani di chi vuole perseguire il proprio tornaconto. Fatene una cosa pulita, aperta, bella.

domenica 20 aprile 2014

venerdì 11 aprile 2014

Lungrin the piglet loves having his tummy rubbed - in fact, just about all pigs do.

They also wiggle their tails when they're happy, and love to run and play with their friends. Sound familiar?

www.MakeItPossible.com

vid via: WilliamDillOnPatrol/youtube

Splendida!!!
Elogio dell'ombra - Jorge Luis Borges

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri gli danno)
può essere per noi il tempo più felice.
È morto l’animale o quasi è morto.
Restano l’uomo e l’anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che ancora non son tenebra.
Buenos Aires,
che un tempo si lacerava in sobborghi
verso la pianura incessante,
è di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le confuse strade dell’Once
e le precarie case vecchie
che seguitiamo a chiamare il Sud.
Nella mia vita son sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e somiglia all’eterno.
Gli amici miei non hanno volto,
le donne son quello che furono in anni lontani,
i cantoni sono gli stessi e altri,
non hanno lettere i fogli dei libri.
Dovrebbe impaurirmi tutto questo
e invece è una dolcezza, un ritornare.
Delle generazioni di testi che ha la terra
non ne avrò letti che alcuni,
quelli che leggo ancora nel ricordo,
che rileggo e trasformo.
Dal Sud, dall’Est, dal Nord e dall’Ovest
convergono le vie che mi han condotto
al mio centro segreto.
Vie che furono già echi e passi,
donne, uomini, agonie e risorgere,
giorni con notti,
sogni e immagini del dormiveglia,
ogni minimo istante dello ieri
e degli ieri del mondo,
la salda spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti,
l’amore condiviso, le parole,
ed Emerson, la neve, e quanto ancora.
Posso infine scordare. Giungo al centro,
alla mia chiave, all’algebra,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.



mercoledì 9 aprile 2014

Baudelaire

#accaddeoggi 9 aprile 1821. A Parigi nasceva Charles Baudelaire, l'artista maledetto de “I fiori del male", uno dei più importanti e amati poeti del XIX secolo, anticipatore del decadentismo.

Prima bohemien, poi dandy e spendaccione, infine oppresso dai debiti e con la salute minata da ogni genere di eccesso, Baudelaire muore a soli 46 anni, solo, tra le braccia della madre.