lunedì 31 ottobre 2011

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sabato 29 ottobre 2011

Silloge


“Marghera”  -  “Casa e famiglia”  -  “Bottiglia”  -

Fanno parte di un’unica silloge, dedicata all’entroterra veneziano

Quanto scritto, sicuramente potrà sembrare datato,
E’ innegabile che Marghera, attualmente è diventata il fantasma
di quel polo chimico/industriale, attorno al quale gravitavano
migliaia di operai che in gran parte ci vivevano.
Io, però, voglio ricordarla com’è stata, un crogiolo di contraddizioni; amata, odiata, con la sua nebbia, spesso artificiale, con il suo stile di vita.
                        Dall’operaio che, con il magro stipendio, voleva mantenere una sua dignità,
alla famiglia numerosa e senza regole, dove regnava il: “si salvi chi può”;
alla Marghera degli sbandati che vivevano di espedienti ma dotati di uno spirito di solidarietà unico nel bisogno; con i suoi amori surreali, le speranze di tanti giovani bruciate nell’illusione che qualcosa cambiasse.
E’ un piccolo omaggio a quella che è sempre stata considerata sobborgo di Mestre, con la ferrovia a dividerla, se mai ce ne fosse stato bisogno, e “Provincia di Venezia” da cui dista chilometri virtuali e di cui è una realtà scomoda e non cancellabile. 

L’autore.




Marghera

Strade appena segnate
da pozzanghere,
percorse da ruote insofferenti,
voci concitate;
è un terreno fertile
per atti innominabili.
Difficile che nasca un amore,
non ci sono fiori,
prati d’erba:
solo ciminiere.
La spiaggia è invisibile,
coperta da tubi di morte.
Panfili di petrolio
scaricano il carico prezioso
per scatole di acciaio.
I tuoi occhi chiari
vagano senza meta,
non t’interessa
quello che ti circonda,
cerchi lui, la sua
figura esile,
il suo parlare cantilenante,
le sue labbra dolci.
I fumi, l’odore insopportabile,
l’acido che a fine giornata
ha ricoperto ogni cosa,
tutto, pur di vederlo;
continuare un amore
che a molti fa sorridere
ma che, per te,
è la vita
                  


Casa e famiglia

Hai sognato per anni
le tante cose belle
che ti circondano.
Hai aspettato in silenzio,
hai accarezzato, più volte,
l’impossibile idea di far parte
di quel mondo.
Sai che non c’è
il principe azzurro
alla porta di casa.
Vedi tua madre,
stanca affaticata,
ancora giovane
ma già vecchia,
nel fisico e nello spirito,
ti rivedi allo specchio,
uguale a lei.
Ed eccoti in ciabatte,
ventun’anni finiti,
sei già al capolinea,
due figli, un terzo in arrivo;
ti sforzi di amarli, non ci riesci,
fanno parte dei sogni
svaniti nella realtà
che ti ostinavi a non credere.
Vivi in un grigio palazzo,
anonimo, tranne le liti
e le urla quotidiane;
quattro mura al quarto piano,
la tentazione è forte,
potresti interrompere una catena
che si allunga sempre più.
                    
                     

Bottiglia

Avevi bevuto molto
quella sera, troppo.
Ma volevi divertirti,
cancellare quell’ansia
che stava trasformando
la tua vita in incubo.
Sei riuscita a spogliarti
con il tuo ragazzo
o, forse, era il primo,
capitato al momento giusto.
Non lo sai! Non ti ricordi,
nemmeno il piacere,
quello che cerchi nella vita.
Quando sei tornata a casa,
hai vomitato,
insultato tua madre,
maledetto tuo padre,
poi te ne sei andata
a letto, soddisfatta.
Aspetti un nuovo giorno,
una nuova notte,
gli incubi che ritornano,
senza tregua.
Sogni una nuova bottiglia,
la tua medicina.



                     

giovedì 27 ottobre 2011

Marciapiedi

Attraverso le strade di notte,
poche finestre illuminate,
palazzi che corrono,
occupano marciapiedi.
Gente seduta su panchine,
si allena a dormire,
cerca un sonno pesante
che porti alla fine di tutto,
alla sbarra di un passaggio a livello,
oltre il quale c’è la morte.
Le loro facce sono bianche
come la commedia dell’arte;
un teatro perenne
che mi sforzo di intuire.
Nella fessura della vita,
hanno infilato una lettera,
mille desideri mai esauditi,
l’eterna speranza mai soddisfatta.

quattro

Quattro sono i muri
che circondano il tuo letto,
mille le stelle che rischiarano la stanza.
La tua casa è rimasta aperta
come i sogni di un bambino;
cancella le tue paure
con la luce del sole;
ti avvolge con la nebbia,
togliendoti il respiro;
lava con pioggia sottile
la tua pelle sudata.
Disegna una porta dalla quale
non potrai uscire,
aspetta il tuo risveglio
il ritorno alla vita.

sabato 22 ottobre 2011

L'uomo



Cento lame affilate,
cento alberi impauriti.
Hanno rami pendenti,
simili a cascate di ghiaccio;
foglie tagliate su misura
per ricoprire la loro tomba.
Raggi di sole giocano con la nebbia,
avvolgono la loro agonia.
E poi  lento, ritmato, il
rumore dell’ascia,
mani veloci che tagliano,
urlano, le grida stridule
di animali spaventati,
le mille voci di una foresta ferita.
Il tramonto di un mondo,
giorno di festa tramutato in pianto;
fumo bianco che si alza dai camini,
terra deserta tutt’intorno.
E, sopra ogni cosa, l’uomo,
la sua stupidità,
la sua arroganza,
la sua distruzione.
Ultimo fuoco che brucia tra le nuvole,
valanga di neve che rotola nel buio,
ombre ubriache che vagano nella notte.

lunedì 17 ottobre 2011

Per una volta................


Per una volta…..

Potrei spogliare un albero,
amarti cento volte,
per cento ore,
per cento notti.
Potrei immergermi nell’acqua,
coprirmi d’alghe,
lasciarmi calpestare
da mille animali.
Chiudere la notte
In una grotta;
sdraiarmi accanto a te,
un fuoco acceso,
il silenzio,
i mille rumori del buio.
Le foglie di un albero
che si disperdono nel vento.