domenica 30 settembre 2018

funereo auspicio sulla vita del Pd,

L BLOG
29/09/2018 19:15 CEST | Aggiornato 17 ore fa

Caro Di Battista, nonostante i tuoi auspici funerei ti tendiamo la mano

Caro Alessandro, nonostante la tua caduta di stile e il tuo funereo auspicio sulla vita del Pd, continuo a tenderti la mano. Sperare nell'estinzione di un partito intero non ti fa onore; questo è il linguaggio di chi non ama la democrazia anche se in questa degenerazione culturale che viviamo al tempo del digitale tutto è diventato commestibile.
Non mi rassegno all'idea che debba esserci rispetto reciproco anche tra avversari e riparto proprio da qui. Dal dialogo e dal confronto. Non ti sfuggirà che a destra come a sinistra (perché la differenza, nonostante la neghiate, c'è ed è abissale nella società) c'è il tentativo di acuire le distanze tra noi. Con un piccolo particolare: Salvini leader indiscusso della destra italiana ha sempre un piano B. Mentre governa con voi assorbe tutto e tutti si confronta settimanalmente con Berlusconi. A sinistra non si va oltre le risse permanenti tra i partiti della vecchia coalizione e il Pd e tra lo stesso Pd e il M5S.
Risultato: a voi resta un'unica opzione, seguire Salvini. E così non battete ciglio quando i leghisti rateizzano in 76 anni il loro debito con lo Stato. Restate silenti quando parlano di condono fiscale, girate la testa dall'altra parte quando attaccano la magistratura e riuscite a non dir nulla quando teorizzano la necessità di abbassare le tasse ai ricchi sapendo che già oggi oltre 31 milioni di contribuenti italiani sono interamente sotto l'aliquota del 23% e non saranno mai toccati dalle loro alchimie fiscali.
Ma nel grande e vacuo circo mediatico messo su da questa classe dirigente di cui tu e io siamo protagonisti esattamente come lo sono Renzi, Salvini, Di Maio e tutti gli altri, il merito passa spesso inosservato. Ma quello che dalla tua lettera/post non posso far passare sotto silenzio è il rapporto tra un movimento politico e quello che tu chiami con disprezzo capitalismo.
Parliamone allora. Se c'è una cosa che non puoi dire è che il Pd con tutta la sua comunità si è piegato agli interessi emergenti del nuovo capitalismo. Puoi dire che una parte della classe dirigente di sinistra non è stata all'altezza delle sfide che il capitalismo richiedeva; ma è una inadeguatezza che oggi mostrano se me lo permetti anche vertici di chi Governa. Alcuni dei leader di sinistra hanno preferito fare selfie e qualche viaggio in Silicon Valley non capendo che eravamo dentro la più grande rivoluzione capitalistica moderna. Sul tema degli interessi evidenti delle Multinazionali del Web nella società moderna che spesso contrastano con gli interessi dei contribuenti italiani e dei commercianti italiani e Delle imprese non ho mai capito però la posizione del M5S e ho sempre percepito una sudditanza totale del movimento rispetto alle posizioni della Casaleggio & Associati. Andrebbe fatta chiarezza ma non per questo vi ho mai offeso.
Vi seguo con attenzione e non mi convincono visione e proposte dei vertici che so con chiarezza che non c'entrano nulla con la vostra stessa base. Non per questo auspico l'estinzione del movimento così come fai tu per il Pd.
Su alcuni temi per dimostrare che la mia analisi è sbagliata, ci vuole chiarezza. Come il Pd non è una persona sola ma una comunità. Così penso che gli elettori M5S si sentano oggi comunità e che abbiano speranze già disattese dagli interessi che i vertici tendono invece a difendere. Noi però abbiamo perso le elezioni e ci apprestiamo a fare un congresso da cui emergerà una rotta che seguiremo tutti insieme. Abbiamo fatto degli errori e li abbiamo pagati. Ma vedo dalla foga che caratterizza questa fase politica che state commettendo errori macroscopici molto simili a quelli commessi da noi: supponenza e arroganza non aiutano mai caro Alessandro e auspicare la morte o l'estinzione di un partito intero da il senso della condizione psicologica in cui siete. Quando parli di capitalismo prova a spiegarmi con chi stanno i vertici del M5S: con i piccoli commercianti o con Amazon. Con chi diffonde bufale con profili falsi o con i giovani giornalisti precari sfruttati dal nuovo capolarato editoriale o con i giovani artisti italiani che devono sottostare alle regole delle piattaforme per spuntare un contratto precario? Siete con i precari che fanno i cicloryder o con le over the top che li sfruttano? Perché non fai con me una battaglia sul pagamento delle tasse dei giganti del web anziché girare la testa dall'altra parte? Perché non tuteliamo insieme i dati sensibili degli italiani fissando criteri rigorosi sull'uso degli stessi? Sai a quanto ammonta il fatturato delle domeniche in cui volete chiudere le saracinesche di negozi italiani e ipermercati? Tra il 15 e il 20% del fatturato.
Se chiudete per legge le domeniche sai dove va quel fatturato? Ad Amazon. Che poi non pagherà tutte le imposte così come invece fanno gli italiani. Devo credere alla buona fede? Faccio fatica, ma se mi convinci delle vostre ragioni io ti ascolto. Converrai però con me che qualcosa non torna. Ma io non vi offendo, chiedo chiarezza questo si e ti tendo ancora la mano chiedendoti di provare a rispondere insieme alle nostre comunità condizionate nella vita di ogni giorno oggi come ieri dalle trasformazioni del capitalismo. Quanto poi i leader siano sensibili alle sirene di un certo capitalismo si capisce facilmente quando si governa. Ora tocca a voi, avete deciso di governare con la Lega e più vi osservo più capisco che il tempo della purezza è finito. Se sei nervoso per questo lo capisco, ma prendersela con la comunità del Pd che in queste ore sarà legittimamente in piazza auspicando addirittura l'estinzione di tutti noi, ti trasforma in un Salvini o in un Orban qualsiasi e questo mi pare francamente troppo anche per i tuoi elettori.

sabato 29 settembre 2018

Così il «regionalismo differenziato» mette a rischio l’universalismo del Ssn

di Nino Cartabellotta*
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Accanto all'onnipresente “affaire vaccini”, arma di distrazione di massa sapientemente utilizzata per dribblare i veri problemi della sanità pubblica, la ripresa dell'attività parlamentare ha visto protagonista la Ministra per gli Affari Regionali e le autonomie, Erika Stefani. Nella sua audizione davanti alle commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato la Ministra ha infatti annunciato che sarebbe in dirittura d'arrivo per la presentazione in Consiglio dei Ministri un disegno di Legge che conferisce alle Regioni che ne facciano richiesta maggiori autonomie sulle materie di competenza, tra cui inevitabilmente la sanità.

Incomprensibile lo stupore che emerge dalle righe di autorevoli commenti per le potenziali conseguenze negative sul diritto alla tutela della salute e sui princìpi fondanti del SSN, considerato che la misura di fatto non porta nulla di nuovo sotto il sole, né si tratta di un “cambiamento” imposto dal Governo giallo-verde. Infatti, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto avevano già sottoscritto al fotofinish con il Governo Gentiloni accordi preliminari in tal senso e, seguendo la scia del precedente Esecutivo, il Contratto per il Governo del Cambiamento ribadisce che «l'impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell'agenda di Governo l'attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte».
Il virus del regionalismo differenziato, per il quale purtroppo non esiste alcun vaccino, è molto contagioso: infatti, oltre alle 3 Regioni che hanno già sottoscritto gli accordi preliminari con il Governo, altre 7 (Campania, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria) hanno già conferito al proprio Presidente il mandato di avviare il negoziato che prevede per tutte maggiore autonomia in ambito sanitario; Basilicata, Calabria e Puglia sono ancora alla fase iniziale dell'iter, pur avendo intrapreso iniziative per la richiesta di maggiore autonomia; al momento rimangono fuori dall'epidemia solo Abruzzo e Molise, che non risultano aver ancora avviato iniziative formali.

Nei fatti, il regionalismo differenziato ha permesso alla governance Stato-Regioni in sanità di percorrere in poco più di un anno l'intera gaussiana: il diritto alla tutela della salute delle persone è stato infatti catapultato dalla auspicata riforma dell'art. 117 della Costituzione, che con l'eliminazione della legislazione concorrente e la restituzione allo Stato di alcuni poteri esclusivi avrebbe dovuto porre fine (?) alle diseguaglianze regionali, all'attuazione dell'art. 116 che, inevitabilmente, finirà per aumentare le differenze tra 21 sistemi sanitari. Scorrendo infatti gli accordi preliminari già sottoscritti da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto si intravedono conseguenze inquietanti, e non sempre prevedibili, a seguito dell'attuazione delle maggiori autonomie in campo sanitario: dai vincoli di spesa in materia di personale stabiliti dalla normativa statale all'accesso alle scuole di specializzazione; dalla stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione lavoro” per i medici agli accordi con le Università; dallo svolgimento delle funzioni relative al sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione al sistema di governance delle aziende e degli enti del SSR; dalla richiesta all'Agenzia Italiana del Farmaco di valutazioni tecnico-scientifiche sull'equivalenza terapeutica tra diversi farmaci agli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del SSR. Last but not least, l'autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi che spiana ulteriormente la strada al secondo pilastro. Se in Emilia Romagna, come autonomia aggiuntiva, ci “si accontenta” solo della distribuzione diretta di farmaci, in Veneto sono previste ulteriori “perle” sulla gestione del personale del SSR: dalla regolamentazione dell'attività libero-professionale alla previsione, in sede di contrattazione integrativa collettiva, di incentivi e misure di sostegno per i dipendenti del SSR, ovvero una totale autonomia nella gestione della contrattazione di lavoro dei professionisti sanitari.
Eppure il fallimento della riforma del Titolo V, che ha già compromesso l'universalismo del SSN, è ampiamente certificato da innumerevoli diseguaglianze e iniquità tra 21 differenti sistemi sanitari: dagli adempimenti dei LEA alle performance ospedaliere documentate dal Programma Nazionale Esiti, dalla dimensione delle aziende sanitarie alla capacità di integrazione pubblico-privato, dal variegato contributo dei fondi sanitari integrativi a quello delle polizze assicurative, dalla disponibilità di farmaci innovativi all'uso di farmaci equivalenti, dalla governance della libera professione e delle liste di attesa alla giungla dei ticket, dalle eccellenze ospedaliere del Nord alla desertificazione dei servizi territoriali nel Sud, dalla mobilità sanitaria alle diseguaglianze sugli stili di vita, dai requisiti minimi di accreditamento delle strutture sanitarie allo sviluppo delle reti per patologia, dall'accesso alle prestazioni sanitarie agli esiti di salute. In questo contesto, è assolutamente certo che le ulteriori autonomie concesse dal regionalismo differenziato da un lato indeboliranno le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, dall'altro accentueranno iniquità e diseguaglianze disgregando definitivamente l'universalismo del SSN.

In tal senso, si concretizza una bizzarra, e apparentemente incomprensibile, contraddizione tra le potenziali conseguenze del regionalismo differenziato in sanità e la dichiarazione d'intenti con cui si apre il capitolo Sanità del Contratto per il Governo del Cambiamento: “È prioritario […] tutelare il principio universalistico su cui si fonda la legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Tutelare il SSN significa […] garantire equità nell'accesso alle cure e uniformità dei livelli essenziali di assistenza”. Ma visto che il Contratto nasce dalla fusione dei programmi di due partiti, tutte le contraddizioni in sanità tra la visione centralista dei gialli e quella regionalista dei verdi possono solo essere frutto di un affrettato e distratto copia e incolla.
*Presidente Fondazione Gimbe

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Confessioni di una deficiente

Confessioni di una deficiente

 Lucia Annunziata       Direttore, Huffpost Italia 

 
Confesso, sono una deficiente. Pur avendo questo giornale scoperto il piano B del primo accordo di governo, l'ho poi lasciato da parte, cullata lentamente in uno stato di semicosciente ottimismo, perché poi, alla fine, chi mai davvero potrebbe esporre il paese alla destabilizzazione politica? Una cosa sono le idee altro è la responsabilità di governo, mi sono ripetuta. In fondo quale politico accetterebbe mai di giocare a carte con il Destino del Popolo in nome del Popolo?
Non lo avevo messo in conto. Questo azzardo non l'ho visto arrivare perché era sempre stato lì, nello stesso atto fondativo della coalizione di governo.
Il Def, presentato ieri da Luigi Di Maio (con tutti i mezzucci comunicativi di un partito che della comunicazione ha fatto il suo unico Dio), e definito come l'abolizione della povertà, è solo una povera misura elettorale. L'asticella del deficit al 2.4, per i prossimi tre anni, non è infatti una manovra e nemmeno una proposta di manovra. E' solo una sbruffonata, inaccettabile non tanto dall'Europa e dai mercati quanto, e innanzitutto, dai portafogli degli Italiani. E' la bizzarra proposta di indebitare ulteriormente una famiglia che non riesce a liberarsi dei debiti. Difficilmente il modo per combattere la povertà.
Sono tutte cose queste di cui gli economisti discutono da tempo, e che lo stesso Di Maio (che deficiente non è) conosce bene. Il suo Def è in realtà un mezzo per intraprendere un altro percorso, in base al quale l'Italia starà meglio solo se viene esposta oggi a un grande scontro: lo scontro frontale con l'Europa per ottenerne o le proprie condizioni (il 2.4) o lasciarla. E' il piano B, appunto, che era in quella prima versione del contratto di governo, che, scoperto, fu cancellato. L'idea dello scontro per liberarsi dai lacci europei venne attribuita allora soprattutto all'anima sovranista della Lega. Lo scossa che si avvertì mise in dubbio persino la formazione del governo, e il professor Savona non divenne Ministro del Tesoro. Di Maio in quelle ore si presentò invece come il paladino della continuità, l'interlocutore delle istituzioni, il contro bilanciamento di Salvini. E siccome tutti crediamo solo alle cose in cui vogliamo credere, tutti gli credemmo, dimenticando l'originaria piattaforma dei Pentastellati a favore dell'uscita dall'Euro.
L'obiettivo, invece, è rimasto lì – la rottura con la Ue come elemento palingenetico di una sovranità nazionale, di una nuova economia, e di un nuovo popolo. Il Def presentato, con i suoi numeri gonfiati, è l'avvio di questa rottura, anzi il mezzo scelto per "creare" in vitro il Cigno nero, l'evento imprevisto con cui giustificare l'avvio del conflitto.
Il discorso di ieri di Luigi di Maio davanti a Palazzo Chigi è dunque una dichiarazione di guerra, nemmeno tanto mascherata. Che apre per il paese due scenari.
Il primo punta sull'effetto too big to fail : l'Italia è un paese troppo grande per potere essere davvero punita. In particolare da una Unione Europea molto indebolita ridotta a una collezione di Stati mai così disuniti. Il cosiddetto motore dell'Europa è imballato; Macron e Merkel per diverse ragioni avvitati in una spirale discendente, l'Inghilterra fuori, e buona parte dell'Europa dell'Est in ribellione. La disaffezione e il sovranismo sono galoppanti. Insomma l'Europa è in condizioni tali da poter essere sfidata, con una possibilità di vittoria – e in questo caso forse lo sfondamento del livello di deficit potrebbe accontentarsi di una messa a cuccia dei poteri deboli europei.
Il secondo scenario ci porta invece alla esposizione "senza se e senza ma" alla reazione dura dell'Europa, e dei mercati che, a differenza della politica, vivono e ingrassano nelle crisi. Nel qual caso, si tratterà di una "vera guerra" come avrebbe detto oggi il Professor Savona a un think tank, "ll nodo di Gordio".
In entrambi i casi siamo entrati ieri in una nuova fase in cui nessuna opzione sarà indolore. Il valore dei nostri risparmi, delle nostre case e delle nostre pensioni si abbasseranno. La manovra di Luigi di Maio si rivelerà una specie di commedia dell'arte con un Pantalone che con una mano dà e con l'altra toglie.
Ma c'è terzo scenario, peggiore.
Qualcun infatti dovrebbe ricordare a Palazzo Chigi che il discorso sulla debolezza dell'Europa ha fatto il suo tempo. Nelle istituzioni europee da tempo la fragilità del sistema ha convinto molti leader a cominciare a pensare a un modello nuovo, fondato sulla accettazione della fine di una Europa unita e paritaria. C'è già al lavoro nei fatti lo sviluppo di doppie e triple velocità istituzionali, e persino abbandoni. Basta osservare la Brexit e alle delusioni di quella Gran Bretagna che ha guardato con sufficienza alla debolezza europea e ha sopravvalutato la propria forza negoziale. Salvo trovarsi poi davanti a un conto miliardario da pagare presentatogli dalla Ue che si è impuntata contro ogni mediazione, ribaltando la sua crisi in una crisi interna degli stessi Tory. O pensa la coalizione gialloverde che alla fine della guerra saranno capaci anche di non pagare nessun prezzo all'addio dell'Europa?
Se dobbiamo misurare dai festeggiamenti in piazza ieri sera, Palazzo Chigi non ha nessuna paura. E perché averla dopotutto? Nell'attesa della guerra, la decisione presa è per la coalizione comunque win- win.
Qualunque sarà lo scenario Luigi di Maio potrà tessere nei prossimi mesi la narrazione che già da tempo è diventata la colla che tiene insieme questa fragile coalizione. Potrà sempre dire, "Vedete, noi siamo con voi, vi abbiamo dato tutto, vi abbiamo liberato dalla povertà. Ma i poteri forti, il grande capitale, quei burocrati dei ministeri, quei giornalisti venduti, quei giudici che si sono messi a servire la politica invece di affiancare il popolo, ci hanno fermato". Una narrativa perfetta per sostenere la prossima campagna per le europee, alimentando il risentimento del Popolo e fare il pieno di voti alle prossime europee. Una soluzione perfetta.
Sempre che Salvini, che per ora segue lo schema, non metta in campo i suoi, di interessi. E sempre ammesso che le fake news dei 5 stelle, le caleidoscopiche balle create per fomentare questa narrazione, non vengano erose dalla realtà.
Perché dopotutto io sono una deficiente, ma il popolo italiano ha sempre dato prova di non esserlo.

domenica 23 settembre 2018

Daniele Manin muore a Parigi il 22 settembre 1857,

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#AccadevaOggi: Daniele Manin muore a Parigi il 22 settembre 1857, assistito dal figlio Giorgio e il suo corpo viene sepolto nel cimitero di Montmartre, accanto alla figlia Emilia. Solo dopo il 1866 il figlio Giorgio riesce a riportare le salme in Italia. Il corteo giunge a Venezia il 22 marzo 1868 tra un'immensa folla. Sul lato settentrionale della basilica, la giunta comunale fece costruire un mausoleo, ove nel 1913 fu sepolto anche Giorgio.

I 7 ponti storti di Venezia.

I 7 ponti storti di Venezia. Sai perché si chiamano così? 🤔

martedì 18 settembre 2018

PRETENDO...

Pretendo. Di Maio contro Tria: se non cambia, lo cambiamo

Il vicepremier M5S parla del Governo come di un ente terzo, ma il quadro raffigura due partiti, due leader, due agende, un'incompatibilità sostanziale

"Pretendo", dice Luigi Di Maio al ministro Giovanni Tria, col tono dell'unico interprete del popolo sovrano, cui è stato promesso il reddito di cittadinanza, senza mai spiegare il "come" secondo la retorica che, se si vuole, i soldi si trovano. E se non si trovano, perché il titolare di via XX settembre non cambia atteggiamento, si cambia ministro. Così spiegano fonti di governo vicine al vicepremier, nell'ambito di ragionamenti in cui è labile il confine tra inconsapevolezza e tattica, nel tentativo di mettere sotto pressione il ministro del Tesoro.
"Pretendo", perché nella parola c'è il senso di una campagna verso la propria base, dopo mesi in cui il dividendo politico dell'operazione governo l'ha incassato Salvini, a costo zero sui migranti. E non a caso, su Tria, gli spifferi bellici non hanno la stessa intensità, perché è complicato andare a spiegare all'altra base – il Nord produttivo e delle imprese – che ci si può permettere una crisi di Governo sulla manovra, magari col casus belli del reddito di cittadinanza, che l'elettore medio leghista considera un sussidio di Stato a chi non fa nulla nella vita, o magari ha già un lavoro in nero.
Pretendo che il ministro dell'Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltàLuigi Di Maio
Nelle pretese c'è la fotografia di un cortocircuito: un sistema di coalizione mai nato, come se il Governo fosse una sorta di ente terzo a cui si chiede di fare qualcosa ma che nei fatti, come sistema appunto, non c'è. Ci sono due partiti, due leader, due agende di priorità, due velocità, due diversi andamenti dei sondaggi. Uscendo dalla riunione sulle Olimpiadi, Giancarlo Giorgetti, si è sfogato con qualche collega perché "così non si va avanti". Abituato al pragmatismo di governo, il sottosegretario vede tutti i limiti di un non governo.
Nazionalizzazioni, giustizia, opere pubbliche: è evidente che, dopo l'entusiasmo iniziale, la quotidiana fatica del governo ha mostrato come ci sia una incompatibilità sostanziale, di approccio e cultura politica, tra le due forze. E nel pasticcio sulle Olimpiadi cresce anche il germe del sospetto, con Di Maio che se la prende col Coni, ma in verità pensa che si stata orchestrata un'imboscata sull'asse lombardo-veneto, tra i governatori leghisti Zaia e Fontana e il sindaco di Milano Sala che ha immediatamente appoggiato la loro proposta. Però poi non può dire più di tanto, in quanto prigioniero delle contraddizioni proprie di chi, due anni fa, non volle le Olimpiadi a Roma e a Torino rischierebbe di far cadere la giunta, perché un pezzo del Consiglio comunale è contrario alla posizione favorevole del sindaco Appendino.
Quanto si possa andare su questo schema è domanda che non si pone solo Giorgetti, che pur interpreta nella Lega l'umore diffuso di un vasto fronte, soprattutto del Nord, favorevole a un ritorno al voto, una volta varata la finanziaria, con i sondaggi che vedono il centrodestra oltre il 40 per cento. Chi ci ha parlato in questi giorni spiega: "Anche nel '94 si votò a breve distanza tra Europee e Politiche. In parecchi suggeriscono di andare all'incasso quando siamo al massimo, perché poi arriva un punto in cui si può solo scendere".
Un ministro serio i soldi li deve trovareLuigi Di Maio
Ragionamenti. Scenari. Magari irrealizzabili. Ma che raccontano di una sensazione di paralisi del Governo, arrivati al dunque del primo, vero, passaggio politico della legislatura - la manovra – dopo mesi di chiacchiere in cui, in un fuoco di artificio di annunci, il Parlamento ha varato solo due provvedimenti: il decreto Dignità e il Milleproroghe.
Più volte, anzi diciamo che è una costante, sulla manovra è stato in onda il medesimo film, con diversi protagonisti: il ministro dell'Economia che stringe i cordoni della borsa, i partiti che chiedono più spesa. Il problema nell'Italia del 2018 è la tenuta dei conti ma soprattutto la reazione dei mercati, col rischio di contagio sui paesi meno solidi. Chi è di casa al Quirinale è certo che Tria "non metterà mai la firma sul disastro dell'Italia", superando il limite del rapporto deficit-Pil che consente di evitare la procedura di infrazione e, di conseguenza, il gran falò dei mercati. Anche perché quella cifra diventata una specie di linea del Piave, l'1,6, è essa stessa frutto di un compromesso.
I "falchi" di Bruxelles vorrebbero concederne assai meno, perché comunque stiamo parlando di diversi punti sopra lo 0,9 previsto. Anche in questo caso, nel negoziato, si sconta l'assenza di un Governo. Ai suoi tempi, Renzi riuscì a negoziare margini, nell'ambito di uno scambio sulla questione dei migranti: più gioco sui vincoli di bilancio in cambio di accoglienza. Discutibile o meno, un'operazione politica. È indubbio che l'atteggiamento tenuto dall'attuale governo sullo stesso dossier non ha aiutato l'impostazione del negoziato economico. Dice Tria, in sostanza: io garantisco fino all'1,6, poi facciano loro se sono capaci. Ci vorrebbe però un premier, in grado di imbastire una trattativa con i partner europei. Non due leader in perenne campagna elettorale.

martedì 11 settembre 2018

ATTENZIONE AI BISFENOLI E ALTRI #ADDITIVI ALIMENTARI

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ATTENZIONE AI BISFENOLI E ALTRI #ADDITIVI ALIMENTARI, PEDIATRI USA CHIEDONO MAGGIORE INFORMAZIONE - Numerosi additivi alimentari aggiunti direttamente al cibo durante la lavorazione o utilizzati durante la produzione o l'imballaggio potrebbero mettere a rischio la salute dei bambini, secondo un nuovo rapporto tecnico e una dichiarazione di policy della American Academy of Pediatrics, pubblicati su Pediatrics.
BISFENOLI
Tra gli additivi che causano le maggiori preoccupazioni si possono citare i BISFENOLI. Utilizzati in contenitori di plastica e nel rivestimento delle lattine di metallo, i bisfenoli possono recare disturbo alla funzionalità endocrina, riducendo potenzialmente la fertilità e modificando i tempi della pubertà. I risultati di alcune ricerche suggeriscono anche che I BISFENOLI POSSANO AVERE EFFETTI SULLO SVILUPPO NEUROLOGICO E SULL'OBESITÀ NELL'INFANZIA.
FTALATI
Si parla poi degli FTALATI, che si possono trovare nella pellicola in plastica per alimenti e nei tubi di plastica utilizzati durante la produzione alimentare. Questi additivi sono stati collegati a perturbazioni endocrine, tra cui tossicità testicolare, effetti cardiotossici e stress ossidativo.
NITRITI/NITRATI
Non bisogna dimenticare nitrati e nitriti, che vengono solitamente aggiunti direttamente agli alimenti (spesso carni lavorate) come conservante o per migliorarne il colore, e che sono stati correlati al cancro e alla disfunzione tiroidea.
PERFLUOROALCHILICI
I prodotti chimici perfluoroalchilici, utilizzati nella produzione di carta oleata e cartone, sono stati invece associati a immunosoppressione, alterazioni del sistema endocrino e diminuzione del peso alla nascita.
PERCLORATO NELLE DONNE IN GRAVIDANZA
Particolare preoccupazione sorge poi per l'esposizione al perclorato delle donne in gravidanza. Questo additivo, spesso aggiunto alle confezioni di plastica per alimenti secchi per controllare l'elettricità statica, è infatti in grado di interrompere la produzione di ormone tiroideo, con implicazioni per la funzione cognitiva.
COLORANTI ALIMENTARI ARTIFICIALI
Da ultimo, si citano i coloranti alimentari artificiali, associati in alcuni studi a un aumento del rischio di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, anche se questo collegamento andrebbe interpretato con cautela.
CONSIGLI UTILI DELL’AAP
Per contribuire a ridurre l'esposizione, l'American Academy of Pediatrics consiglia ai medici di suggerire alle famiglie di:
1) consumare più frutta e verdura fresche o congelate, piuttosto che in scatola;
2) evitare carni lavorate
3) ricordare di NON mettere la plastica in microonde o in lavastoviglie, poiché il calore può causare la fuoriuscita di sostanze chimiche che possono poi contaminare il cibo.
Trasande L, Shaffer RM, et al - Food Additives and Child Health.
Pediatrics 2018 Aug;142(2). pii: e20181408.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30037974
http://bit.ly/2MgqCsO

sabato 8 settembre 2018

Massimo Cacciari: "In primavera sarà una resa dei conti tra sovranisti e progressisti: la sinistra si svegli o saremo tutti servi"

Il filosofo all'HuffPost: "Se alle elezioni europee vincerà la destra non ci sarà più uno straccio di Ue"

Le elezioni europee che si terranno nella prossima primavera sono "una resa dei conti tra europeisti e sovranisti" e "tra meno di un anno il rischio è che non ci sia più nemmeno uno straccio di Unione Europea, sarebbe una catastrofe spaventosa". Ne è convinto il filosofo Massimo Cacciari che all'HuffPost parla della prossima scadenza elettorale, il voto per il rinnovo del Parlamento Europeo: un redde rationem, per l'ex sindaco di Venezia, da cui dipendono la coesione e la tenuta dell'Unione Europea. A inizio agosto ha lanciato un appello pubblico per risvegliare le opposizioni dal torpore in cui sono cadute. Di questi temi, tra le altre cose, si parlerà anche al Festival della Politica iniziato ieri a Mestre e che durerà fino a domenica.
Professore, partiamo dagli ultimi fatti politici. Di Maio ottiene un accordo migliorativo sull'Ilva e chiude la vertenza con l'ok di azienda e sindacati; Salvini rassicura mercati e industriali riscuotendo apprezzamenti anche a Bruxelles. Come valuta questa svolta responsabile del governo "populista"?
Guardi, non mi auguro certo di andare completamente in merda. Se riescono a razionalizzare i loro discorsi e uscire dal clima elettorale, passando dalle chiacchiere a qualche risultato, sono la persona più contenta del mondo. Di certo non tifo per il tanto peggio tanto meglio. Ma dubito che sia questione di rassicurazioni, perché i conti sono quelli che sono e la situazione del Paese nei suoi fondamentali non è migliorata. Bisogna aspettare questo mese per tirare qualche prima somma, con la legge di Bilancio.
Però fa un certo effetto vedere i "populisti" utilizzare il linguaggio che piace all'establishment, no?
Ma per forza dovevano utilizzarlo. A meno che non fossero pazzi catastrofisti, non potevano non iniziare a soppesare le parole, a meditare di più su quello che si dice. Ma, ripeto, è prestissimo per tirare somme.
Lei a inizio agosto su Repubblica ha lanciato un appello pubblico per salvare l'Europa. Di che si tratta?
Tra meno di anno potrebbe non esserci più uno straccio di Unione Europea. E tutti devono essere consapevoli del pericolo che stiamo correndo. Sarebbe una sciagura per i nostri figli, gli Staterelli singoli da soli sarebbero rovinati. Occorre ripensare l'Ue a partire dalle sue istituzioni, non certamente ripetere quanto di sbagliato è stato fatto a Bruxelles in questi anni. L'appello è quindi rivolto a tutti, affinché facciano la loro parte nei loro rispettivi ambiti, territoriali e culturali, sindacali e politici. Ognuno deve rendersi conto che le diverse nazionalità hanno un futuro solo se si collocano in termini federali nell'ambito dell'Unione Europea. Nel nostro Paese, ma non solo, questo discorso è poco compreso.
Nel suo appello si rivolgeva anche alle opposizioni, in particolare ai partiti di centrosinistra, che in questa fase sembrano essere in affanno, incapaci di incidere e di apparire come credibile alternativa alle forze cosiddette populiste.
Quelle che adesso sono le opposizioni le hanno sbagliate tutte, dalla prima all'ultima. Cosa vuole fare? Il discorso sarebbe lungo, noioso, fatto e rifatto. Solo che ancora non c'è consapevolezza della straordinaria mole di errori fatti. Si tratta di capire se le forze di centrosinistra europee faranno tesoro della storia recente. Se vorranno programmare il loro destino, bene, altrimenti alle prossime elezioni europee sarà la loro fine. Gli altri, i sovranisti, non è che se la passino meglio, con tutte le loro contraddizioni. Com'è noto, è più facile fare l'opposizione che governare...
Però pare, almeno qui in Italia e in questa fase politica, che sia più facile governare che essere l'opposizione...
Eh insomma, sono anni che chi governa va alle elezioni e perde...
Lei quindi come se lo spiega questo exploit del consenso del Governo, e in particolare della Lega che ha sorpassato l'alleato 5 Stelle?
Corrisponde a delle domande precise del Paese. Non vi è dubbio che ci sia una corrispondenza ma ha i mesi contati: Salvini non potrà raccogliere consensi con una nave alla settimana. Anche lui dovrà affrontare altri argomenti. Come ho detto, si vedrà entro l'anno se riescono ad assumere credibilità.
Il "sovranismo", come viene chiamato, è destinato a durare o è un fenomeno politico effimero?
Il sovranismo è l'effetto delle politiche europee dall'euro in poi. Una Ue senza solidarietà, senza politiche sociali, senza governo della moneta unica doveva produrre per forza reazioni del genere. Non è l'Europa che volevamo, o che almeno io speravo. Ora però bisogna rimontare tutto sapendo bene che i sovranismi entreranno ovviamente e per loro natura in contraddizione tra loro distruggendo ogni barlume di unione. E questo è un disastro spaventoso economico, politico e sociale. Le cause di questi sovranismi sono fin troppo chiare.
Le europee del prossimo anno saranno una resa dei conti tra progressisti e sovranisti?
Sì, lo saranno. Se in primavera ci sarà una maggioranza di destra, l'Europa non ci sarà più. E senza Europa gli staterelli europei sono destinati a essere succubi di tutte le tendenze culturali, economiche e scientifiche che si determineranno nell'ambito dei sovranismi. Se vogliamo vivere tutti da servi al seguito del carro del destino, padroni di esserlo e avanti popolo.

giovedì 6 settembre 2018

Carlo Calenda all'HuffPost: "Oggi per me è una giornata bellissima"

ECONOMIA
06/09/2018 18:52 CEST | Aggiornato 4 ore fa

"Ci vuole coraggio a prendere voti a Taranto promettendo la chiusura di Ilva e poi fare l’intesa con Mittal. Bravo Di Maio"

Carlo Calenda all'HuffPost: "Oggi per me è una giornata bellissima"

Nel giorno dell'Ilva Carlo Calenda giura che si congratula con Luigi Di Maio, senza polemica. "Ho visto che mi ha risposto in modo maleducato ("oggi non gli rispondo" aveva dichiarato il suo successore alle agenzie), ma va bene lo stesso. Bene che non abbia chiuso l'Ilva, come aveva promesso in campagna elettorale, bene che sia confermato il piano ambientale per Taranto, bene che i sindacati abbiano trovato l'intesa. Oggi per me è una giornata bellissima". E sull'ipotesi di illegittimità della gara l'ex ministro è tranchant: "Di Maio pubblichi il parere, oppure spieghi perché oggi è diventato complice nel delitto perfetto di Calenda".
Lei sostiene che il suo piano prevedeva più occupati. Dobbiamo pensare che i sindacati siano improvvisamente tutti impazziti?
"Per carità, non lo direi mai. I sindacati sono arrivati all'intesa in zona Cesarini. Il mio piano prevedeva che una parte dei dipendenti lavorasse per una società formata da Invitalia e gli enti locali di Genova e Taranto, e dunque prevedeva più lavoro, meno trattamenti con ammortizzatori".
Ma sapevate che il sindacato non avrebbe mai accettato che i lavoratori uscissero dal perimetro di Ilva.
"Sapevamo che stavamo garantendo più occupazione: 10.000 assunzioni Mittal e 1.500 nella Newco. Faccio notare che Mittal da sempre sostiene di riuscire a produrre con 8.500, 9.000 lavoratori: oggi siamo davvero sicuri che di qui a 5 anni ne entreranno altri? Vedremo, me lo auguro".
Difficile pensare che i suoi complimenti a Di Maio siano sinceri.
"Devo riconoscere che ci vuole coraggio a cambiare idea, ci vuole coraggio a prendere voti a Taranto promettendo la chiusura dell'impianto e poi fare l'intesa con Mittal. Per questo dico: bravo Di Maio"
Oggi si sente tradito da una parte del sindacato?
"No. Noi abbiamo fatto 32 incontri sull'Ilva. Alla fine abbiamo avanzato una proposta che era complicata da far accettare, in una situazione come quella. C'era chi voleva trattare, come Marco Bentivogli, chi preferiva passare la mano al nuovo governo. Legittimo, bene così".
Il sindacato sostiene che le garanzie dell'articolo 18 e quelle sui livelli salariali non erano mai state ottenute.
"Ecco, su questo voglio essere chiaro. Loro hanno tutto il diritto di difendere questo accordo, ci mancherebbe altro. Ma non possono farlo raccontando balle. Le garanzie sui diritti, incluso l'articolo 18, e quelle sui livelli salariali c'erano. Forse qualcuno dimentica che la bozza dell'intesa è sul sito del Mise e quindi consultabile. Io la sto diffondendo via Tweet. Basta leggerla per verificare quello che sto dicendo. Quelle garanzie erano assicurate fin dal primo giorno in cui abbiamo aperto il tavolo".
Ha qualcosa da rimproverarsi oggi sulla strategia che ha adottato in sede di negoziato?
"Assolutamente no. Sull'Ilva noi abbiamo fatto un lavoro enorme, contro molti soggetti, contro il Movimento 5 Stelle e persino contro Michele Emiliano (il quale mi pare sia sparito dopo aver protestato per la mancata convocazione al tavolo). Abbiamo fatto un percorso di successo: abbiamo trovato un soggetto pronto a investire, abbiamo tutelato l'ambiente, io come ultimo atto ho persino lasciato la cassa piena a Di Maio (uno stanziamento di 100 milioni per i commissari), che con quei soldi è riuscito a allungare per mesi la trattativa. Cosa dovevamo fare di più?"
Oggi il ministro insiste ancora sull'illegittimità della gara.
"E' semplicemente ridicolo che continui ad arrampicarsi sugli specchi, sostenendo che la gara è irregolare ma che l'affidamento è irrevocabile per l'interesse pubblico. Intanto pubblichi il parere, come ha promesso, poi ne riparliamo. La verità è che lui ha dovuto cambiare idea, e si è dovuto fare complice del delitto perfetto di Calenda".
Lei ha ringraziato i commissari e i tecnici del ministero (Simonetta Moleti, Enrico Laghi e Giampiero Castano). Pensa che in questa vicenda i tecnici abbiano superato il politico?
"I tecnici hanno superato il politico anche quando c'ero io come ministro. Sono persone eccezionalmente preparate, quel riconoscimento è riferito all'intera vicenda Ilva, non solo a questa ultima fase".
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"Ecco le carte che dimostrano le pressioni di Aiscat", ma Toninelli pubblica documenti di gennaio e marzo

Il Pd insorge, ma il ministro precisa: "Una diffida ha valore a vita, fino a che non cambia il suo oggetto"

"Aiscat smentita sui fatti", scrive il ministro Danilo Toninelli su Twitter, in un post in cui rende noti i documenti che dimostrerebbero le pressioni ricevute dal suo dicastero dall'Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori. Sono due fogli, evidenziati di giallo per mostrare esattamente con quali parole l'ente avrebbe provato a dissuadere il Mit dal desecretare gli atti sulle concessioni. C'è, però, un dettaglio: la data. Questi atti sono stati protoccolati rispettivamente l'11 gennaio e il 7 marzo, prima, cioè, che al dicastero si insediasse il ministro pentastellato.
Il post ha suscitato la reazione indignata del Pd: "Ma #Toninulla - prosegue Anzaldi - non si vergogna neanche un po'", scrive il deputato Pd Michele Anzaldi su Facebook.
In un post su Facebook Toninelli ha tenuto a precisare che un atto come la diffida ha valore fino a quando non cambi il suo oggetto: "Mi limito a dire che la diffida rimane in vita finché non cambia l'oggetto della diffida stessa, cioè la scandalosa convezione a favore di Autostrade. Quindi anche un bambino capirebbe che valeva sia prima del mio arrivo al ministero sia dopo, e cioè fino ad oggi. Una pressione a non pubblicare che continuava a produrre i suoi effetti".




Danilo ToninelliAccount verificato @DaniloToninelli
smentita dai fatti. Ecco prova delle "cortesi" pressioni per dissuadere dal pubblicare gli atti delle convenzioni. Sono parole che ovviamente hanno influenzato le strutture anche sotto la mia gestione. Ma carta canta e le bugie hanno le gambe corte.