La fine del pensiero
Non mi rassegno e penso che pensare di
mio sia il fondamento della libertà. Non dico che non sia necessario il
confronto delle idee, l'ascolto della differenza, il dialogo, la
curiosità dell'altro sono principio primo di ogni conoscenza, ma poi
bisogna pensare di proprio, decidere autonomamente, di testa propria,
senza delega, senza fuga dalla propria individuale responsabilità ed è
proprio la libertà del pensiero del singolo che rende possibile una
società libera.
Omologati al giudizio o al pregiudizio di massa finiamo con il cercare chi meglio rappresenti il nostro non pensare cedendo al rumore di parole di fumo, ai migliori interpreti di volgarità urlate, la difesa dei nostri diritti o presunti tali.
Cerchiamo leader da incoronare e non idee da perseguire mentre così i politici gongolano nel vuoto delle idee e nella frustrazione del pensiero mancante approfittando della visione assente di futuro per vendere illusioni e spesso inganni che alla fine sotterreranno la democrazia a vantaggio dei soliti noti.
Nella Chiesa è fatto collaudato da sempre, il capo gerarchicamente posto, ragiona per tutti e tutti sono "fedeli" e "credenti" solo se non contraddicono il capo pronti ovviamente tutti a cambiare "idea" una volta sepolto: sic transit gloria mundi.
La morte delle idee genera mostri e mostruosa si trasforma la quotidianità recuperando reperti del passato che sembravano consegnati ad una memoria malata riabilitandoli come necessari alla sopravvivenza, alla difesa della Patria in pericolo, della dignità di razza, di religione, di famiglia.
L'ideologia del ritorno al "decoro", i muri di Trump e di Salvini, nient'altro restano che un ritorno al già dato, conosciuto crimine che offende l'intelligenza e che comunque affascina la massa inebetita dalle paure inventate.
Sono le conseguenze di ciò che tanti avevamo previsto ma che un altro scrisse un secolo fa nella sua lucidità intellettuale:
La morte del pensiero porta le nazioni e i popoli a sentirsi perennemente aggrediti, dal doversi difendere di volta in volta dal nuovo nemico inventato ad arte per meglio controllare le pulsioni di autonomia del cittadino, torri gemelle per aprire conflitti, guerre sante e di religione, economie di protezione ed egoistiche ricette economiche di conservazione, porte sante da aprire e chiudere ogni volta che il genio ecclesiastico punta al clamore della folla più che al Vangelo da passare.
Ma è responsabile anche della quotidiana violenza figlia del "me ne frego" di ogni giorno che spinge gruppi, persone, a fronteggiarsi, a guerreggiare in una perenne contrapposizione fatta di bande, di branchi, di "condomini", di tifoserie, di cordate, di partiti, di clan che mai rispettosi della ragione degli altri, cercano con la violenza di imporre le proprie decisioni.
Cosa resterà di questi anni del pensiero tradito, i primi decenni del duemila, un secolo, un millennio che ci si augurava capace di consolidare la forza delle idee di libertà, di democrazia, di unione tra popoli? Cosa resterà del martirio di tanti che per questi valori hanno combattuto, sacrificato la vita?
Raccontare il presente di nuova schiavitù diffusa resta doloroso, di quanta ignoranza si erga a signoria di ragione, di quanta mediocrità abbia accesso al governo degli avvenimenti è avvilente, ma alla morte del pensiero si risponde con la tenacia dei pensanti, di chi ancora crede possibile la libertà. Le barricate dei visionari di bellezza saranno l'unica difesa al non senso.
Omologati al giudizio o al pregiudizio di massa finiamo con il cercare chi meglio rappresenti il nostro non pensare cedendo al rumore di parole di fumo, ai migliori interpreti di volgarità urlate, la difesa dei nostri diritti o presunti tali.
Cerchiamo leader da incoronare e non idee da perseguire mentre così i politici gongolano nel vuoto delle idee e nella frustrazione del pensiero mancante approfittando della visione assente di futuro per vendere illusioni e spesso inganni che alla fine sotterreranno la democrazia a vantaggio dei soliti noti.
Nella Chiesa è fatto collaudato da sempre, il capo gerarchicamente posto, ragiona per tutti e tutti sono "fedeli" e "credenti" solo se non contraddicono il capo pronti ovviamente tutti a cambiare "idea" una volta sepolto: sic transit gloria mundi.
La morte delle idee genera mostri e mostruosa si trasforma la quotidianità recuperando reperti del passato che sembravano consegnati ad una memoria malata riabilitandoli come necessari alla sopravvivenza, alla difesa della Patria in pericolo, della dignità di razza, di religione, di famiglia.
L'ideologia del ritorno al "decoro", i muri di Trump e di Salvini, nient'altro restano che un ritorno al già dato, conosciuto crimine che offende l'intelligenza e che comunque affascina la massa inebetita dalle paure inventate.
Sono le conseguenze di ciò che tanti avevamo previsto ma che un altro scrisse un secolo fa nella sua lucidità intellettuale:
"Il fascismo si è presentato come l'anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano". (Antonio Gramsci)Il fascismo-pensiero altra cosa dall'ideologia che seppur malata era progetto, era visione, è la morte del pensiero che permette ai nulla di sguazzare e di raccontare "cieli nuovi e terre nuove" sapendo che non sono altrove ma dentro il cuore di ciascuno, di chi davvero vuole una nuova esistenza fatta di giustizia, di pace, di solidarietà, di scambio uguale di risorse e mezzi, che non si trova se non a caro prezzo, che l'unico modo semmai di raggiungerli è viaggiando alla velocità del vero, al ritmo della verità unica via per dirsi liberi, arte sconosciuta ai venditori di fumo.
La morte del pensiero porta le nazioni e i popoli a sentirsi perennemente aggrediti, dal doversi difendere di volta in volta dal nuovo nemico inventato ad arte per meglio controllare le pulsioni di autonomia del cittadino, torri gemelle per aprire conflitti, guerre sante e di religione, economie di protezione ed egoistiche ricette economiche di conservazione, porte sante da aprire e chiudere ogni volta che il genio ecclesiastico punta al clamore della folla più che al Vangelo da passare.
Ma è responsabile anche della quotidiana violenza figlia del "me ne frego" di ogni giorno che spinge gruppi, persone, a fronteggiarsi, a guerreggiare in una perenne contrapposizione fatta di bande, di branchi, di "condomini", di tifoserie, di cordate, di partiti, di clan che mai rispettosi della ragione degli altri, cercano con la violenza di imporre le proprie decisioni.
Cosa resterà di questi anni del pensiero tradito, i primi decenni del duemila, un secolo, un millennio che ci si augurava capace di consolidare la forza delle idee di libertà, di democrazia, di unione tra popoli? Cosa resterà del martirio di tanti che per questi valori hanno combattuto, sacrificato la vita?
Raccontare il presente di nuova schiavitù diffusa resta doloroso, di quanta ignoranza si erga a signoria di ragione, di quanta mediocrità abbia accesso al governo degli avvenimenti è avvilente, ma alla morte del pensiero si risponde con la tenacia dei pensanti, di chi ancora crede possibile la libertà. Le barricate dei visionari di bellezza saranno l'unica difesa al non senso.
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