mercoledì 20 giugno 2018

Migranti ed Europa




20 giugno 2018

Giornata mondiale del rifugiato, Ocse: «Flussi migratori in calo»

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha certificato che nel 2017 l'arrivo dei migranti è diminuito per la prima volta dal 2011. Giù anche le richieste di asilo.

«Per la prima volta dal 2011, i flussi migratori verso i Paesi dell'Ocse sono in leggera diminuzione, con l'ingresso di circa 5 milioni di migranti permanenti nel 2017 (contro 5,6 milioni ne 2016)». Nessun emergenza, dunque secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. «Questa tendenza», ha aggiunto l'organismo internazionale, «si spiega essenzialmente attraverso la riduzione dell'accoglienza dei rifugiati, legata a una forte riduzione delle richieste d'asilo, con circa 1,2 milioni di richieste d'asilo registrate nel 2017 contro 1,6 milioni nel 2016» (tendenza confermata anche dai numeri del Viminale)
IMPATTI LIMITATI SUL LAVORO. Nel rapporto annuale sulle migrazioni internazionali presentato a Parigi l'Ocse ha spiegato anche che «per l'insieme dei Paesi europei», l'impatto dovuto al recente arrivo dei rifugiati avrà «conseguenze limitate» sulla popolazione attiva, con un «aumento che non supererà lo 0,4% da oggi al dicembre 2020». Tuttavia, in alcuni Paesi e segmenti particolari tra i giovani meno qualificati di Germania e Austria, l'impatto potrebbe essere più forte, fino al 15%.

La sfida dopo la crisi: «Integrare chi è rimasto»

Nel suo documento l'Ocse pone l'accento anche sulla delicata questione di come gestire l'accoglienza. Mentre «si allontana il picco della crisi dei rifugiati, periodo durante il quale la principale sfida consisteva nel fornire aiuto d'urgenza ai richiedenti asilo e ai nuovi rifugiati, entriamo in una fase complessa di promozione dell'integrazione di chi resta». A questo punto, ha scritto l'organismo, i leader politici devono far fronte «a due sfide principali: la prima è gestire lo stesso processo d'integrazione senza turbare il mercato del lavoro. Il secondo è rispondere alle preoccupazioni riguardanti l'uso abusivo dei canali di migrazione nonché la percezione che un numero crescente di lavoratori stranieri soggiorna o lavora illegalmente nei Paesi di accoglienza».
SISTEMI D'ASILO MESSI A DURA PROVA. «L'ondata di rifugiati nel biennio 2015-2016, concentrata in qualche Paese europeo, ha messo a dura prova i sistemi d'asilo, di migrazione e d'integrazione», si legge nel report. «Nonostante i considerevoli sforzi messi in campo da alcuni Paesi Ue la crisi dei rifugiati ha rivelato un certo numero di debolezze nella capacità dei Paesi di accoglienza di far fronte a un flusso tanto importante e imprevisto di persone con bisogno di protezione. Anticipare questi flussi, coordinare la risposta tra i vari livelli di governo e condividerne le responsabilità era difficile. In un certo numero di casi i migranti vulnerabili di recente arrivo hanno ricevuto un sostegno tardivo»
OCSE: «CONSIDERARE INQUIETUDINI DEI CITTADINI». Nonostante questo l'onda del 2015 ha portato a dei cambiamenti: «A livello regionale, anche se molto resta ancora da fare, gli sforzi dispiegati, in particolare dalla Commissione europea, per coordinare efficacemente e intensificare la risposta alla crisi dei rifugiati vanno salutati positivamente». Infine l'appello dell'Ocse a tenere conto delle preoccupazioni dei cittadini: «Ignorare l'inquietudine del pubblico rispetto all'impatto economico e sociale della migrazione, benché questo impatto sia statisticamente marginale, oppure i timori rispetto all'assenza di controllo sulla gestione migratoria, benché ampiamente sopravvalutato, potrebbe impedirci di realizzare l'azione di cooperazione in uno spirito pragmatico e costruttivo».

Il nodo dei ricollocamenti: solo 34 mila da settembre 2015

Nel suo rapporto l'Ocse parla anche della difficile questione dei ricollocamenti. La politica Ue di ripartizione dei rifugiati avviata nel 2015 per alleggerire il peso sull'Italia e la Grecia ha «dovuto scontrarsi con problemi di attuazione il primo anno (con solo 5.700 rilocalizzazioni), registrando uno sviluppo considerevole nel secondo anno. Tuttavia nell'Ue le «politiche di ricollocamento e ripartizione dei rifugiati restano un motivo di dibattito».
TRE PROCEDURE DI INFRAZIONE NEL 2015. Nel settembre 2015, in piena crisi, venne deciso di ricollocare fino a 40 mila e 120 mila richiedenti asilo per alleggerire il lavoro di Roma e Atene. Tra quella data e il marzo 2018, ha precisato l'Ocse, «circa 34 mila persone sono state ricollocate (12 mila dall'Italia e 21.800 dalla Grecia) nel quadro di questo programma». L'organismo internazionale ricorda inoltre che alcuni Stati membri si sono «opposti alla rilocalizzazione» e la «Commissione Ue ha adottato tre procedure d'infrazione» contro Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia che avevano «rifiutato di partecipare al programma o interrotto la loro partecipazione».

Il caso italiano: sbarchi in diminuzione del 34%

Nel suo documento l'Organizzazione ha anche dedicato un passaggio all'Italia, disinnescando la narrativa che parla di invasione. «Nel 2017, 119 mila migranti sono arrivati in Italia per via marittima, il 34% in meno rispetto al 2016 e il 22% in meno rispetto al 2015». «Questo calo», ha scritto l'Ocse, «segue gli accordi Italia-Libia firmati a inizio 2017 che limitano i flussi migratori di provenienza dall'Africa. I principali Paesi di origine restano la Nigeria, la Guinea e la Costa d'Avorio».
NEL 2017 ARRIVATI 11 MILA MINORI. Nel 2017 un gran numero di migranti sbarcati sulle coste italiane erano minori non accompagnati (circa 16 mila), principalmente africani, nonostante una riduzione del 39% rispetto al 2016. Per l'Ocse inoltre nel 2017 l'Italia «ha accolto oltre 130 mila richiedenti asilo (10 mila in più rispetto al 2016). Erano principalmente di nazionalità nigeriana (18%), cingalese (10%) e pakistana (7.5%). Il numero di minori soli raggiungeva praticamente i 18.300 alla fine dell'anno».
DIMEZZATI I PERMESSI DI SOGGIORNO. Inoltre, prosegue l'organismo per lo sviluppo e la cooperazione economica, tra il 2016 e il 2017, circa 226 mila primi permessi di soggiorno sono stati rilasciati dall'Italia, praticamente la metà rispetto al 2007 (515 mila). Come nel corso degli anni precedenti solo il 4% dei nuovi permessi sono stati rilasciati a titolo professionale, contro il 46% per motivi familiari. All'inizio del 2017, un terzo del totale dei permessi di soggiorno rilasciati in Italia era per motivi d'asilo o umanitari, contro il 28% nel 2015-2016. Le comunità di immigrati presenti da lungo tempo in Italia (come gli albanesi, i marocchini, i tunisini) tendono a ottenere permessi per motivi familiari, mentre alcuni stranieri di nazionalità di immigrazione più recente (cinesi, cingalesi, peruviani) sono in maggioranza titolari di un permesso di soggiorno per motivi professionali.
AUMENTANO GLI ITALIANI ESPATRIATI. Ma nel suo rapporto l'Ocse parla anche degli italiani che hanno laciato il nostro Paese: «Un numero crescente di italiani», scrive infatti l'organizzazione, «ha lasciato il proprio Paese. Il numero di cittadini italiani che ha dichiarato di aver trasferito la residenza all'estero è aumentata di oltre l'11%, passando da 102 mila nel 2015 a 114 mila nel 2016». Inoltre, per l'organismo internazionale, «l'emigrazione dichiarata è probabilmente molto inferiore all'emigrazione reale: l'emigrazione di italiani nel 2016 sarebbe piuttosto compresa tra 125 mila e 300 mila persone».

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