Pellegrino Artusi e l'identità italiana in cucina
Lo studioso, nato il 4 agosto 1820, con la
sua raccolta best seller di ricette e aneddoti contribuì alla formazione
del sentimento nazionale. Dove la tavola da sempre occupa un posto
d'onore. E il libro ancora oggi è un must per appassionati e
professionisti.
È stato lo chef degli chef, il gastronomo che ha dato un sistema
organico alle pietanze italiane, raccogliendone quasi 800 nel suo libro
più noto da cui nessun cuoco può prescindere: La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene,
il ricettario più famoso della cucina del Bel Paese, che non contiene
solo istruzioni per preparare i cibi ma è anche un invito al gusto e
all’arte del convivio. Pellegrino Artusi, nato il 4 agosto a
Forlimpopoli (197 anni fa), era figlio di un droghiere. Studiò al
seminario di Bertinoro e poi all’Università di Firenze. Dopo avere
aiutato il padre nel suo commercio, nel 1852 si trasferì a Firenze e
l’anno successivo a Livorno. Il trasferimento avvenne dopo che la sua
famiglia aveva subìto l’assalto della banda dei briganti guidati da
Stefano Pelloni, detto il Passatore.
L'IDENTITÀ ITALIANA A TAVOLA. A Firenze frequentò gli ambienti letterari, dando alle stampe nel 1878 una Vita di Ugo Foscolo e tre anni dopo le Osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti. Ma la sua fama è legata a La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, un’opera che ebbe immediato e duraturo successo, le cui ricette sono desunte principalmente dalla cucina tradizionale toscana e romagnola ed esposte con un linguaggio ricco di considerazioni e di aneddoti. Un’opera importante perché nel trattare la cucina popolare facendola divenire arte riservata alle famiglie borghesi contribuì alla costruzione dell’identità italiana, dove un posto fondamentale è occupato dalla buona tavola.
L'IDENTITÀ ITALIANA A TAVOLA. A Firenze frequentò gli ambienti letterari, dando alle stampe nel 1878 una Vita di Ugo Foscolo e tre anni dopo le Osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti. Ma la sua fama è legata a La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, un’opera che ebbe immediato e duraturo successo, le cui ricette sono desunte principalmente dalla cucina tradizionale toscana e romagnola ed esposte con un linguaggio ricco di considerazioni e di aneddoti. Un’opera importante perché nel trattare la cucina popolare facendola divenire arte riservata alle famiglie borghesi contribuì alla costruzione dell’identità italiana, dove un posto fondamentale è occupato dalla buona tavola.
Nel 1891 Artusi decise di far stampare il libro a spese proprie e,
con sua grande soddisfazione, in breve tempo le mille copie di questa
prima edizione andarono esaurite. Ben 15 furono le ristampe e le
revisioni che si susseguirono fino al 1911 (anno della morte di Artusi)
quando il libro era già arrivato a vendere il numero record, per quei
tempi, di 1 milione e 200 mila copie. Fu tradotto in sette lingue.
«Vinto dalle insistenze di molti miei conoscenti», si legge nella
prefazione, «e di signore che mi onorano della loro amicizia, mi decisi
finalmente di pubblicare il presente volume, la cui materia, già
preparata da lungo tempo, serviva per solo mio uso e consumo. Ve l’offro
dunque da semplice dilettante qual sono, sicuro di non ingannarvi,
avendo provati e riprovati più volte questi piatti…».
DISCIPLINA ANTI-SPRECHI. In un’epoca in cui le ricette erano tramandate oralmente e la prevalenza della cucina francese era ancora solida e radicata, la novità del libro di Artusi apparve subito come rivoluzionaria, con il suo forte contributo a dare alla cucina italiana un corpus unico e fino ad allora sconosciuto (l’unità italiana era stata raggiunta solo qualche decennio prima). Altra caratteristica importante del libro è la presenza di norme igieniche e nutrizionali, probabilmente dovuta all'intenzione dell'autore di legare l’arte culinaria alla salute e al benessere. Notevoli anche i suggerimenti finalizzati al riutilizzo degli avanzi, promuovendo una sorta di disciplina anti-sprechi che appare ancora oggi utilissima.
DISCIPLINA ANTI-SPRECHI. In un’epoca in cui le ricette erano tramandate oralmente e la prevalenza della cucina francese era ancora solida e radicata, la novità del libro di Artusi apparve subito come rivoluzionaria, con il suo forte contributo a dare alla cucina italiana un corpus unico e fino ad allora sconosciuto (l’unità italiana era stata raggiunta solo qualche decennio prima). Altra caratteristica importante del libro è la presenza di norme igieniche e nutrizionali, probabilmente dovuta all'intenzione dell'autore di legare l’arte culinaria alla salute e al benessere. Notevoli anche i suggerimenti finalizzati al riutilizzo degli avanzi, promuovendo una sorta di disciplina anti-sprechi che appare ancora oggi utilissima.
Tra gli antipasti prediletti da Artusi ostriche, salumi, prosciutto, salame, mortadella, lingua, acciughe, sardine, caviale, mosciame
Si devono a Pellegrino Artusi le indicazioni del preparare un buon
brodo, un minestrone molto ricco (ci inserisce il battuto di
prosciutto), una vasta gamma di maccheroni (alla francese col formaggio,
alla napoletana con il sugo di carne, ancora alla napoletana con il
sugo di solo pomodoro, alla bolognese, alla siciliana con le sarde). Non
solo: ebbe anche il merito di elencare gli ingredienti giusti per gli
antipasti: «Quelle cosette appetitose che si servono o dopo la minestra,
come si usa in Toscana, o prima, come si pratica in altre parti
d’Italia».
IL GIRO D'ITALIA DEI DOLCI. Ecco cosa si può servire come antipasto: «Ostriche, salumi, prosciutto, salame, mortadella, lingua, acciughe, sardine, caviale, mosciame (che è la schiena salata del tonno)». Molte ricette sono dedicate alla preparazione dei dolci, offrendo un ampio ventaglio di prelibatezze che tengono conto delle tradizioni dei vari territori della Penisola: si va dal dolce alla napoletana al panettone Marietta, dal pane bolognese ai ricciarelli di Siena, dalle fave dei morti o alla romana fino agli amaretti, ai brigidini, alle lingue di gatto.
IL GIRO D'ITALIA DEI DOLCI. Ecco cosa si può servire come antipasto: «Ostriche, salumi, prosciutto, salame, mortadella, lingua, acciughe, sardine, caviale, mosciame (che è la schiena salata del tonno)». Molte ricette sono dedicate alla preparazione dei dolci, offrendo un ampio ventaglio di prelibatezze che tengono conto delle tradizioni dei vari territori della Penisola: si va dal dolce alla napoletana al panettone Marietta, dal pane bolognese ai ricciarelli di Siena, dalle fave dei morti o alla romana fino agli amaretti, ai brigidini, alle lingue di gatto.
LA MODA DELLA CUCINA PER «STOMACI DEBOLI». Artusi dedicò anche una parte del suo libro a chi soffriva di problemi di digestione: «Ora si sente spesso parlare della cucina per gli stomachi deboli, la quale pare sia venuta di moda. Bisognerà quindi dirne due parole senza pretendere co' miei precetti né di rinforzare, né di appagare questi stomachi di carta. Non è facile indicare con precisione scientifica quali siano i cibi che più convengono ad un individuo indebolito dagli anni, dalle malattie, dagli stravizi o debole per natura, perché abbiamo a competere con un viscere capriccioso qual è lo stomaco, ed anche perché ci sono alcuni che digeriscono con facilità ciò che ad altri è indigesto. Nonostante mi studierò indicare quei cibi che, a mio parere, più convengono ad uno stomaco fiacco e di non facile digestione…».
ONORA LE FESTE (NEL MODO GIUSTO). Infine ancora ad Artusi si deve il menu tradizionale delle feste, tramandato in quella forma per generazioni: cappelletti, cappone e panforte a Natale; minestra in brodo, cotolette fritte, anatra e Dolce Torino (una sorta di tiramisù) a Capodanno; arrosto e dolce di marzapane per il giorno della Befana. Con un’avvertenza importante: al di là del menu scelto, per Pellegrino Artusi l’importante era onorare la festa nel modo giusto. «Tutte le società, tutte le feste/ cominciano e finiscono in pappate/e prima che s’accomodin le teste/ voglion essere le pance accomodate»
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