Io che non ho rinnovato la tessera del Pd vi spiego perché la sinistra non può escludere il popolo dem
Il partito non è solo Renzi. E liquidare
milioni di elettori come avversari è una mossa senza senso. Anche perché
i tanti leader sulla scena non stanno proponendo idee alternative
valide. E risolutive.
Per non essere equivocato premetto che tre anni fa ho ritenuto di non
rinnovare la tessera del Pd, verso le cui politiche e cultura non
sentivo alcuna adesione. La questione del Pd non l’affronterei, però,
nei termini in cui la vedo affrontata qua e là. Ecco tre considerazioni.
Il Pd non è solo Renzi
Il Pd non è solo Renzi, ma una realtà variegata in cui si ritrova una
quarto della popolazione italiana. Ciascuno conosce persone
sinceramente di sinistra che non seguono la politica con l’intensità con
cui la seguiamo noi, ma occasionalmente e per quanto consentito (poco)
dalle loro vicende quotidiane. Molte votano Pd direi per un riflesso
atavico leninista, in quanto questo partito è l’erede di una vicenda
storica della sinistra (parlo delle loro percezioni non dei miei
giudizi). Se vanno al gazebo possono votare Renzi con lo stesso riflesso
condizionato. Li ritengo numerosissimi.
UN VOTO ANTI-DESTRA O DI SENTIMENTO. Altri, più vicini alla politica, sono all’interno della galassia Pd perché pensano che indebolire il partito principe perno del sistema sia solo un modo che spianare la strada alla destra o ai populisti, o per puro sentimentalismo. Molti giovani sono lì perché lì hanno il gruppo generazionale di riferimento e auto-organizzazione e lì sono nati politicamente; la scissione non fa parte del loro imprintig. Poi, in questo partito c’è tutt’altro (estraneo alla sinistra) su cui è meglio sorvolare, ma, c’è anche un pezzo di un’opinione liberal democratica che si rivolge a esso in mancanza di offerte politiche e di governo convincenti. Che facciamo? Tutti costoro li regaliamo a uno schieramento avverso? Li dichiariamo indisponibili a un percorso di sinistra e nostri avversari irriducibili? In molte reazioni prepolitiche che trovo in Rete è così.
CRITICA E VOLONTÀ DI RICOMPATTARSI. La situazione però è delicatissima perché, mentre non possiamo che essere radicalmente critici (e forse anche tranchant) verso la dirigenza del Pd, dobbiamo prospettivamente ricomprendere una parte di questo partito in un cammino comune di sinistra. Ma i distinguo non sono semplici perché questa parte appartiene, in una forma o nell’altra, al Pd, mentre, attaccando frontalmente questo partito, collocandolo in blocco nell’altro versante della barricata e dichiarandolo irrimediabilmente perso e nemico giurato, finiamo per relegare questa parte a una difesa della sua collocazione. La critica feroce, puntuale, di merito e di scelte culturali che deve investire il Pd deve sempre ricomprendere l’ipotesi che ci si possa ritrovare assieme in un cammino radicalmente diverso da dove l’ha portato Renzi. È un filo del rasoio sottilissimo che i nervi scoperti della sinistra (e talvolta l’infantilismo) rendono difficile percorrere.
UN VOTO ANTI-DESTRA O DI SENTIMENTO. Altri, più vicini alla politica, sono all’interno della galassia Pd perché pensano che indebolire il partito principe perno del sistema sia solo un modo che spianare la strada alla destra o ai populisti, o per puro sentimentalismo. Molti giovani sono lì perché lì hanno il gruppo generazionale di riferimento e auto-organizzazione e lì sono nati politicamente; la scissione non fa parte del loro imprintig. Poi, in questo partito c’è tutt’altro (estraneo alla sinistra) su cui è meglio sorvolare, ma, c’è anche un pezzo di un’opinione liberal democratica che si rivolge a esso in mancanza di offerte politiche e di governo convincenti. Che facciamo? Tutti costoro li regaliamo a uno schieramento avverso? Li dichiariamo indisponibili a un percorso di sinistra e nostri avversari irriducibili? In molte reazioni prepolitiche che trovo in Rete è così.
CRITICA E VOLONTÀ DI RICOMPATTARSI. La situazione però è delicatissima perché, mentre non possiamo che essere radicalmente critici (e forse anche tranchant) verso la dirigenza del Pd, dobbiamo prospettivamente ricomprendere una parte di questo partito in un cammino comune di sinistra. Ma i distinguo non sono semplici perché questa parte appartiene, in una forma o nell’altra, al Pd, mentre, attaccando frontalmente questo partito, collocandolo in blocco nell’altro versante della barricata e dichiarandolo irrimediabilmente perso e nemico giurato, finiamo per relegare questa parte a una difesa della sua collocazione. La critica feroce, puntuale, di merito e di scelte culturali che deve investire il Pd deve sempre ricomprendere l’ipotesi che ci si possa ritrovare assieme in un cammino radicalmente diverso da dove l’ha portato Renzi. È un filo del rasoio sottilissimo che i nervi scoperti della sinistra (e talvolta l’infantilismo) rendono difficile percorrere.
Bene il welfare ma occhio al debito
Seconda considerazione. Riguarda l’economia del Paese. Che c’entra
nella questione? C’entra eccome. A volte mi sembra che la sinistra in
varie sue componenti (forse non coloro che hanno avuto esperienze di
governo) manchi della consapevolezza che anche l'Italia viaggia su un
filo del rasoio e che potrebbe imbattersi, anche presto, in una crisi da
debito. È facile reclamare più politiche sociali e redistributive (e lo
si deve fare con decisione) ma guai a perdere di vista che siamo in un
vicolo stretto da cui non possiamo sfuggire e che se il debito non
scende e l’economia non cresce non ci sono prospettive rosee. Come
sinistra, non siamo a zero nell’individuazione di un linea alternativa,
ma nemmeno a 10 (e forse nemmeno a 6).
MANCANO IDEE ALTERNATIVE. Abbiamo ovviamente qualche idea (sarebbe opportuno tirala fuori!) e sappiamo perfettamente gli errori commessi da Renzi, ma si tratta pur sempre della necessità di sfruttare ogni singolo e piccolo spazio per creare occupazione, crescere e redistribuire. Ma non abbiamo a disposizione idee risolutive e a portata di mano sulle quali chiamare il Paese. Una patrimoniale per ciò che è gestibile rende poco, a meno che non sia espropriativa (ma con quali coalizioni si può sostenere?). L'uscita dall'euro precipiterebbe il Paese in una crisi epocale che ci condannerebbe a 10 anni di disoccupazione di massa (guai sul punto a esser ambigui per infantilismo). Conquistarci crescita a suon di debiti è illusorio. Una cosa è certa: occorre cambiare registro. Poi, non c’è solo il contenuto delle politiche, ma anche la necessità che il Paese sia governato nel merito e non a suon di "trovate" coordinando gli attori, monitorando pezzo per pezzo l’implementazione delle politiche, stabilendo le priorità, chiamando ciascuno quotidianamente alle sue responsabilità, cioè col bisturi e non con l’accetta. E questo vale per le politiche per il Mezzogiorno così come per la Ricerca, l’Università, le scuole professionali, il trasferimento tecnologico, il sistema delle piccole e medie imprese, il welfare. Il problema è che su questa capacità di governo dei processi (ce l’abbiamo?) è difficile costruire parole d’ordine penetranti.
INCONSAPEVOLEZZA UMANISTICA. A me sembra che chi prende la scena nella sinistra, specie se di cultura umanistica, sia lontano dalla consapevolezza che siamo in un terreno minato e in una situazione complessa e ingarbugliata, dalla quale ci si può tirare fuori con pazienza, gradualità, ma inflessibilità nelle direzioni di marcia e nel perseguimento degli obiettivi. Non è possibile ignorarla come se tutto fosse a portata di mano e di volontà politica. Altrettanto lontana appare la consapevolezza dell’ampiezza delle coalizioni sociali e della forza d’urto politica necessaria a conquistare anche singoli pezzetti di un programma di sinistra. Senza tenere bene a mente questo quadro e senza portarlo in evidenza (cosa che non ho sentito fare a nessuno dei tanti leader) si può sempre aggiungere + 1, ma a che serve? A sentirsi veramente radicali? A marcare i desiderata di una forza culturalmente di opposizione?
MANCANO IDEE ALTERNATIVE. Abbiamo ovviamente qualche idea (sarebbe opportuno tirala fuori!) e sappiamo perfettamente gli errori commessi da Renzi, ma si tratta pur sempre della necessità di sfruttare ogni singolo e piccolo spazio per creare occupazione, crescere e redistribuire. Ma non abbiamo a disposizione idee risolutive e a portata di mano sulle quali chiamare il Paese. Una patrimoniale per ciò che è gestibile rende poco, a meno che non sia espropriativa (ma con quali coalizioni si può sostenere?). L'uscita dall'euro precipiterebbe il Paese in una crisi epocale che ci condannerebbe a 10 anni di disoccupazione di massa (guai sul punto a esser ambigui per infantilismo). Conquistarci crescita a suon di debiti è illusorio. Una cosa è certa: occorre cambiare registro. Poi, non c’è solo il contenuto delle politiche, ma anche la necessità che il Paese sia governato nel merito e non a suon di "trovate" coordinando gli attori, monitorando pezzo per pezzo l’implementazione delle politiche, stabilendo le priorità, chiamando ciascuno quotidianamente alle sue responsabilità, cioè col bisturi e non con l’accetta. E questo vale per le politiche per il Mezzogiorno così come per la Ricerca, l’Università, le scuole professionali, il trasferimento tecnologico, il sistema delle piccole e medie imprese, il welfare. Il problema è che su questa capacità di governo dei processi (ce l’abbiamo?) è difficile costruire parole d’ordine penetranti.
INCONSAPEVOLEZZA UMANISTICA. A me sembra che chi prende la scena nella sinistra, specie se di cultura umanistica, sia lontano dalla consapevolezza che siamo in un terreno minato e in una situazione complessa e ingarbugliata, dalla quale ci si può tirare fuori con pazienza, gradualità, ma inflessibilità nelle direzioni di marcia e nel perseguimento degli obiettivi. Non è possibile ignorarla come se tutto fosse a portata di mano e di volontà politica. Altrettanto lontana appare la consapevolezza dell’ampiezza delle coalizioni sociali e della forza d’urto politica necessaria a conquistare anche singoli pezzetti di un programma di sinistra. Senza tenere bene a mente questo quadro e senza portarlo in evidenza (cosa che non ho sentito fare a nessuno dei tanti leader) si può sempre aggiungere + 1, ma a che serve? A sentirsi veramente radicali? A marcare i desiderata di una forza culturalmente di opposizione?
In un Paese di destra l'obiettivo è il controllo
La terza considerazione riguarda la società. L’Italia è un Paese che
inclina a destra nei suoi orientamenti politici. È questione della sua
storia, di un eccesso di piccola borghesia, di una maturazione
democratica mai completata dopo il fascismo, di tanti privilegi
conquistati che la sinistra potrebbe mettere in discussione, di residui
di un tradizionalismo religioso, della jacquerie ribellistica,
del lento sviluppo del Mezzogiorno e così via. Adesso si aggiungono temi
dell’immigrazione e della sicurezza. La sinistra, come noi la
intendiamo, è una minoranza; lo è nel complesso e soprattutto in quelle
frange che ne rivendicano la “purezza”.
TESTIMONIANZA MA NON PER PRINCIPIO. È importante costruire una forza socialdemocratica che ponga una diversa ipotesi politica rispetto a quella posta dal Pd, ma sapendo che l’incidenza di questa forza nel governo della società italiana potrà essere come forza di controllo, di imposizione di alcuni indirizzi e tematiche e di veto verso altri. Avrà a che fare con pezzi del suo progetto ma difficilmente avrà la consistenza elettorale per realizzarlo. Può essere anche forza di testimonianza se le circostanze la costringono a essere tale, mai per vocazione o per principio o splendido isolamento. E ovvio che l’incidenza sarà tanto maggiore quanto è maggiore il radicamento.
TESTIMONIANZA MA NON PER PRINCIPIO. È importante costruire una forza socialdemocratica che ponga una diversa ipotesi politica rispetto a quella posta dal Pd, ma sapendo che l’incidenza di questa forza nel governo della società italiana potrà essere come forza di controllo, di imposizione di alcuni indirizzi e tematiche e di veto verso altri. Avrà a che fare con pezzi del suo progetto ma difficilmente avrà la consistenza elettorale per realizzarlo. Può essere anche forza di testimonianza se le circostanze la costringono a essere tale, mai per vocazione o per principio o splendido isolamento. E ovvio che l’incidenza sarà tanto maggiore quanto è maggiore il radicamento.
Se guardiamo oltre le attuali contingenze, in cui il Pd è proiettato
in politiche populiste e di ispirazione liberista (che ci respingono), è
indubbio che l’unico asse politico disponibile al Paese (in
contrapposizione al blocco conservatore-reazionario) è un’alleanza tra
un centro democratico che guarda a sinistra e una forza di sinistra di
genuino stampo socialista, popolare ed europeista, intransigente sui
principi. Questa va data come prospettiva, perché non ha alternativa nel
futuro prevedibile. Il Pd così com’è potrebbe essere inservibile a
questa prospettiva, ma non si può rinunciare a incalzarlo e a volerlo
impegnare in un governo che guidi il Paese con una inequivocabile
impronta di sinistra.
SETTE OSSERVAZIONI. Quell’alleanza era già interna al Pd: bastava riconoscerla, cementarla, valorizzarla. Ma occorreva tutt’altra intelligenza, cultura politica e visione, non la fredda determinazione di spingere quel centro-sinistra interno di fatto all’opposizione. L’illusione di godere di una rendita di posizione ha portato il Pd ad accentuare i caratteri a-ideologici per ammiccare a un ceto moderato che in Italia non c’è, perché le idee che appartengono all’area moderata sono inflessibilmente avverse alla regolazione, allo Stato, ai sindacati e alla tassazione, se non peggio. Qualcuno potrà chiedermi: ma allora cosa hai voluto dire in tutto ciò?
1. Che Pisapia ha avuto un’intuizione giusta ma che non poteva gestire le cose peggio di come ha fatto, dando luogo a ambiguità, oscillazioni, confusione; facendo nascere l’idea che volessecontribuire a una copertura a sinistra del Pd.
2. Che è necessario immediatamente elaborare un profilo di governo per le forze di sinistra, con le discriminanti che quel profilo pone.
3. Che si dia il senso ai militanti delle serie difficoltà della situazione economica.
4. Che si ponga fine alle schermaglie politicistiche per ragionare su altri assi: l’Italia e il suo futuro politico, economico e strutturale.
5. Che le forze più “pure” della sinistra la smettano di vivere nell’ossessione del Pd diventato innominabile, perché senza conquistare a sinistra la disponibilità del Pd e del suo elettorato l’Italia non la si cambia neppure di un millimetro. Elaborino anche loro un profilo realistico di governo e non di pura testimonianza, che non serve.
6. Si definisca cosa si intende per profilo di centro-sinistra su cui valutare le posizioni da prendere in campagna elettorale e nella nuova legislatura.
7. Ci si ispiri al miglior Togliatti (che avrebbe fatto lui?)
SETTE OSSERVAZIONI. Quell’alleanza era già interna al Pd: bastava riconoscerla, cementarla, valorizzarla. Ma occorreva tutt’altra intelligenza, cultura politica e visione, non la fredda determinazione di spingere quel centro-sinistra interno di fatto all’opposizione. L’illusione di godere di una rendita di posizione ha portato il Pd ad accentuare i caratteri a-ideologici per ammiccare a un ceto moderato che in Italia non c’è, perché le idee che appartengono all’area moderata sono inflessibilmente avverse alla regolazione, allo Stato, ai sindacati e alla tassazione, se non peggio. Qualcuno potrà chiedermi: ma allora cosa hai voluto dire in tutto ciò?
1. Che Pisapia ha avuto un’intuizione giusta ma che non poteva gestire le cose peggio di come ha fatto, dando luogo a ambiguità, oscillazioni, confusione; facendo nascere l’idea che volessecontribuire a una copertura a sinistra del Pd.
2. Che è necessario immediatamente elaborare un profilo di governo per le forze di sinistra, con le discriminanti che quel profilo pone.
3. Che si dia il senso ai militanti delle serie difficoltà della situazione economica.
4. Che si ponga fine alle schermaglie politicistiche per ragionare su altri assi: l’Italia e il suo futuro politico, economico e strutturale.
5. Che le forze più “pure” della sinistra la smettano di vivere nell’ossessione del Pd diventato innominabile, perché senza conquistare a sinistra la disponibilità del Pd e del suo elettorato l’Italia non la si cambia neppure di un millimetro. Elaborino anche loro un profilo realistico di governo e non di pura testimonianza, che non serve.
6. Si definisca cosa si intende per profilo di centro-sinistra su cui valutare le posizioni da prendere in campagna elettorale e nella nuova legislatura.
7. Ci si ispiri al miglior Togliatti (che avrebbe fatto lui?)
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