Grillo e Salvini non salvano l'Italia: ne sfregiano
l'identità
Dichiarando guerra all'Ue,
mettono in discussione un percorso seguito dalla nascita dello Stato
unitario. Con varia intensità e una sola lunga parentesi: il ventennio
fascista. Costasse poco direi "accomodatevi".
In un mondo ideale gli italiani il 4 dicembre andrebbero a
votare su una riforma costituzionale e basta. In un mondo che è quello
che è si vota per molto altro. Alla fine tanti sceglieranno nel merito della riforma,
ma determinerà l’esito la conta tra chi è così contro Matteo Renzi da prendersi
Beppe Grillo e chi non vuole saperne del comico come demiurgo di un nuovo
governo (il ruolo che piace a Grillo è quello di ispirare senza il rischio di
espiare) al punto da tenersi, per ora, il premier. Non è così? E allora come
mai Grillo, arbiter elegantiarum, ha detto che Renzi è «una scrofa ferita» e quindi gli tocca il colpo di grazia?
È un passaggio costituzionale?
SIAMO A UN BIVIO STORICO. Questo sarà il più
importante voto politico italiano dopo quello Est-Ovest del 1948 e quello del 1976 (quando Enrico Berlinguer mancò il
sorpasso) e come tale è seguito all’estero. Tutto però è molto meno chiaro di
allora. E un voto-ombra politico affiancato a un referendum non aiuta: i
termini costituzionali sono più o meno chiari, ma per il resto non ci sono
candidati, non ci sono programmi, solo slogan, urla, offese. C’è più lotta politica che
Costituzione. Rivolta contro i leader. All’ombra di altri leader o aspiranti
tali. Grillo mette tutto sul tavolo, generazioni presenti e future, ambiente,
gasdotti, libertà, democrazia, autonomia nazionale. Finché non comanderà lui
(dietro le quinte) saremo in una dittatura, dice. Lo fa anche Silvio
Berlusconi, preoccupato pure lui di una «deriva autoritaria». Ma guarda.
CHI VOTA "SÌ"? «FESSO» O «VENDUTO». Programmi
- o meglio annunci - così vasti, filosofici, urlati in nome della morale, come
sono quelli di Grillo, predicano un “nuovo” che essendo del tutto astratto può
credere di difendere l’universale. La stessa dignità dell’uomo, insomma, che
oggi sarebbe schiavo. Forse in parte è vero. Ma sarebbe una storia lunga e non
solo italiana. Ci libererà Grillo in quattro mosse? Tanto zelo insospettisce
non sull’onestà di chi lo professa, ma sul suo equilibrio. Una parte dei
sostenitori del "No", una parte solo per fortuna, è così convinta
della bontà della propria scelta e così incapace di accettare un parere
contrario da diventare settaria e maleducata. Chi propende per il
"Sì"? Un fesso. Se giornalista o simile, un venduto.
Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi.
Sul Senato si è persa l’occasione di seguire alla lettera il
modello del Bundesrat tedesco , e quindi il Senato è smagrito ma i suoi poteri
ridotti in modo ambiguo e quindi alla fine possibile causa di confusione. Su
questo e altro di costituzionale si andrà a votare ma fra i possibili risultati
abbiamo anche: un voto politico anticipato con una vittoria, grazie anche
all’Italicum, di una parte del variegato fronte del "No", i 5 Stelle
magari alleati di fatto con Matteo Salvini a sostenere un governo dal volto
oggi ignoto (qualcuno può escluderlo categoricamente di questi tempi?); il
reddito di cittadinanza offerto non si sa da chi («i soldi si trovano», tuona
Grillo); strategie rischiose sul debito pubblico; un referendum sull’euro.
Dovesse passare, avremmo il ritorno alla lira, la fine dell’euro, la fine della
Ue. Se questo per miracolo non accadesse, un’Italia isolata, auto isolata.
Visto il nostro abnorme debito pubblico, gli altri non ci piangerebbero troppo
sopra.
GRILLO HA LIMITI DI COMPRENSIONE. La lira era una
volta la liretta e per 15 anni circa non ci ha servito male ma dal 1964 ha
richiesto le stampelle del Fondo Monetario, degli Stati Uniti, dell’Europa
perché in media ogni 10 anni è stata svalutata pesantemente e negli ultimi 30
della sua esistenza in quasi costante erosione di valore. Questo ha aiutato
l’export, ha aperto un fronte (compensato da altro, ma l’ha aperto) di
impoverimento del reddito fisso italiano e di chiunque non vendesse all’estero
e ha drogato monetariamente il nostro sistema. Oggi aiuterebbe davvero l’export
se fosse in continua svalutazione, perché l’export drogato (non quello sano,
che per fortuna anche abbiamo) di questo ha bisogno. I risultati sono
prevedibili. Per resistere, passata l’adrenalina iniziale da svalutazione,
dovremmo vendere tanto e comperare poco. Si chiama autarchia. Ma è impossibile
da spiegare a Salvini, Grillo e ad almeno 10 milioni di loro estimatori. Devono
provare. Costasse poco diremmo "accomodatevi".
PIÙ CHE PATRIOTTICI, NAZIONALISTI. Lega e 5 Stelle lo
chiedono, il ritorno alla lira, simbolo della nazione. Sono ragazzi molto
nazionalisti, che è qualcosa di più che patriottici. I grillini da qualche
settimana ne parlano meno, ma basta un’occhiata al Blog per cogliere gli umori
veri. Quindi c’è anche la scelta tra partenariato europeo, incagliato ma non
certo da liquidare, e via nazionale. Sarebbe l’uscita da un percorso che
l’Italia ha seguito, con varia intensità e una sola lunga interruzione, dalla
nascita dello Stato unitario a oggi. È stato il percorso di un aggancio
all’Europa tipico di un Paese ultimo arrivato. Siamo stati all’inizio uno stato
“cliente” della Francia, militarmente (senza le loro truppe non avremmo mai nel
1859 battuto gli austriaci) e finanziariamente. L’orbita britannica nel
Mediterraneo ci ha profondamente influenzato, attratto e irritato. Poi ci siamo
avvicinati alla Germania e all’Austria. A Prima guerra mondiale iniziata siamo
passati con Francia e Gran Bretagna. Giri di valzer.
Il leader della Lega Matteo Salvini.
La partita con le altre nazioni europee per infiniti motivi
è stata sempre intensissima. Dopo la Seconda guerra arrivava la inedita e
strettissima collaborazione, anche istituzionale e con cessioni di sovranità,
con Ceca dai primissimi Anni 50 e poi Mec e poi Ue. E infine l’Uem, con l’euro.
Di cui abbiamo disperatamente voluto far parte. Unica parentesi contraria in
questo percorso, il nazionalismo mussoliniano, dal 22 al disastroso esito del
1943. È un dato storico.
LO ZELO DEGLI UNTI DEL SIGNORE. La linea che Salvini
(in modo più chiaro) e Grillo (in modo volteggiante) propongono è strettamente
nazionale. Anche da sinistra e da destra il "No" fa appello
all’indipendenza nazionale. Angela Merkel, dicono, sostiene Renzi perché vuole
tenere l’Italia in sottordine (e Barack Obama?). Facciamoci i fatti nostri.
Già. Quindi l’esatto contrario di quello che sei nazioni prima, e poco meno di
30 oggi (troppe), hanno cercato di fare in Europa, affermando che i fatti
nostri sono sempre più fatti dell’Unione. Salvini e Grillo promettono di
«rompere le catene dell’Europa», a partire dall’euro, e di riprenderci la
libertà. Se vince il "No" saranno loro, Grillo soprattutto, naturalmente per interposta persona, a
volere il comando. Il tutto non di rado con lo zelo degli unti del Signore.
E SE IL SIGNORE HA LE SEMBIANZE DI BEPPE... Che se
poi il Signore ha le sembianze di Grillo, come dicono nella sua (e di chi
scrive) Genova, ti me u saviae dî, me lo saprai dire, letteralmente. E,
come senso, siamo messi proprio bene. Certo, bisognerebbe aggiungere anche che
cosa ci aspetta se vince il "Sì". Renzi fino al 2018. Contenti?