lunedì 30 aprile 2012
domenica 29 aprile 2012
DONNE, OMICIDI E SOCIETA'
Donne, omicidi e società
L’altra
sera Rispondevo a una nota su Facebook, riguardo all’omicidio di quella ragazza,
“colpevole” della gelosia del suo amico. Adesso ci sono fiumi d’inchiostro che
riempiono i giornali, la contabilità degli omicidi e l’appello di tante donne a
firmare: “Se non ora quando?”. L’indignazione è sacrosanta e non sono certo io
quello che va a cercare giustificazioni per quanto commesso dal ragazzo, oltre
tutto sotto l’effetto della cocaina che scorre a fiumi tra i giovani d’oggi;
vorrei solo riallacciarmi al discorso, senza ripetere stereotipi inutili, per
fare alcune considerazioni.
Quella
sera facevo notare che, a volte, i giovani d’oggi, decisamente insicuri e
cresciuti sotto l’ombrello iper protettivo della madre, dopo aver allacciato un
rapporto affettivo con una ragazza, rapporto che magari continua nel tempo fino
a diventare qualcosa di duraturo, identificano la stessa con la madre, ovvero
con colei che, appagamento sessuale a parte, si prende cura di lui e di tutti i
suoi problemi. Come faceva la mamma, insomma, che, da perfetta padrona,
metabolizzava ogni piccola azione del figlio anche quando, apparentemente,
quest’ultimo aveva la massima libertà di movimento. Mamma che, assieme al papà,
si è dimenticata di una cosa fondamentale: insegnare il rispetto reciproco tra
due persone, specie se devono convivere; non dimentichiamoci le difese a
oltranza, spesso impossibili e ovviamente giustificate dall’amore materno. L’emancipazione
femminile non consiste, solo, nella libertà ottenuta, spesso freneticamente,
negli ultimi 50 anni ma nel far capire che certe conquiste vanno rispettate,
magari discusse ma che con quelle non si vuole rovesciare la società,
semplicemente emanciparla, stabilire che il maschio non ha più la prerogativa
su certe cose. Stabilire e codificare questo concetto con regole scritte (pene
giudiziarie a parte ovviamente), implica un’imposizione a volte male accettata
perché non presente nel nostro substrato culturale. Si considera e mi duole
doverlo dire da uomo, la donna, unicamente come oggetto di soddisfazione
sessuale; la si sposa solo per fare
figli e per continuare la specie, passati i primi anni di matrimonio e, svanita
la passione, tutto si trasforma in un contratto che, se pur non scritto, viene
tacitamente accettato da ambedue le parti. Sono cose vecchie di secoli che
sembrano scomparse ma che invece continuano indisturbate. Sicuramente le
modalità dell’ultimo omicidio della ragazza pochi giorni fa, saranno diverse ma
è l’impianto mentale che continua a sopravvivere. Se poi ci aggiungiamo che i
media, qualsiasi, mercificano le donne, offrendo la loro nudità come unico
oggetto di desiderio per un uomo, il gioco è fatto; conquistare una bella donna
e poi vedersela soffiare via perché la stessa si è resa conto che, a certi
livelli, l’oro luccica poco, è frustrante; una mazzata che stordisce e crea
panico, irrazionalità, incapacità di risolvere il problema: mancano i
presupposti per farlo. Quello che voglio dire è che se dai un impostazione a un
bambino, ripetutamente e sistematicamente durante la sua infanzia, poi la
ripeterà per tutta la vita e non ci sarà verso di fargli cambiare idea. Se è
stato abituato a essere dominante fin da piccolo, rimarrà tale; se poi ci
aggiungiamo che è sottoposto a un bombardamento mediatico in cui quello che gli
è stato insegnato, viene rafforzato, creiamo mostri che sono di difficile
gestione.
Certamente
non saranno tutti così, c’è chi, forse più fortunato, naviga in una realtà sua
particolare e ha trovato la quadratura del cerchio con la donna della sua vita
ma i tanti troppi casi che si susseguono stanno a dimostrare che sono eccezioni
che confermano la regola. Se poi ci aggiungiamo che l’attuale situazione
economica può, anzi sicuramente, aggraverà la crisi del modello fondante questa
nostra società:
Successo,
soldi, bella vita, zero problemi e zero pensieri, è facile intuire che si
prevedono tempi duri, per tutti.
mercoledì 25 aprile 2012
martedì 24 aprile 2012
Cesare Pavese - E allora noi vili --- XXV Aprile 2012
E allora noi vili
E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le
case,
i sentieri sul
fiume,
le luci rosse e
sporche
di quei luoghi, il
dolore
addolcito e taciuto
–
noi strappammo le
mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il
cuore
ci sussultò di
sangue,
e non fu più
dolcezza,
non fu più
abbandonarsi
al sentiero sul
fiume –
non più servi,
sapemmo
di essere soli e
vivi.
Cesare Pavese
lunedì 23 aprile 2012
Il paese che non c'è e delle cose che non vanno.
Il
Paese che non c’è e delle cose che non vanno
A
voler parlare di politica, di questi tempi, si rischia di infilarsi in un
imbuto, visto che è diventato motivo quotidiano di proteste.
Magari
se ne fosse parlato prima, quando c’era bisogno di farlo e, al contrario, tutti
battevano le mani ma non voglio essere quello che aggiunge cose già dette,
tranne alcune mie riflessioni personali.
Che
la situazione, economica, sociale, sia pesante, è sotto gli occhi di tutti, che
i sacrifici richiesti per uscire da questa guerra di cifre, perché è di questo
che ormai da mesi sentiamo parlare, è innegabile. Purtroppo viviamo in un
regime capitalistico, quindi, nel bene e nel male, l’economia è il fattore
primario in ogni azione politica; aggiungiamoci che la crisi è internazionale e
che il precedente governo anziché cavalcarla con provvedimenti impopolari ma
necessari, l’ha lasciata galoppare arrivando all’attuale drammatica situazione
e continuando allegramente nei suoi intrallazzi è altrettanto innegabile. Mario
Monti e il suo governo di professori, purtroppo sono stati chiamati a fare
quello che, per inettitudine non è stato fatto, da chi governava prima e da un opposizione
confusa e dilaniata da conflitti interni, l’alternativa il dissolversi economico
e politico di questo Paese, anche se qualcuno sostiene il contrario. Giuste le
lamentele di chi si trova a pagare in prima persona e anche pesantemente, è il
caso di dirlo, gli errori di altri, ma il problema è squisitamente politico. I
partiti vorrebbero che la colpa delle leggi impopolari, ricadesse solo sull’attuale
governo ma, allo stesso tempo, pretendono di condizionarne l’azione per non
deludere la base elettorale che rappresentano. Siamo alla farsa, chi ha
contribuito pesantemente alla catastrofe, non vuole governare per ignavia, e
contemporaneamente pretende di correggere chi lo fa al posto suo.
Dopo
sei mesi stiamo assistendo allo stato confusionale dei partiti che sostengono
questo Governo e che nello stesso tempo cercano, disperatamente, di rifarsi una
verginità ormai perduta, visto che ormai quasi il 40 per cento degli italiani
non ne vuole più sapere di loro; dei giuramenti più o meno credibili che
vengono fatti, sulla durata e sulla loro fedeltà al governo, leggiamo
(ultim’ora) che hanno scoperto l’acqua calda: sciolgono le vecchie consorterie
partitiche per rifarle nuove, mantenendo le stesse facce di prima, magari con
l’innesto di qualche tecnico, lusingato con promesse di gloria e qualche
industriale, catapultato in politica, non si capisce se per servire il paese o
altri interessi. Sicuramente il professore arriverà a portare a termine il suo
compito di risanamento, ma nello stesso tempo, riuscirà a certificare, se mai
ce ne fosse stato bisogno e in maniera sempre più evidente, la spaccatura
dell’Italia tra ricchi e poveri. Tra chi può e chi non può; che non vuol dire,
tra chi compra l’utilitaria e chi la macchina di lusso, ma tra chi non mangia e
chi nel lusso ci sguazza comunque. Sicuramente l’azione del professore sarebbe
più convincente se, oltre ai soliti noti a reddito fisso o ai pensionati, tanto
per citare due categorie a caso, i sacrifici venissero richiesti anche a chi di
soldi ne ha tanti. Con i dovuti distinguo tra chi ha lavorato sodo e si è
creato una nicchia di mercato, grande o piccola che sia, comportandosi secondo
etica civile e sociale e chi, invece, si fa chiamare imprenditore solo perché,
altrimenti non saprebbe come catalogarsi e che i soldi se li è fatti con
intrallazzi politici e affari sporchi. Ovvio che tutto questo stato di cose
crea e alimenta un clima di odio sociale tra padroni e operai, di antica
memoria; se poi ci aggiungiamo i politici, le cui ruberie appaiono
quotidianamente sui giornali, la loro
impunità di cui vanno fieri, il loro sorriso ironico nei confronti di chi vorrebbe
consegnarli alla giustizia senza riuscirci, il gioco è fatto; senza contare i
soldi che vanno in finanziamento ai partiti stessi e che sono pagati da noi
contribuenti. Sono convinto che è sempre meglio un partito finanziato
pubblicamente, piuttosto che un partito sponsorizzato economicamente da un solo
soggetto che ne condiziona le scelte e manovra i suoi esponenti come marionette
e non serve certo andare indietro nel tempo per capire a cosa mi riferisco,
resta il fatto che regole chiare e meno soldi diventano una necessità. Non sono certo uno che privilegia la lotta di
classe com’era intesa il secolo scorso anzi sono un convinto assertore che,
accanto alle giuste rivendicazioni degli operai, ci sia posto anche per le
istanze, sacrosante di chi si è costruito un’azienda artigianale e che, nel suo
piccolo, si è creato una condizione, non di privilegio ma di giusto diritto a
non vedere sciupato il suo lavoro. Per le grosse imprese, invece, il discorso è
un altro; raggiunto l’apice del successo, anziché consolidarlo con nuovi
investimenti, giocano i guadagni in borsa alla ricerca della illusoria
moltiplicazione degli stessi o si appoggiano al politico di turno che gli
garantisce soldi rapidi e fatti senza tanti scrupoli, magari con la sicurezza
dell’impunità. A ben vedere, l’incognita
principale è l’italiano, soggetto che,
per sua natura, si disinteressa della cosa pubblica, conferendo ad altri il
compito di gestire la società, senza controllare l’operato di chi ha votato,
pur che non venga disturbato nella coltivazione del suo orticello, salvo,
quando le cose vanno male, cominciare a urlare e pretendere giustizia sommaria.
Mi chiedo dov’erano tutti quelli che si sono affidati al venditore di pignatte,
quello che ha promesso pascoli verdi e fiumi di miele perenni e il cui disastro
è sotto gli occhi di tutti; del suo alleato che ha fatto dell’onestà e della
secessione dal malgoverno, il suo punto di forza e la cui fine ingloriosa è
sulle pagine dei giornali. Basterebbe entrare nell’ordine di idee che siamo
arrivati al capolinea e che non c’è più spazio per giocare; convincersi, noi
italiani e i politici soprattutto, che basterebbero poche regole, un programma
serio, semplice, pratico e di sicura applicazione e un costante controllo dell’operato
di chi vuole fare il politico di professione:
una
legge elettorale che dia la possibilità di conoscere chi si vota; la riforma
della giustizia e la certezza della pena per tutti, indistintamente;
una
seria programmazione di salvaguardia del territorio contro cementificazioni
selvagge; valorizzazione dell’arte, patrimonio che tutto il mondo ci invidia e
che potrebbe diventare una risorsa importantissima anche in termini economici;
una drastica riduzione delle spese militari, assurde come la guerra; una
guerra, quella sì spietata, all’evasione fiscale, una nuova regolamentazione
della legge bancaria, vera sanguisuga per tutti, lavoratori e imprenditori e garanzia
di un reddito dignitoso per operai e ceto medio che sono a pieno titolo, tessuto
importante della nostra società; nessuno deve avere paura di un futuro precario
tanto meno essere costretto ad ascoltare faccendieri che approfittano della
situazione per un loro tornaconto personale. Purtroppo, l’unico scopo che si
prefiggono, tutti, è la spasmodica corsa a riempire il portafoglio, tanto
quando ho i soldi faccio quello che voglio, è il ritornello più frequente, così
il denaro diventa un feticcio talmente importante da giustificare tutto:
rapporti personali, sociali, con gli operai, tra industriali stessi, giustifica
pure lo scempio ambientale, poco importa se è fatto dalla mafia o
dall’imprenditore senza scrupoli.
A
cavallo tra gli anni 70/80 c’è stata una rivoluzione culturale nei giovani di
allora, tra chi era super politicizzato dopo l’esperienza del 68 e chi, invece,
cominciava a intravedere quel benessere che apriva le porte ai divertimenti e
all’allegra gestione della società; ambedue le cose diventeranno estremi che
hanno lasciato il segno. Con la fine della prima Repubblica le speranze di
ricreare una società più pulita e una maggiore serietà nella gestione della
stessa, erano tante ma poi la storia è andata a finire come tutti ben sappiamo.
Ci vorranno sicuramente più generazioni
per modificare il costume di chi è cresciuto all’ombra delle tante
promesse, dei pochi fatti e del: “non pensate a niente, tanto ci sono io” ed è
forse, proprio questo il danno maggiore. Io ricomincerei dalla cultura che
ritengo fondamentale per la costruzione di una società diversa dall’attuale; la
considero una naturale prosecuzione dell’intelligenza, parola diventata poco di
moda, visto il quotidiano lavaggio del cervello che ci viene fatto dai media,
in quanto presuppone capacità di aggregazione, spontanea e non vincolata da
fattori ideologici esterni, razionalità e analisi dei problemi che vanno
risolti senza demonizzarli, negazione di ogni forma di razzismo, sia esso nei
confronti di altri esseri umani o di differenze sessuali e di qualunquismo,
buono solo per chi passa le sue giornate nei bar. Ragionevolezza ed equilibrio
mentale nel considerare, come detto poco fa, il denaro come uno strumento
necessario ma non fondamentale nell’esercizio della vita quotidiana:
sicuramente non è fonte di eterna felicità, ben altre dovrebbero essere le cose
che integrano il nostro modo di vivere. Ecco, queste sono le mie opinioni,
magari discutibili ma, se è vero che una casa si costruisce mattone su mattone,
con tanta pazienza qualcosa si riuscirebbe a fare anche tra di noi. Stiamo
vivendo una straordinaria trasformazione sociale che influirà pesantemente sul
futuro delle attuali giovani generazioni e stiamo commettendo l’imperdonabile
errore di volerla gestire con i vecchi metodi del passato, le stesse stupide
contrapposizioni ideologiche, anche se non di bandiera. Prendere atto che è
necessaria una nuova coscienza civile, culturale, ambientale, rendere la nostra
mente aperta e pronta ad interpretare il nuovo con vivacità e intelligenza
senza preconcetti e pregiudizi, significa tracciare una strada che porterà
benefici a tutti e, sicuramente renderà il tessuto sociale impermeabile
all’odio e alla violenza. Qualcuno penserà che io sia un utopista,
sognatore ma vale anche la pena di crederci se non altro per stima nei confronti dei giovani,
i quali si troveranno a gestire un’eredità piuttosto pesante e piena di
incognite, anche se sono sicuro che faranno meglio di noi.
venerdì 20 aprile 2012
giovedì 19 aprile 2012
La follia dell'uomo
Maschere ubriache
Nuovo giorno
Parole
Vorrei fermare il tempo
Il colore del cielo
Rosa appassita
Sogni impossibili
Assenza
Maschere ubriache
Corri nella notte
assieme a donne
consacrate alla follia;
i loro veli da sposa
sporchi, laceri,
il miele che ricopriva la carne
spazzato via da api inferocite.
Guardi un sogno irreale
diventare realtà,
sorridi ad angeli privi di ali,
corpi fatti a pezzi
distesi sopra pietre acuminate.
Ritorni a casa,
esci da un girone infernale
calpestando maschere ubriache,
lontano da inutili finzioni.
Nuovo giorno
Rileggo le poche parole,
contorte, scritte con fatica,
la lingua blocca il mio respiro,
mi chiude la gola,
getto lontano la penna;
corro in strada,
mi trascino in mezzo alla folla;
vedo un albero cadermi addosso,
le stelle bruciarlo;
la nebbia avanzare,
coprire con arroganza
una tomba vuota in mezzo a un prato.
Sento un lupo urlare alla luna
suoni nel vento.
Inizia un nuovo giorno,
ho chiuso gli occhi,
nella mia mente c’è una luce,
sei tu che sorridi,
mi prendi per mano,
mi porti tra le nuvole,
non mi lasci più.
Parole
Una lunga vita
che evoca ricordi tristi;
sono caduto nella polvere,
ne ho assaporato il gusto amaro,
sono stato un bersaglio perfetto:
un uccello in volo.
Ho guardato da lontano
baci e dolcezze per lungo tempo proibite.
Ma, adesso, eccomi a te, cara amica,
se ho perso qualcosa nel terreno, non cercarla,
io sono l’erba, gli alberi, il mare:
la mia tristezza lava le pietre.
Scrivo queste parole al vento
perché possa trasportarle lontano,
perché nessuno possa più ascoltarle.
Vorrei fermare il tempo
Osservo la resina gocciolare dagli alberi,
lacrime che scavano la corteccia,
creano solchi nelle mie guance,
bagnano la mia bocca,
la deformano in una smorfia.
Provo a balbettare alcune parole,
deboli richiami,
cancellati da rumori che scorrono ai miei piedi.
Vorrei fermare il tempo,
ritornare tra le tue braccia ma il giorno finisce,
la notte si impadronisce dei miei pensieri,
cancella dal mio viso la sofferenza,
mi addormento esausto.
Rosa appassita
Il lento scorrere del tempo,
disegna rughe profonde sul tuo volto.
Osservi un fantasma attraversare la tua pelle;
cammina sull’acqua gelida di un ruscello;
cento brividi percorrono il tuo corpo;
ti adagi sull’erba, sei stanca, sfinita,
la luna sorge improvvisa, impietosa,
illumina una rosa appassita,
cento petali dispersi nel vento.
Sogni impossibili
Prima che il mondo bruci,
accarezza il mio corpo,
ricoprilo di baci,
fissalo nei tuoi occhi.
Sfida l’amore impossibile,
salta sopra le stelle,
come in un ballo imperiale.
Stendimi nel ventre molle della luna,
strofina di cenere la mia pelle,
penetra i miei sogni, da sempre desiderati.
Voglio annegare in una carrozza
che corre sull’acqua,
aggrapparmi a cavalli
bianchi esausti,
sfidare la vita:
quella che si prende gioco di noi,
ubriachi di felicità.
Assenza
La tua assenza si percepisce nell’aria,
muove note invisibili,
mi segue metodica,
non posso sfuggirle,
non appartiene al tempo,
alla strada buia.
E’ un’ombra che gioca tra noi, con noi;
ci aiuta a cercarci, con indifferenza, con ansia,
si consuma quando i tuoi occhi brillano,
le tue labbra tremano:
diventa presenza, nuove note invisibili.
checcuswriter copyright aprile 2012
mercoledì 18 aprile 2012
martedì 17 aprile 2012
domenica 15 aprile 2012
UNA COPERTA SULLA NEVE
C’è troppo silenzio
tra noi questa notte,
è assordante come
quando all’improvviso,
tacciono gli uccelli.
Sono stupito dei tuoi
occhi imploranti,
delle tue mani frettolose
che spostano vesti
ingombranti.
Forse qualche timida,
affettuosa, parola,
sarebbe stata sufficiente
per cambiare ritmo
alla serata.
Perfino un arcobaleno
notturno che cattura
la luce della luna,
mi lascia indifferente;
una coperta sulla
neve fresca e un
sogno che si realizza.
Poi aspettando il sole
mi racconti i tuoi peccati.
Pubblicata da:
Checcuswriter
copyright Aprile 2012
Il compleanno di un cuore speciale: il mio
Cuore
Questo cuore
che da tanti anni
scandisce le ore,
i minuti, come un
vecchio pendolo
mai arrugginito.
Si sforza di soffiare
sulle vele di una barca
che ormai stenta
a uscire dal porto.
Quanti sono?
Sessanta? Settanta?
A volte anche cento
i battiti che mi regali,
a ogni minuto
della mia vita?
Al mattino, svegliandomi
ti sento instancabile,
continuare il tuo ritmo,
regolare, cadenzato.
Ti ringrazio tutti i giorni,
di avermi protetto
durante la notte,
se ti fossi fermato,
non avrei avuto scampo,
sarei in volo nel cielo,
da solo, senza compagnia
e, questo, francamente,
mi avrebbe dato fastidio.
Comunque sia,
buon compleanno anche
a te e, mi raccomando,
niente scherzi.
Checcuswriter
15 Aprile 1949
copyright Aprile 2012
sabato 14 aprile 2012
venerdì 13 aprile 2012
«Minetti? Come Nilde Iotti» - POLITICA
«Minetti? Come Nilde Iotti» - POLITICA
A parte il fatto che è stata eletta alla presidenza della Camera nel 1979, quando Togliatti era morto da un pezzo; bisogna ricordare oltre alla storica militanza nel P.C.I., la sua partecipazione alla Resistenza nella lotta antifascista, i cinquant'anni di deputato alla Camera e, soprattutto, la sua intelligenza, la sua passione e preparazione politica. Tutto questo è un curriculum che ne la Minetti e tanto meno la Satanchè possiedono. Sono al contrario e questo e sotto gli occhi di tutti due personaggi che utilizzano spudoratamente il loro corpo per arricchirsi e per ottenere favori degni delle migliori arrampicatrici sociali. Il fatto poi che la Jotti avesse una relazione con Togliatti, penso sia superfluo sottolineare che, se a quei tempi ci fosse stato la possibilità di divorziare e soprattutto il P.C.I. di allora fosse stato meno bigotto e moralista qual'era (pur essendo un partito ateo), ambedue i protagonisti avrebbero dato una ben diversa impronta alla loro vita e, perché no al loro amore senza paura di esibirlo in modo furtivo anche se a conoscenza di tutti. Quindi "signora" Santanchè la prossima volta che apre bocca, magari faccia uno sforzo per collegarla con il cervello.
Checcuswriter
A parte il fatto che è stata eletta alla presidenza della Camera nel 1979, quando Togliatti era morto da un pezzo; bisogna ricordare oltre alla storica militanza nel P.C.I., la sua partecipazione alla Resistenza nella lotta antifascista, i cinquant'anni di deputato alla Camera e, soprattutto, la sua intelligenza, la sua passione e preparazione politica. Tutto questo è un curriculum che ne la Minetti e tanto meno la Satanchè possiedono. Sono al contrario e questo e sotto gli occhi di tutti due personaggi che utilizzano spudoratamente il loro corpo per arricchirsi e per ottenere favori degni delle migliori arrampicatrici sociali. Il fatto poi che la Jotti avesse una relazione con Togliatti, penso sia superfluo sottolineare che, se a quei tempi ci fosse stato la possibilità di divorziare e soprattutto il P.C.I. di allora fosse stato meno bigotto e moralista qual'era (pur essendo un partito ateo), ambedue i protagonisti avrebbero dato una ben diversa impronta alla loro vita e, perché no al loro amore senza paura di esibirlo in modo furtivo anche se a conoscenza di tutti. Quindi "signora" Santanchè la prossima volta che apre bocca, magari faccia uno sforzo per collegarla con il cervello.
Checcuswriter
Perchè
Perché
La stanza deserta,
i banchi accatastati,
in disordine;
la vecchia lavagna
consumata,
con ancora inciso
il tuo nome,
l’eco dei ricordi
sospeso nell’aria.
E poi il prato,
dove ho disegnato
il tuo viso sull’erba
fradicia, un mattino
di tanti anni fa.
Ho camminato per ore
quel giorno;
negli occhi immagini
felici, nella mente solo
tristezza.
Il piccolo stagno
dove ci specchiavamo,
la tua immagine che
appare improvvisa
alle mie spalle.
Un sasso gettato nel mezzo,
mille cerchi che si
dilatano all’infinito;
parlano di un amore
mai dimenticato;
ha percorso strade polverose,
attraversato città deserte,
ora osserva sorridendo,
il mio tormento:
i tanti perché
senza risposta.
Checcuswriter
copyrigth Aprile 2012
Tivù, Nero Wolfe del Colosseo - CULTURA
Tivù, Nero Wolfe del Colosseo - CULTURA
Non è solo una questione di dizione, c'è tutto che non va. Ho visto le due prime puntate pieno di speranza sul fatto che venisse programmato qualcosa di finalmente diverso dalla solita monotonia RAI, ma è stata una delusione. A parte Il Nero Wolfe che salvo per i capelli, sembra più un pensionato che fa attraversare al strada ai bambini delle scuole, tutti gli altri fanno pena. Dal Maresciallo di polizia, patetico con il sigaro in bocca e la stessa storta in un impossibile ghigno da duro, all'assistente di Wolfe che sembra un ragazzino appena finita una lezione al liceo e a tutto l'impianto che manca di quella grinta e personalità che bisogna dare al personaggio principale, intorno al quale ruota tutto il racconto. Sarà anche vero che una volta visto l'originale, si è propensi a criticare facilmente gli altri scopiazzati ma c'è un limite a tutto. Le storie di Nero Wolfe, sono nate a New York, si potevano ambientare magari in una città del nord, quasi simile, ma proprio Roma, trasformando i protagonisti in "burini"...
Non è solo una questione di dizione, c'è tutto che non va. Ho visto le due prime puntate pieno di speranza sul fatto che venisse programmato qualcosa di finalmente diverso dalla solita monotonia RAI, ma è stata una delusione. A parte Il Nero Wolfe che salvo per i capelli, sembra più un pensionato che fa attraversare al strada ai bambini delle scuole, tutti gli altri fanno pena. Dal Maresciallo di polizia, patetico con il sigaro in bocca e la stessa storta in un impossibile ghigno da duro, all'assistente di Wolfe che sembra un ragazzino appena finita una lezione al liceo e a tutto l'impianto che manca di quella grinta e personalità che bisogna dare al personaggio principale, intorno al quale ruota tutto il racconto. Sarà anche vero che una volta visto l'originale, si è propensi a criticare facilmente gli altri scopiazzati ma c'è un limite a tutto. Le storie di Nero Wolfe, sono nate a New York, si potevano ambientare magari in una città del nord, quasi simile, ma proprio Roma, trasformando i protagonisti in "burini"...
mercoledì 11 aprile 2012
La politica e la Lega nella bufera In foto: "Tramonto sul lago"
Lega nella bufera
Ieri sera abbiamo assistito all’ennesimo spettacolo di quel partito che, fin dagli albori, avrebbe dovuto ripulire l’Italia e il suo Parlamento da ogni forma di malgoverno, nefandezze e ruberie. Ci è stato proposto, purtroppo, l’ennesimo auto salvataggio politico di una classe dirigente che, dopo aver governato per 17 anni, assieme ad un altro trafficante, di cui è stata sodale se non complice, ora cerca disperatamente di rifarsi una verginità. Ho dovuto assistere, e qui parlo in prima persona, all’erede designato che, tranquillizzato sugli umori della base rivolti alla sua persona, ha menato fendenti, a dir poco patetici, un po’ al cerchio, un po’ alla botte, per cercare di giustificare quanto avvenuto. Non è stato da meno l’ormai ex condottiero, lasciato dalla moglie per millantato credito, visto che si spacciava per medico, specializzato in biliardo, e che, per non sbagliare, ne ha trovato un’altra che interroga le stelle per sapere come far quadrare il bilancio famigliare; si sa i figli, i capricci, i vizietti. In fin dei conti è giusto, la base si accontenta di qualche capro espiatorio, poco importa che tutti sapessero quanti soldi si fossero messi in tasca e l’arroganza con cui pensavano di essere impuniti perché intimi o, meglio ancora, figli di… .
Se è vero che lo slogan “Roma ladrona” ha fatto le fortune della Lega, è altrettanto vero che una cosa è comune a tutte e due: “Il Colosseo”,
dove non a caso, veniva fatta giustizia sommaria o si placavano le voglie di sangue della plebe. Non voglio certo gettare la croce addosso ai leghisti militanti, che, tutto sommato, mi fanno pena, proprio perché si ostinano a non credere ai fatti, la colpa è anche degli italiani che non hanno capito per tempo quale fosse il reale pericolo, scambiando la politica del “Senatur”, come innocuo folclorismo, salvo accorgersi dopo e in pochi purtroppo, visto il nostro consolidato menefreghismo, dei danni fatti. Danni a cui ha contribuito in maniera notevole il cavaliere di lungo corso che ha trovato a suo tempo, un fedele alleato con piena identità di vedute; ovvero: lasciami fare quello che voglio e io ti do carta bianca sul sottogoverno e sugli intrallazzi vari che ti possono arricchire. Urlare la propria differenza, adesso che si sono scoperchiate le pentole, rivendicando un’onestà morale e politica, mi sembra francamente troppo. Salvo solo la base che si ostina a credere di essere pura e inattaccabile, senza accorgersi del fumo con cui si circonda la dirigenza, per confondere le idee. Levati via il “Trota”, la Rosy badante e il cassiere che ha continuato nell’opera dei predecessori, le facce sono e rimarranno sempre le stesse, con buona pace della plebe osannante. Agli italiani che chinano la testa e che pagano pesantemente tutti gli errori in politica economica fatti dal precedente Governo, non rimane che sperare in una rapida soluzione dei problemi, anche se per ritornare al vecchio regime bisognerà aspettare qualche generazione, sperando che ci sia lavoro per tutti e che quel che resta della vecchia classe politica: tutta senza esclusione alcuna, venga mandato definitivamente in soffitta, lasciando spazio a generazioni più giovani, consapevoli, si spera, che amministrare un paese non vuol dire gestire il proprio tornaconto personale.
Checcuswriter
11 Aprile 2012
domenica 8 aprile 2012
sabato 7 aprile 2012
tuttiicoloridellanima: RIFLESSIONI SUL VENERDI' SANTO
tuttiicoloridellanima: RIFLESSIONI SUL VENERDI' SANTO: E' venerdì santo e mi accorgo che, negli anni, il mio concetto di questa giornata é cambiato in modo epocale. Ricordo addirittura che tra i ...
venerdì 6 aprile 2012
giovedì 5 aprile 2012
lunedì 2 aprile 2012
PREMIO LETTERARIO ALBEROANDRONICO ROMA 30 MARZO 2012 CAMPIDOGLIO SALA PROTOMOTECA
Con queste poesie ho partecipato al V° premio nazionale di poesia e narrativa: AlberoAndronico - Roma, classificandomi al sesto posto, con il riconoscimento di un Diploma di Merito e una Targa premio, nel settore B: Silloge . Titolo dell'opera:
"La follia dell'uomo"
Indice
Maschere ubriache
Nuovo giorno
Parole
Vorrei fermare il tempo
Il colore del cielo
Rosa appassita
Sogni impossibili
Assenza
Maschere ubriache
Corri nella notte
assieme a donne
consacrate alla follia;
i loro veli da sposa
sporchi, laceri,
il miele che ricopriva la carne
spazzato via da api inferocite.
Guardi un sogno irreale
diventare realtà,
sorridi ad angeli privi di ali,
corpi fatti a pezzi
distesi sopra pietre acuminate.
Ritorni a casa,
esci da un girone infernale
calpestando maschere ubriache,
lontano da inutili finzioni.
Nuovo giorno
Rileggo le poche parole,
contorte, scritte con fatica,
la lingua blocca il mio respiro,
mi chiude la gola,
getto lontano la penna;
corro in strada,
mi trascino in mezzo alla folla;
vedo un albero cadermi addosso,
le stelle bruciarlo;
la nebbia avanzare,
coprire con arroganza
una tomba vuota in mezzo a un prato.
Sento un lupo urlare alla luna
suoni nel vento.
Inizia un nuovo giorno,
ho chiuso gli occhi,
nella mia mente c’è una luce,
sei tu che sorridi,
mi prendi per mano,
mi porti tra le nuvole,
non mi lasci più.
Parole
Una lunga vita
che evoca ricordi tristi;
sono caduto nella polvere,
ne ho assaporato il gusto amaro,
sono stato un bersaglio perfetto:
un uccello in volo.
Ho guardato da lontano
baci e dolcezze per lungo tempo proibite.
Ma, adesso, eccomi a te, cara amica,
se ho perso qualcosa nel terreno, non cercarla,
io sono l’erba, gli alberi, il mare:
la mia tristezza lava le pietre.
Scrivo queste parole al vento
perché possa trasportarle lontano,
perché nessuno possa più ascoltarle.
Vorrei fermare il tempo
Osservo la resina gocciolare dagli alberi,
lacrime che scavano la corteccia,
creano solchi nelle mie guance,
bagnano la mia bocca,
la deformano in una smorfia.
Provo a balbettare alcune parole,
deboli richiami,
cancellati da rumori che scorrono ai miei piedi.
Vorrei fermare il tempo,
ritornare tra le tue braccia ma il giorno finisce,
la notte si impadronisce dei miei pensieri,
cancella dal mio viso la sofferenza,
mi addormento esausto.
Rosa appassita
Il lento scorrere del tempo,
disegna rughe profonde sul tuo volto.
Osservi un fantasma attraversare la tua pelle;
cammina sull’acqua gelida di un ruscello;
cento brividi percorrono il tuo corpo;
ti adagi sull’erba, sei stanca, sfinita,
la luna sorge improvvisa, impietosa,
illumina una rosa appassita,
cento petali dispersi nel vento.
Sogni impossibili
Prima che il mondo bruci,
accarezza il mio corpo,
ricoprilo di baci,
fissalo nei tuoi occhi.
Sfida l’amore impossibile,
salta sopra le stelle,
come in un ballo imperiale.
Stendimi nel ventre molle della luna,
strofina di cenere la mia pelle,
penetra i miei sogni, da sempre desiderati.
Voglio annegare in una carrozza
che corre sull’acqua,
aggrapparmi a cavalli
bianchi esausti,
sfidare la vita:
quella che si prende gioco di noi,
ubriachi di felicità.
Assenza
La tua assenza si percepisce nell’aria,
muove note invisibili,
mi segue metodica,
non posso sfuggirle,
non appartiene al tempo,
alla strada buia.
E’ un’ombra che gioca tra noi, con noi;
ci aiuta a cercarci, con indifferenza, con ansia,
si consuma quando i tuoi occhi brillano,
le tue labbra tremano:
diventa presenza, nuove note invisibili.
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