Dopo la sonora batosta ricevuta tra amministrative e referendum, c’è tutto un fiorire di commenti, volti a giustificare da una parte, a trionfare dall’altra. L’unica vera analisi che nessuno è in grado, o non vuole fare, è il perché, dalla sera alla mattina, 27 milioni di italiani si sono rotti le balle. La cecità della politica, si sa, a volte, è di una comicità strabiliante; da una parte abbiamo una coalizione di Governo che viveva e, vive, sugli allori, al di sopra delle proprie possibilità, convinta di essere eterna, dall’altra un opposizione che dopo aver tentato in mille modi di scalzare l’odiato nemico, si chiede: “E mò che facciamo?” State tranquilli, a meno di atti inconsulti da parte loro, o un decisivo intervento del Quirinale, ce li dobbiamo tenere ancora per due anni e forse è meglio così, vadano fino in fondo, se hanno coraggio, poi rimedieranno la terza sberla, quella definitiva. Sentire politici che, dopo quanto successo, sono costretti a rincorrere vecchi slogan o mosse ad effetto per calmare i mal di pancia della base, (Lega), costretti a stare zitti, o quasi, nei confronti dell’alleato, frastornato e in ginocchio dopo il KO tecnico, quando, potendo, vorrebbero bruciarlo, vuol dire che, da bravi politici, non hanno capito niente degli elettori. Continuano a credere che sminuire i problemi, fare annunci trionfalistici, (il PDL ha addirittura scoperto che in un partito ci deve essere un segretario e una direzione dove si vota), possano far cambiare nuovamente idea agli italiani, che hanno fatto capire di volere fatti concreti: sul lavoro, sulla scuola, sulla sanità, sulle tasse e sulle tante criticità che hanno trasformato gran parte della società attuale nella cenerentola che guarda con occhi umidi la vita di palazzo, sapendo che il suo status sociale non le permette di partecipare.
Pubblicato sulla Nuova Venezia Lettere al Direttore il 16 giugno 2011
Nessun commento:
Posta un commento