martedì 10 luglio 2018

Raggi, Meloni e Salvini

Raggi, Meloni e Salvini: esemplari di una politica senza responsabilità

La sindaca di Roma dimostra che chiunque può arrivare al potere, anche senza competenza. La leader di FdI imita l'alleato leghista. Il ministro dell'Interno in realtà è un vecchio politicante. Ecco perché l'Italia non si dimenticherà facilmente di loro.

Sono tre i personaggi che rappresentano bene la nuova destra e che resteranno nella memoria degli italiani. Certo non il premier per finta Giuseppe Conte, né il gagà napoletano Luigi Di Maio, neppure Beppe Grillo e ancor meno Alessandro Di Battista o Roberto Fico iscritti alla famiglia dei finti oppositori interni.
Nella memoria resteranno, per la loro rappresentatività del mondo che oggi domina e per la cultura di cui sono espressione, Virginia Raggi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Rappresentano tre tipi umani, tre esemplari politici di una politica sgravata dalla responsabilità, priva di corrispondenza fra interesse generale e tornaconto personale, priva di ogni moralità pubblica, concetto diverso dalla moralità che non fa commettere reati.

RAGGI, EMBLEMA DELL'ANTI-CASTA SENZA COMPETENZA

Virginia Raggi incarna il tema populista dell’incompetente che può giungere ai piani alti del potere soppiantando competenza e esperienza. Centinaia di migliaia di romani l’hanno preferita e continuano a farlo (ma sono molti di meno) perché rappresenterebbe l’anti-Casta, colei che realizza il sogno che chiunque può essere qualcuno. La sua caratteristica politica è quella di sopravvivere facendo fra il niente e il meno possibile e soprattutto disinteressandosi di critiche e problemi. Deve essere una donna molto serena o molto incosciente se continua a occupare un posto che di fatto è vacante.

Raggi è la realizzazione del progetto che chiunque possa dirigere la Cosa pubblica perché non serve saper fare alcunché. E soprattutto aver voglia di fare alcunché. Non sappiamo come sono le sue giornate, sappiamo solo che da quella stanza in cui si è rifugiata non viene fuori mai niente che migliori la vita dei romani. Forse passa i suoi giorni mandando sms, come una diciottenne attempata. Non era mai accaduto prima. Non si potrà dimenticarla.

MELONI E LA FAVOLA DELLA CENERENTOLA NERA

Giorgia Meloni è il classico pesce pilota, quello che viaggia a fianco della grande balena. Al principio della sua avventura, iniziata a conclusione della storia politica di Gianfranco Fini e col declino del Cavaliere, Meloni, altri burocrati dell’ex Msi e Daniela Santanchè, la vera nomade della destra, avevano pensato di richiamare a raccolta il fascismo disperso. La sua storia personale è stata raccontata come la favola della Cenerentola nera, famiglia sfortunata, baby sitter per vivere, percorso interamente svolto nelle stanze della destra romana. Ha trovato, infine, la strada maestra del photoshop che usa abbondantemente e con ammirevole sfrontatezza.
A mano a mano che la destra si è estremizzata, Meloni ha avuto sia la tentazione di fare a vita il pesce pilota di Salvini sia di entrare nelle fila dei leghisti, quelli di “Roma ladrona”, per capirci. Ancora oggi non ha scelto ma imita le battute del suo nuovo leader, ha scelto di praticare l’irrisione dell’avversario, cerca di mantenere a galla quel 4% elettorale che le garantisce stipendio e cortigiani. Ha la suprema faccia tosta di criticare doveri di governo, per esempio in tema di accoglienza, frutto dei gabinetti a cui ha partecipato come inutile ministra. Anche lei è un “tipo” italiano. Se Raggi rappresenta la furbizia nullafacente, Meloni l’ossessiva ricerca di un padroncino.

SALVINI, IL RE DELLA NUOVA DESTRA

Infine c’è il re della nuova destra, Matteo Salvini. Il suo personaggio, persino nel fisico, rappresenta l’italiano forte con i deboli e debole con i forti. Li abbiamo conosciuti a scuola, nella vita di ufficio, appartiene a quel mondo di sobillatori di professione che a poco a poco allarga il suo consenso usando senza parsimonia il messaggio dell’invidia e del rancore. È la prima volta, però, che un ministro degli Interni travalica in modo così plateale i compiti che gli sono attribuiti, è la prima volta che un ministro degli Interni irride i propri avversari, interni, di schieramento persino leader di altri Paesi e capi di Stato. Tutto gli è concesso nel linguaggio e la stampa di destra è felice di aver trovato l’uomo maledicente che sognava, quello che non sa cosa siano buona educazione, buoni sentimenti, doveri pubblici e senso dello Stato. Sarà un ministro indimenticabile.
Quando questa stria sarà finita non bisognerà fare prigionieri riguardo gente come lui. So che per scacciarli servirà una dura battaglia politica ma soprattutto un rigetto dell’opinione pubblica. Lui non è un disoccupato che è giunto per caso al vertice dello Stato, come Di Maio, è il prototipo del politicantismo vecchia maniera, del burocrate che ha saputo vivacchiare in un partito più grande, che è stato servizievole verso i suoi leader, che ha goduto della rendita degli incarichi parlamentari per fare altro rispetto a ciò per cui era stato pagato, soprattutto si è incaricato di dire agli italiani: siate più cattivi che potete.
Uno così non te lo dimentichi e quando l’opinione pubblica rigetterà (ci vorrà tempo, ma accadrà) il suo modo di essere resterà ai posteri come memoria di una Italia di cui vergognarsi perennemente.

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