sabato 21 luglio 2018

L'Italia isolata in Europa sull'operazione Sophia

20 luglio 2018

Sophia cambia ma l'Italia mantiene il controllo

Compromesso al Comitato poiltico e di sicurezza: Roma rinuncia alla linea dura sugli sbarchi, ma avrà delle concessioni. Rischiava di perdere il controllo strategico sulla rotte libiche.

«Non capisco», dice il funzionario del Consiglio Ue, «c'è un solo punto all'ordine del giorno, eppure non è ancora finita». L'Italia ha chiesto di rivedere il mandato sugli sbarchi dei migranti eventualmente salvati dalle navi militari dell'operazione Sophia con l'obiettivo di non accogliere più i naufraghi sulle nostre coste. La richiesta è arrivata sul tavolo del Comitato politico e di sicurezza mercoledì 18 luglio, la discussione è arrivata fino a sera, è ripresa di nuovo la mattina del 20 luglio e dopo più di sei ore e mezza di confronto Roma ha fatto una parziale marcia indietro e, come hanno confermato a Lettera43.it diverse fonti diplomatiche, l'incontro si è chiuso con un accordo. Si va verso la modifica di altri aspetti della missione, con l'apertura della revisione prevista per la settimana prossima.

VERSO LA RIAPERTURA DELLA REVISIONE STRATEGICA DELLA MISSIONE

Stando al registro del Consiglio, il 20 luglio la riunione del Comitato politico e di sicurezza è cominciata alle 9.42 con un solo punto all'ordine del giorno: l'operazione Sophia e poi le varie ed eventuali. Dopo più di quattro ore e mezza non si era ancora trovato un accordo. Nella pausa pranzo il nostro ambasciatore ha avuto il tempo di un faccia a faccia direttamente con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, a Bruxelles per il consiglio sulla Brexit e pronto a discutere della missione militare più che di Gran Bretagna. Dopo altre due ore di discussione, l'argomento "zero sbarchi" che rischiava di far saltare il tavolo sembra essere stato accantonato, anche se Roma potrebbe strappare altri risultati nel confronto dei prossimi giorni e alcune sue richieste sembrano già essere state accettate.

UN CONFLITTO INTESTINO AL SISTEMA ITALIANO

Del resto il funzionario del Consiglio non era il solo a non capire questa battaglia nata da un conflitto interno messo in moto dal nostro ministro degli Interni Matteo Salvini, un conflitto che ha opposto il responsabile della sicurezza del Paese a una nostra stessa nave militare, che è stato esportato direttamente in Europa e che ora sembra essere rientrato. L'Italia sembra fare e disfare la tela da sola.

I SALVATAGGI DI SOPHIA SONO UN QUARTO DI QUELLI DI THEMIS

L'operazione Sophia ha come principale obiettivo quello della lotta ai trafficanti di esseri umani, la sorveglianza sul traffico di petrolio libico e l'addrestramento della guardia costiera. L'operazione è a comando italiano e anche se non è la sua ragione d'essere, salva i naufraghi come prevede il diritto internazionale del mare quando si trova di fronte a un'imbarcazione in difficoltà li trasporta nel porto sicuro più vicino. Secondo i dati del consiglio dell'Unione europea da quando è stata lanciata nel 2015, Sophia ha salvato 44.810 persone, un sesto della vicina operazione Themis.

GLI EFFETTI LIMITATI DELLA MODIFICA DEL MANDATO DI THEMIS

Themis è l'erede di Triton, cioè l'operazione che prevedeva nel suo mandato operativo l'obbligo di sbarcare nei porti italiani. Nel giugno dell'anno passato l'Italia aveva cercato di regionalizzare gli sbarchi di tutte le operazioni europee e anche delle Ong, ma aveva ricevuto il no di Spagna e Francia. Dopo il rifiuto il governo si era concentrato sull'obiettivo di modificare il mandato delle operazioni della Marina militare. A febbraio aveva ottenuto la morte di Triton e la nascita di Themis, con un'area di intervento molto più arretrata rispetto alla Libia e l'obiettivo del contrasto al terrorismo e ai traffici illegali, anche se le operazioni di ricerca e salvataggio restano una «componente chiave» della missione. Ma la novità formalmente più rilevante stava nell'aver cancellato l'obbligo di sbarco nei soli porti italiani. I suoi effetti concreti li abbiamo visti solo poi. Per posizione geografica, i soli altri porti che potevano rappresentare un attracco sicuro erano quelli di Malta. Tenendo conto delle dimensioni dell'isola, l'Italia aveva firmato con La Valletta un "gentlemen agreement" in cui si impegnava a farsi carico lei di tutti i profughi. Ora l'accordo con Malta non viene più rispettato. Ma la situazione non cambia poi tanto, se non fosse che il ministro dell'Interno ha deciso di chiudere i porti.

IL RISCHIO DI GIOCARE CONTRO I NOSTRI STESSI INTERESSI

Sophia si basa sulle stesse regole di Triton e quindi sull'obbligo che i migranti salvati vengano portati in Italia. Roma ha il comando della missione e la finanzia per la maggior parte. Nel momento in cui l'Italia ha chiesto di chiudere i porti italiani alle navi militari di Sophia, violando quindi non semplicemente il mandato dell'operazione, ma anche il diritto del mare che prevede che i migranti salvati vengano trasportati nel porto più sicuro, gli altri Paesi hanno semplicemente messo in discussione l'opportunità che Roma tenesse il comando della missione. Il rischio era che l'intera missione saltasse, aumentando ancora di più i morti in mare, già in crescita con la linea Salvini, e perdendo anche il controllo dell'addestramento della guardia costiera libica e del traffico illegale di petrolio. E a questo punto qualcuno a Roma deve aver valutato vantaggi e svantaggi e forse concluso che il rischio era giocare contro i nostri stessi interessi.

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