Compromesso al Comitato poiltico e di
sicurezza: Roma rinuncia alla linea dura sugli sbarchi, ma avrà delle
concessioni. Rischiava di perdere il controllo strategico sulla rotte
libiche.
«Non capisco», dice il funzionario del Consiglio Ue, «c'è un solo punto all'ordine del giorno, eppure non è ancora finita». L'Italia ha chiesto di rivedere il mandato sugli sbarchi dei migranti eventualmente salvati dalle navi militari dell'operazione Sophia con l'obiettivo di non accogliere più i naufraghi sulle nostre coste. La richiesta è arrivata sul tavolo del Comitato politico e di sicurezza
mercoledì 18 luglio, la discussione è arrivata fino a sera, è ripresa
di nuovo la mattina del 20 luglio e dopo più di sei ore e mezza di
confronto Roma ha fatto una parziale marcia indietro e, come hanno confermato a Lettera43.it
diverse fonti diplomatiche, l'incontro si è chiuso con un accordo. Si
va verso la modifica di altri aspetti della missione, con l'apertura
della revisione prevista per la settimana prossima.
VERSO LA RIAPERTURA DELLA REVISIONE STRATEGICA DELLA MISSIONE
Stando al registro del Consiglio, il 20 luglio la riunione del
Comitato politico e di sicurezza è cominciata alle 9.42 con un solo
punto all'ordine del giorno: l'operazione Sophia e poi
le varie ed eventuali. Dopo più di quattro ore e mezza non si era ancora
trovato un accordo. Nella pausa pranzo il nostro ambasciatore ha avuto
il tempo di un faccia a faccia direttamente con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, a Bruxelles per il consiglio sulla Brexit e
pronto a discutere della missione militare più che di Gran Bretagna.
Dopo altre due ore di discussione, l'argomento "zero sbarchi" che
rischiava di far saltare il tavolo sembra essere stato accantonato,
anche se Roma potrebbe strappare altri risultati nel confronto dei
prossimi giorni e alcune sue richieste sembrano già essere state
accettate.
UN CONFLITTO INTESTINO AL SISTEMA ITALIANO
Del resto il funzionario del Consiglio non era il solo a non capire
questa battaglia nata da un conflitto interno messo in moto dal nostro ministro degli Interni Matteo Salvini,
un conflitto che ha opposto il responsabile della sicurezza del Paese a
una nostra stessa nave militare, che è stato esportato direttamente in
Europa e che ora sembra essere rientrato. L'Italia sembra fare e disfare
la tela da sola.
I SALVATAGGI DI SOPHIA SONO UN QUARTO DI QUELLI DI THEMIS
L'operazione Sophia ha come principale obiettivo quello della lotta ai trafficanti di esseri umani, la sorveglianza sul traffico di petrolio libico e l'addrestramento della guardia costiera. L'operazione è a comando italiano
e anche se non è la sua ragione d'essere, salva i naufraghi come
prevede il diritto internazionale del mare quando si trova di fronte a
un'imbarcazione in difficoltà li trasporta nel porto sicuro più vicino.
Secondo i dati del consiglio dell'Unione europea da quando è stata lanciata nel 2015, Sophia ha salvato 44.810 persone, un sesto della vicina operazione Themis.
GLI EFFETTI LIMITATI DELLA MODIFICA DEL MANDATO DI THEMIS
Themis è l'erede di Triton, cioè l'operazione che
prevedeva nel suo mandato operativo l'obbligo di sbarcare nei porti
italiani. Nel giugno dell'anno passato l'Italia aveva cercato di
regionalizzare gli sbarchi di tutte le operazioni europee e anche delle
Ong, ma aveva ricevuto il no di Spagna e Francia. Dopo
il rifiuto il governo si era concentrato sull'obiettivo di modificare il
mandato delle operazioni della Marina militare. A febbraio aveva
ottenuto la morte di Triton e la nascita di Themis, con un'area di
intervento molto più arretrata rispetto alla Libia e l'obiettivo del
contrasto al terrorismo e ai traffici illegali, anche se le operazioni
di ricerca e salvataggio restano una «componente chiave» della missione.
Ma la novità formalmente più rilevante stava nell'aver cancellato l'obbligo di sbarco nei soli porti italiani.
I suoi effetti concreti li abbiamo visti solo poi. Per posizione
geografica, i soli altri porti che potevano rappresentare un attracco
sicuro erano quelli di Malta. Tenendo conto delle dimensioni dell'isola,
l'Italia aveva firmato con La Valletta un "gentlemen agreement"
in cui si impegnava a farsi carico lei di tutti i profughi. Ora
l'accordo con Malta non viene più rispettato. Ma la situazione non
cambia poi tanto, se non fosse che il ministro dell'Interno ha deciso di
chiudere i porti.
IL RISCHIO DI GIOCARE CONTRO I NOSTRI STESSI INTERESSI
Sophia si basa sulle stesse regole di Triton e quindi sull'obbligo
che i migranti salvati vengano portati in Italia. Roma ha il comando
della missione e la finanzia per la maggior parte. Nel momento in cui
l'Italia ha chiesto di chiudere i porti italiani alle navi militari di
Sophia, violando quindi non semplicemente il mandato dell'operazione, ma
anche il diritto del mare che prevede che i migranti salvati vengano
trasportati nel porto più sicuro, gli altri Paesi hanno semplicemente
messo in discussione l'opportunità che Roma tenesse il comando della
missione. Il rischio era che l'intera missione saltasse, aumentando
ancora di più i morti in mare, già in crescita con la linea Salvini, e
perdendo anche il controllo dell'addestramento della guardia costiera
libica e del traffico illegale di petrolio. E a questo punto qualcuno a
Roma deve aver valutato vantaggi e svantaggi e forse concluso che il
rischio era giocare contro i nostri stessi interessi.
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