domenica 1 aprile 2018

Sta cambiando la geopolitica italiana?


Sta cambiando la geopolitica italiana?

Laura Lezza via Getty Images

Nella vita si cambia vestito (tutti i giorni, o quasi), casa (qualche volta), paese (assai più raramente). Ci sono cambiamenti che attraggono e altri che spaventano, alcuni più profondi e altri più superficiali. Né più né meno che in politica, dove pure ogni novità viene presentata come fosse epocale, che si tratti di una svolta oppure di una stanca riverniciatura di cose già successe.
Ora che al comando si trovano gli alfieri del cambiamento più radicale converrà dunque dotarsi di strumenti di misura appropriati che ci consentano di distinguere tra novità e rimasticature. E soprattutto di tracciare un solco, ognuno di noi, tra le novità che consideriamo un progresso e quelle che invece rischiano di farci fare un bel passo indietro.
Ci sono tre gradi di novità su cui, secondo me, si può misurare, già oggi, la nuova offerta politica.
La prima novità (il vestito, diciamo così) è puramente scenografica. Ad esempio, il presidente Fico che si fa fotografare in autobus altro non è che la riedizione di un copione già visto. Pertini sull'areo di linea, Rutelli in motorino, Marino in bicicletta. Immagini che a alcuni destano simpatia, a altri fanno venire il sospetto che si stia esagerando con la demagogia. Questione di gusti, viene da dire. Ma non proprio un inedito, nella nostra lunga vita repubblicana.
La seconda novità (la casa) è ancora tutta da vedere. Dovrebbe riguardare l'economia, i conti dello stato, i progetti di riforma. Tutte cose che vengono evocate sempre per titoli, e mai specificate. Forse perché possono annoiare, o forse perché rischiano di deludere. Sta di fatto che sulla flat tax e sul reddito di cittadinanza si resta per ora alla superficie degli enunciati e si fa una gran fatica a entrare nel merito. Troppo presto, si dirà. Eppure la sensazione che si stiano mettendo in campo suggestioni quasi solo virtuali non sembra così campata in aria.
La terza novità (il paese) è infine quella di cui si dovrebbe parlare di più e di cui invece tutti tacciono -o quasi. Il passaggio verso un condominio di governo tra M5s e Lega implica il rischio di un cambiamento negli orientamenti fondamentali della nostra politica estera. Finora, eravamo rimasti saldamente legati all'ortodossia europeista e atlantica. Ora invece si profila il rischio che quella ortodossia venga smentita. E che la non troppo lontana Russia putiniana diventi il lord protettore di un'Italia in cerca di nuovi ancoraggi. Non sarebbero proprio i cavalli cosacchi che si abbeverano a piazza San Pietro, ma una certa apprensione al riguardo è ragionevole nutrirla.
Ora, io non so (e nessuno sa) come andrà a finire la partita di questa legislatura. Personalmente, ho la sensazione che Di Maio e Salvini avranno più facilità a accordarsi sulla data del voto che non sul programma di governo. Ma sono sensazioni, e valgono assai poco.
Il tema vero, invece, è che qualunque nuovo esecutivo, di qualunque colore politico, dovrà chiarire quali sono le coordinate internazionali tra cui intende muoversi. Non fosse altro perché in un mondo globale tutte le sovranità nazionali sono assai relative. E dato il debito che abbiamo, la nostra è perfino più relativa di quella degli altri.
Dovremmo rivolgere lì, la nostra attenzione. E chiederci se stiamo cambiando un vestito, oppure un paese. Peccato che nessuno ne parli.

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