sabato 19 febbraio 2011

Politica Italiana

POLITICA ITALIANA

Ovvero, lo spettacolo indecente a cui siamo costretti assistere
quotidianamente in questo povero paese di cui, tra l’altro, quest’anno ricorre
l’anniversario. Parlare di Berlusconi  e dei suoi amori ormai è perfino patetico, come il personaggio del resto, l’unico augurio che ci si può fare è che se ne vada alla svelta, più tempo rimane, più tempo ci vorrà per rimediare.
Sicuramente se le cose gli gireranno male salirà su uno dei suoi aerei personali e si rifugerà nelle sue ville all’estero, con buona pace di tutti.
A noi, poveri fessi, rimarranno in dote i portaborse, i lecchini, gli arroganti che si facevano forti finché era al potere e tanti altri campioni della sopravvivenza politica ad ogni costo. Della Lega meglio non parlare e stendere un velo pietoso; vive di slogan ad effetto, l’unica cosa che gli è rimasta è il federalismo notevolmente annacquato ma ancora buono da far bere ai suoi fedeli. In occasione, poi, del decreto sul giorno di festa per i 150 anni dell’unità d’Italia, ha avuto un insperato spunto “politico” per gridare allo scandalo e riproporre la mai sopita secessione dall’Italia stessa. Stanno distruggendo quel poco di senso civico che faticosamente si era fatto strada negli anni passati. Ognuno è ritornato a coltivare il proprio orticello, al motto: prima mi sistemo, dopo posso anche protestare; a tutto questo si è aggiunto un totale menefreghismo nei confronti di qualsiasi regola, l’imperativo è: per essere felici bisogna fare soldi con qualsiasi mezzo! Chi non ce la fa dovrà accontentarsi di rimanere povero ed essere felice guardando gli altri che ce l’hanno fatta. Così ha detto e ripetuto per venti anni il sultano ai suoi lustrascarpe che hanno amplificato le sue parole. C’è ormai un indifferenza apatica nei confronti di tutto e tutti, un qualunquismo che spinge i più scalmanati a gridare al complotto, quando non si rispolverano, addirittura, vecchie pratiche anticomuniste degne di un medioevo ormai lontano, costringendo persone civili e educate, a rifugiarsi nel silenzio aspettando che passi la tempesta. La televisione, cult-mouvie di questo secolo, non ha neanche più bisogno di registi cinematografici, basta riprendere direttamente le scene nei talk show, i veri registi stanno dietro le quinte. Un opposizione che, giustamente, non è in grado di seguire le urla e gli insulti che costituiscono l’ordinaria dialettica politica, è costretta in un angolo, convinta che la gente, prima o poi, capirà; quando, invece, ci sarebbe bisogno di cominciare a urlare, farsi sentire in maniera civile tutti i giorni, non solo episodicamente nelle piazze, urlare lo sdegno, rifiutare situazioni in cui, per quieto vivere si china la testa, costretti a vergognarci di essere Italiani anche per tutti quelli che continuano a fare i fatti propri come se nulla fosse.      
Io vivo nel ricco Nord-Est dove sono nato e posso garantire che, propaganda
Leghista e voto di protesta a parte, non siamo fatti così. C’è un fiume sacro ai veneti e alla patria intorno al quale si cammina come sopra un grande cimitero, C’è una cultura contadina che resiste ancora con tutte le sue antiche saggezze, con i ricordi di quando, in tanti, sono partiti con la valigia di cartone e sono diventati cittadini del mondo. La nostra solidarietà è spontanea, non serve accendere l’interruttore a comando, come qualcuno, ultimo apparso nella scena politica vorrebbe far credere, preferiamo stare zitti, anche se prima o dopo, alziamo la testa per gridare, come ha giustamente detto Benigni l’altra sera:
Italiani, svegliatevi!

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