Led Zeppelin, il dirigibile che cinquant'anni fa ha rivoluzionato il rock
Il 12 gennaio del 1969 usciva negli Stati Uniti il primo album della band di Robert Plant e Jimmy Page che segnò il definitivo tramonto dell'utopia hippie degli anni Sessanta
di ANDREA SILENZI
Il festival di Woodstock sarebbe arrivato solo in estate, ma già il 12 gennaio del 1969 le fondamenta dell'utopia hippie erano già entrate seriamente in crisi. Colpa, per così dire, del primo album dei Led Zeppelin, che portava semplicemente il nome della band, nati dalle ceneri degli Yardbirds. Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham avevano suonato per la prima volta insieme il 12 agosto 1968 in una sala prove di Gerrard Street, a Londra. Partirono con Train kept - a - rollin e, come racconta Jimmy Page, "fu subito un lampo".
Prima di entrare in sala di incisione, i Led Zeppelin si fecero conoscere negli Stati Uniti con una serie di show memorabili. Senza dischi alle spalle, con un repertorio fatto di classici blues e di brani eseguiti già ai tempi dei New Yardbirds. Gli americani apprezzarono: le prenotazioni dell'album ancora in preparazione arrivarono a 50.000. Anche il disco fu registrato in un lampo nell'ottobre successivo: tre giorni di lavori forzati negli Olympic Studios di Barnes, a Londra, con 1750 sterline di budget, copertina compresa.
E quella copertina fece discutere, così come il nome della band, che Page aveva scelto quando si era ricordato di una battuta fatta da Keith Moon e John Entwistle degli Who, che stanchi della loro band sognavano un nuovo progetto che avrebbe potuto chiamarsi "Lead Zeppelin", ovvero Zeppelin di piombo "perché tanto non avrà nessun successo". Così la band scelse l'immagine del dirigibile in fiamme mentre tenta di attraccare al pilone di ormeggio della stazione aeronavale di Lakehurst, nel New Jersey. La combinazione nome-foto fece infuriare Eva von Zeppelin, nipote del conte von Zeppelin, che minacciò di querelare la band per uso illegale del nome di famiglia. Ma si era già nel 1970, e la band era già nella leggenda.
I nove brani di Led Zeppelin scavano un fossato profondo con il passato, relegando sullo sfondo l'estetica degli anni 60. Gli Zep suonavano sporco. Il sound era pesante, il blues (ci sono almeno un paio di brani presi dal repertorio di Willie Dixon) veniva strapazzato e rimesso in circolo dopo un trattamento a base di folk e R&B. L'atmosfera è dionisiaca, febbrile, per niente conciliante. Come scrive Stephen Davies nella celebre biografia Il martello degli dei, "Jimmy Page fu capace di catturare l'ambiguo e semplice eccitamento di un gruppo in calore". Page era convinto che per ritrovare il suono dei primi dischi di rock'n'roll, che sembravano registrati durante una festa, fosse fondamentale studiare a fondo la disposizione dei microfoni in studio. "La distanza è profondità", rivelò spiegando che il suo obiettivo era catturare l'emozione e il suono dell'ambiente quanto più possibile.
Nei solchi di quel primo disco ci sono le tracce di uno stile che ha definito un intero genere: Good times, bad times, Babe I'm gonna leave you, Communication breakdown e soprattutto Dazed and confused, "il" brano che racconta tutta la filosofia dei Led Zeppelin con quell'assolo di chitarra suonata con l'archetto che dal vivo poteva durare anche mezzora. In America il successo di pubblico fu immediato, sebbene la critica non si mostrò particolarmente entusiasta. Rolling Stone scrisse che il disco degli Zep era solo una brutta copia dell'ultimo album di Jeff Beck (anche lui ex Yardbirds, come Eric Clapton) e che difficilmente la band avrebbe potuto raggiungere i livelli dei Cream, la band rock-blues più amata degli anni 60.
In Inghilterra, dove il disco uscì a fine marzo, non andò meglio: Led Zeppelin fu ignorato da Radio One della Bbc, e ci vollero mesi prima di vederlo in classifica. Ma tutti coloro che avevano snobbato la band fecero ampiamente in tempo a modificare il loro punto di vista. E quanto alle accuse di plagio e di non riconoscimento dei crediti di cui furono oggetto quasi tutti i brani dell'album, Page spiegò alla rivista Guitar player che gli Zep "suonano liberamente, quando riusciamo ad avere un pezzo fatto e finito ne siamo tutti molto felici, ma arrivarci è tutta un'altra faccenda. Proprio per questo, riesce tutto più facile partendo da un vecchio brano blues. Quanto all'originalità del nostro lavoro, dipende tutto da come lo si valuta. Si potrebbe dire che è originale all'80%, se si escludono le parole. Anche se, in realtà, dovrebbe esserlo al 90%, perché i nostri brani durano sempre dieci-quindici minuti, mentre l'originale ne dura solo 3. Quindi, la sostanza è che facciamo qualcosa di nuovo ogni volta". Diabolico. Ma questa è un'altra storia.
Prima di entrare in sala di incisione, i Led Zeppelin si fecero conoscere negli Stati Uniti con una serie di show memorabili. Senza dischi alle spalle, con un repertorio fatto di classici blues e di brani eseguiti già ai tempi dei New Yardbirds. Gli americani apprezzarono: le prenotazioni dell'album ancora in preparazione arrivarono a 50.000. Anche il disco fu registrato in un lampo nell'ottobre successivo: tre giorni di lavori forzati negli Olympic Studios di Barnes, a Londra, con 1750 sterline di budget, copertina compresa.
E quella copertina fece discutere, così come il nome della band, che Page aveva scelto quando si era ricordato di una battuta fatta da Keith Moon e John Entwistle degli Who, che stanchi della loro band sognavano un nuovo progetto che avrebbe potuto chiamarsi "Lead Zeppelin", ovvero Zeppelin di piombo "perché tanto non avrà nessun successo". Così la band scelse l'immagine del dirigibile in fiamme mentre tenta di attraccare al pilone di ormeggio della stazione aeronavale di Lakehurst, nel New Jersey. La combinazione nome-foto fece infuriare Eva von Zeppelin, nipote del conte von Zeppelin, che minacciò di querelare la band per uso illegale del nome di famiglia. Ma si era già nel 1970, e la band era già nella leggenda.
I nove brani di Led Zeppelin scavano un fossato profondo con il passato, relegando sullo sfondo l'estetica degli anni 60. Gli Zep suonavano sporco. Il sound era pesante, il blues (ci sono almeno un paio di brani presi dal repertorio di Willie Dixon) veniva strapazzato e rimesso in circolo dopo un trattamento a base di folk e R&B. L'atmosfera è dionisiaca, febbrile, per niente conciliante. Come scrive Stephen Davies nella celebre biografia Il martello degli dei, "Jimmy Page fu capace di catturare l'ambiguo e semplice eccitamento di un gruppo in calore". Page era convinto che per ritrovare il suono dei primi dischi di rock'n'roll, che sembravano registrati durante una festa, fosse fondamentale studiare a fondo la disposizione dei microfoni in studio. "La distanza è profondità", rivelò spiegando che il suo obiettivo era catturare l'emozione e il suono dell'ambiente quanto più possibile.
Nei solchi di quel primo disco ci sono le tracce di uno stile che ha definito un intero genere: Good times, bad times, Babe I'm gonna leave you, Communication breakdown e soprattutto Dazed and confused, "il" brano che racconta tutta la filosofia dei Led Zeppelin con quell'assolo di chitarra suonata con l'archetto che dal vivo poteva durare anche mezzora. In America il successo di pubblico fu immediato, sebbene la critica non si mostrò particolarmente entusiasta. Rolling Stone scrisse che il disco degli Zep era solo una brutta copia dell'ultimo album di Jeff Beck (anche lui ex Yardbirds, come Eric Clapton) e che difficilmente la band avrebbe potuto raggiungere i livelli dei Cream, la band rock-blues più amata degli anni 60.
50 anni di rock, 1971: la scalata al cielo dei Led Zeppelin
in riproduzione....
In Inghilterra, dove il disco uscì a fine marzo, non andò meglio: Led Zeppelin fu ignorato da Radio One della Bbc, e ci vollero mesi prima di vederlo in classifica. Ma tutti coloro che avevano snobbato la band fecero ampiamente in tempo a modificare il loro punto di vista. E quanto alle accuse di plagio e di non riconoscimento dei crediti di cui furono oggetto quasi tutti i brani dell'album, Page spiegò alla rivista Guitar player che gli Zep "suonano liberamente, quando riusciamo ad avere un pezzo fatto e finito ne siamo tutti molto felici, ma arrivarci è tutta un'altra faccenda. Proprio per questo, riesce tutto più facile partendo da un vecchio brano blues. Quanto all'originalità del nostro lavoro, dipende tutto da come lo si valuta. Si potrebbe dire che è originale all'80%, se si escludono le parole. Anche se, in realtà, dovrebbe esserlo al 90%, perché i nostri brani durano sempre dieci-quindici minuti, mentre l'originale ne dura solo 3. Quindi, la sostanza è che facciamo qualcosa di nuovo ogni volta". Diabolico. Ma questa è un'altra storia.
Nessun commento:
Posta un commento