giovedì 4 ottobre 2018

Manovra 2019, quel tanto che basta per pompare la campagna elettorale

Il ritocco del deficit non basta a Bruxelles. La manovra ha a malapena le coperture per il 2019, ma è quel che serve per la corsa alle Europee. Dopo si scommette su un'Europa sovranista

Più che un segnale per rasserenare i mercati, la mossa, ovvero il ritocco del deficit per il 2020 e 2021, pare un modo per precostituirsi l'alibi del "grande conflitto" con l'Europa matrigna. E tenerlo alto, mettendo in conto che possa bocciare la "manovra del popolo". Ecco, sembra una rassicurazione, ma resta l'azzardo giocato fin qui attraverso una manovra omerica, che si trasmette per tradizione orale, in una conferenza stampa senza domande, negli spin dei partiti e nelle dirette facebook. A una settimana dagli annunci trionfanti dal "balconcino" di palazzo Chigi, non c'è ancora una tabella compiuta, fatta di numeri certi e indicazione di coperture, anche se viene dato come imminente l'approdo in Parlamento.
È l'azzardo di un calcolo politico che tiene come orizzonte le europee, più che la legislatura. Un anno e via, poi si vede, rinviando tutto all'Europa sovranista della prossima primavera, con un'altra Commissione, altri equilibri di forza, altro clima. È la conferenza stampa di due partiti in campagna elettorale, più che di un governo, quella che è andata in scena a palazzo Chigi, con un ministro del Tesoro evidentemente provato e a disagio. E quella che è proseguita nelle dichiarazioni successive e nei numeri forniti dalle "fonti di governo" dei due partiti. La bocca di Salvini non pronuncia mai la parola "reddito di cittadinanza", la bocca di Di Maio non pronuncia la revisione della Fornero o la flat tax, non si capisce quanti miliardi siano destinati all'una e all'altra misura. I numeri che si comprendono raccontano di una tensione destinata a rimanere. Primo tra tutti il rapporto deficit-Pil, al 2,4 per il 2019, vero oggetto di valutazione della Commissione europea che si discosta di parecchio dallo 0,9 fissato nel Def di aprile. E si discosta dal criterio ricordato dal commissario europeo per gli affari economici Pierre Moscovici, secondo cui il deficit strutturale deve comunque migliorare anche se quello nominale resta contenuto sotto la soglia del 3 per cento. col 2,4 c'è invece il rischio che il deficit strutturale non sia nella traiettoria fissata dal patto di stabilità e di crescita. Soprattutto se vengono fatte stime di crescita troppo ottimistiche, come l'1,6, cifra che giustificherebbe l'obiettivo del 2,4. Non c'è un economista o esperto di finanza persuaso dalla possibilità di raddoppiare il tasso di crescita, in un paese in pieno rallentamento economico, facendo leva su misure che, come il reddito di cittadinanza, aumentano la spesa corrente. A conti fatti, in questa lotteria di numeri in libertà mancano almeno 15 miliardi di coperture. Le promesse del "contratto" di governo sono debito, inteso come debito pubblico, su cui svolazza il famoso Cigno nero, l'evento imprevisto che ci avrebbe spinto al punto di non ritorno nel conflitto con l'Europa. Quel cigno è nella logica politica della manovra del governo gialloverde, primo esperimento sovranista e, per molti, anticipazione dell'Europa che verrà. Al netto dei ritocco del deficit per il 2020 e 2021.
Si sarebbe potuto inserire il reddito di cittadinanza come misura "sperimentale" e "temporanea", da oprire col condono, il che avrebbe consentito di ridurre la spesa pluriennale. Se ne è discusso ma è stata un'ipotesi scartata, perché "Di Maio non se lo può permettere politicamente". Così come la Lega fa sapere che 10 miliardi sono per le misure rivendicate dalla Lega, a partire dalla revisione della Fornero, perché "per Salvini è irrinunciabile". È chiaro che siamo di fronte alla "guerra vera" di cui ha parlato Paolo Savona qualche giorno fa. Che non è indolore e a costo zero. Qualunque cosa farà l'Europa, e non è fantasioso prevedere che possa bocciare la manovra, e qualunque cosa faranno le agenzie di rating (e non è fantasioso pensare e un declassamento) Matteo Salvini e Luigi Di Maio potranno tenere viva la narrazione delle "promesse mantenute", della "povertà abolita", dei X milioni di cittadini che hanno avuto il reddito di cittadinanza (che le loro famiglie sono almeno X al quadrato di votanti), "dei poteri forti" che non ci hanno fermato. Per un anno. E poi si vede.

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