lunedì 28 luglio 2014

LA PACE: UN'ARABA FENICE










La pace: un’araba fenice

Come scrittore spesso mi sento rivolgere domande sul perché la follia sia sempre presente nei miei racconti o poesie. Il motivo è facilmente immaginabile, basta ascoltare o leggere le “News” dal mondo e si capisce che la follia ormai regna sovrana, nell’indifferenza più assoluta. Secoli fa le guerre iniziavano per motivi religiosi, economici, territoriali o razziali; ogni motivo era buono per rafforzare il potere, guadagnare soldi e ricchezze che  costituivano il vero nocciolo del loro essere. Il popolo veniva vestito con l’uniforme, mandato al fronte qualora ci fosse penuria di mercenari e utilizzato come carne da macello. Non c’era ovviamente nessun tipo di informazione come potrebbe esserci adesso ma solo la paura di disubbidire e poter essere fucilati o sterminati assieme alla famiglia. Perché questo preambolo? Perché l’uomo nei secoli, pur migliorando il suo modo di vivere materiale anziché sviluppare la civiltà e il progresso a suo favore,
con una crescita volta a portare benessere sociale, sviluppo dell’intelligenza, della conoscenza e ampliamento della cultura, non più intesa come “merce” per pochi, si è preoccupato di affiancare  ad ogni progresso scientifico, un vistoso salto indietro nel suo vivere sociale e ambientale. Lo sviluppo esponenziale della scienza, applicato alle tecnologie che ci supportano quotidianamente, ha messo in secondo piano, quando addirittura non ha relegato in soffitta, quel poco di cervello e di anima che ci indirizzava alla fratellanza, alla solidarietà e alla ricerca del bello, inteso non come inutile estetismo ma piacevole apprezzamento della vita terrena. Concentriamo tutti i nostri sforzi attorno a dei fogli di carta colorata, altrimenti chiamati soldi che sembrano essere in grado di sciogliere tutti i problemi anche i più insormontabili e impossibili che ci troviamo a dover affrontare. Con quelli si risolve tutto, dalla montagna che frana e travolge ogni cosa, all’acqua che sommerge case e terreni, all’aria sempre più avvelenata che respiriamo, fingendo di non sapere che siamo noi gli artefici del danno in nome del guadagno a ogni costo. L’etica, parola ormai sconosciuta alle nuove generazioni è stata “asfaltata” dall’egoismo, dall’avidità, dall’ignoranza nell’affrontare le difficoltà delegando ai soliti noti che ormai controllano il mondo, la loro risoluzione e trasformando in indifferenza ciò che non è utile al proprio tornaconto. Una dimostrazione attuale sono le migrazioni ormai bibliche dei popoli dell’Africa o del Medio Oriente che scappano da guerre e devastazioni, provocate, nella migliore delle ipotesi dai civilissimi bianchi che sfruttano tutto quello che c’è da sfruttare lasciando terra bruciata dove una volta popolazioni pacifiche e inermi vivevano senza problemi. Si riduce tutto a pochi slogan xenofobi quasi a volersi sfogare su quella povera gente, la cui unica colpa è di non volere morire, visto che quando nascono si ritrovano con una bara di legno già cucita addosso. Il problema semmai va risolto alla fonte dandogli la possibilità di ritornare a vivere a casa loro, costringendo le multinazionali a creare ospedali, scuole, lavoro non certo pagato pochi centesimi come ai tempi degli schiavi, visto che sono considerati tali. Prendo spunto, scusandomi, da questa mia lunga introduzione per parlare di guerra, pane ormai quotidiano nel mondo anche se ormai, l’avrete capito, considero guerra anche la lotta quotidiana di chi deve sopravvivere nella società “Civile”.
Ci sono conflitti nell’Est Europa dovuti ai confini creati finita la seconda guerra mondiale e, a seguire, nel post comunismo sovietico. Ci sono guerre più feroci nell’Africa e nel MedioOriente la più famosa delle quali è l’arabo-israeliana, al cui confronto quella dei cent’anni di antica memoria  impallidisce.
Qui si parla di un odio religioso, etnico territoriale, radicato da migliaia di anni anche se esploso abbastanza recentemente ovvero da quando gli Inglesi crearono uno Stato Ebraico ad hoc, cacciando dalla Palestina chi ci viveva pacificamente da secoli: le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E’ un odio che difficilmente si potrà cancellare a tavolino tra le parti in causa; è un odio che va risolto a livello internazionale sempre che ce ne sia la volontà, cosa di cui dubito fortemente per i troppi interessi in gioco. Bisogna che almeno un paio di generazioni di ebrei e Palestinesi crescano apprezzando cosa vuol dire vivere senza il fucile in mano o con l’odio e l’impotenza nel cuore anche se tra questi ci sono persone che già adesso hanno voglia di pace e fratellanza. Sappiamo tutti cosa hanno subito gli ebrei il secolo scorso: “Giù il cappello e massimo rispetto, senza se e senza ma”.
Diciamo però che Israele non può avere il monopolio della terra promessa, calpestando i sacrosanti diritti di chi in quella terra ha sempre vissuto; il mondo è di tutti e tutti hanno diritto a viverci nel rispetto reciproco . Fa specie vedere il popolo ebraico trattare i palestinesi come una razza inferiore, infierire a ogni minima reazione da parte loro, trattandoli come terroristi straccioni. Fa specie vedere donne, vecchi, bambini ammazzati scientificamente col solo scopo di eliminarne il più possibile. Vedere la cieca furia di soldati estremisti che dovrebbero per contro, ricordare quanto successo al loro popolo anni orsono.
Neanche dall’altra parte comunque, ci sono scuse credibili, ricambiano l’odio alla loro maniera con tutti i mezzi possibili e immaginabili; caso mai la simpatia, se così vogliamo chiamarla, nei loro confronti è dovuta all’eterna contrapposizione tra Davide e Golia, tra la forza bruta di chi sa di avere le spalle coperte dalla politica internazionale e dall’indifferenza del mondo e da chi difende la sua famiglia e la sua terra, sapendo di non avere più nulla da perdere. Corre voce e, sicuramente sarà vero che il mare antistante Gaza e la stessa Palestina sia un enorme barile di petrolio e gas naturale, sul quale molti occhi, da tempo, si sono puntati. Questo spiegherebbe l’invasione per rendere sicura la terra di Sion, levati di mezzo gli straccioni, Israele diverrebbe la vera potenza economica/militare del Medio oriente, alla faccia dell’ONU  considerata ormai poco più di una bocciofila paesana.    
Chiudo con un’assioma che a volte leggo sui giornali e che torna sempre di attualità, ovvero:
“Qualcuno dice che la guerra è la prosecuzione della politica con mezzi diversi; di sicuro so che la pace non può essere la prosecuzione della guerra con altri mezzi né la si può ottenere solo con la violenza”.


FRANCESCO CHECCUSWRITER DANIELETTO

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