La pace: un’araba fenice
Come scrittore spesso mi
sento rivolgere domande sul perché la follia sia sempre presente nei miei
racconti o poesie. Il motivo è facilmente immaginabile, basta ascoltare o
leggere le “News” dal mondo e si capisce che la follia ormai regna sovrana,
nell’indifferenza più assoluta. Secoli fa le guerre iniziavano per motivi
religiosi, economici, territoriali o razziali; ogni motivo era buono per
rafforzare il potere, guadagnare soldi e ricchezze che costituivano il vero nocciolo del loro
essere. Il popolo veniva vestito con l’uniforme, mandato al fronte qualora ci
fosse penuria di mercenari e utilizzato come carne da macello. Non c’era
ovviamente nessun tipo di informazione come potrebbe esserci adesso ma solo la
paura di disubbidire e poter essere fucilati o sterminati assieme alla
famiglia. Perché questo preambolo? Perché l’uomo nei secoli, pur migliorando il
suo modo di vivere materiale anziché sviluppare la civiltà e il progresso a suo
favore,
con una crescita volta a
portare benessere sociale, sviluppo dell’intelligenza, della conoscenza e
ampliamento della cultura, non più intesa come “merce” per pochi, si è
preoccupato di affiancare ad ogni
progresso scientifico, un vistoso salto indietro nel suo vivere sociale e
ambientale. Lo sviluppo esponenziale della scienza, applicato alle tecnologie
che ci supportano quotidianamente, ha messo in secondo piano, quando
addirittura non ha relegato in soffitta, quel poco di cervello e di anima che
ci indirizzava alla fratellanza, alla solidarietà e alla ricerca del bello,
inteso non come inutile estetismo ma piacevole apprezzamento della vita
terrena. Concentriamo tutti i nostri sforzi attorno a dei fogli di carta
colorata, altrimenti chiamati soldi che sembrano essere in grado di sciogliere tutti
i problemi anche i più insormontabili e impossibili che ci troviamo a dover
affrontare. Con quelli si risolve tutto, dalla montagna che frana e travolge
ogni cosa, all’acqua che sommerge case e terreni, all’aria sempre più
avvelenata che respiriamo, fingendo di non sapere che siamo noi gli artefici
del danno in nome del guadagno a ogni costo. L’etica, parola ormai sconosciuta
alle nuove generazioni è stata “asfaltata” dall’egoismo, dall’avidità,
dall’ignoranza nell’affrontare le difficoltà delegando ai soliti noti che ormai
controllano il mondo, la loro risoluzione e trasformando in indifferenza ciò
che non è utile al proprio tornaconto. Una dimostrazione attuale sono le
migrazioni ormai bibliche dei popoli dell’Africa o del Medio Oriente che
scappano da guerre e devastazioni, provocate, nella migliore delle ipotesi dai
civilissimi bianchi che sfruttano tutto quello che c’è da sfruttare lasciando
terra bruciata dove una volta popolazioni pacifiche e inermi vivevano senza
problemi. Si riduce tutto a pochi slogan xenofobi quasi a volersi sfogare su
quella povera gente, la cui unica colpa è di non volere morire, visto che
quando nascono si ritrovano con una bara di legno già cucita addosso. Il
problema semmai va risolto alla fonte dandogli la possibilità di ritornare a
vivere a casa loro, costringendo le multinazionali a creare ospedali, scuole,
lavoro non certo pagato pochi centesimi come ai tempi degli schiavi, visto che
sono considerati tali. Prendo spunto, scusandomi, da questa mia lunga
introduzione per parlare di guerra, pane ormai quotidiano nel mondo anche se
ormai, l’avrete capito, considero guerra anche la lotta quotidiana di chi deve
sopravvivere nella società “Civile”.
Ci sono conflitti nell’Est
Europa dovuti ai confini creati finita la seconda guerra mondiale e, a seguire,
nel post comunismo sovietico. Ci sono guerre più feroci nell’Africa e nel MedioOriente
la più famosa delle quali è l’arabo-israeliana, al cui confronto quella dei
cent’anni di antica memoria
impallidisce.
Qui si parla di un odio religioso, etnico
territoriale, radicato da migliaia di anni anche se esploso abbastanza
recentemente ovvero da quando gli Inglesi crearono uno Stato Ebraico ad hoc,
cacciando dalla Palestina chi ci viveva pacificamente da secoli: le conseguenze
sono sotto gli occhi di tutti. E’ un odio che difficilmente si potrà cancellare
a tavolino tra le parti in causa; è un odio che va risolto a livello
internazionale sempre che ce ne sia la volontà, cosa di cui dubito fortemente
per i troppi interessi in gioco. Bisogna che almeno un paio di generazioni di
ebrei e Palestinesi crescano apprezzando cosa vuol dire vivere senza il fucile
in mano o con l’odio e l’impotenza nel cuore anche se tra questi ci sono persone
che già adesso hanno voglia di pace e fratellanza. Sappiamo tutti cosa hanno
subito gli ebrei il secolo scorso: “Giù il cappello e massimo rispetto, senza
se e senza ma”.
Diciamo però che Israele non può avere il
monopolio della terra promessa, calpestando i sacrosanti diritti di chi in
quella terra ha sempre vissuto; il mondo è di tutti e tutti hanno diritto a
viverci nel rispetto reciproco . Fa specie vedere il popolo ebraico trattare i
palestinesi come una razza inferiore, infierire a ogni minima reazione da parte
loro, trattandoli come terroristi straccioni. Fa specie vedere donne, vecchi,
bambini ammazzati scientificamente col solo scopo di eliminarne il più
possibile. Vedere la cieca furia di soldati estremisti che dovrebbero per
contro, ricordare quanto successo al loro popolo anni orsono.
Neanche dall’altra parte comunque, ci sono scuse
credibili, ricambiano l’odio alla loro maniera con tutti i mezzi possibili e
immaginabili; caso mai la simpatia, se così vogliamo chiamarla, nei loro
confronti è dovuta all’eterna contrapposizione tra Davide e Golia, tra la forza
bruta di chi sa di avere le spalle coperte dalla politica internazionale e
dall’indifferenza del mondo e da chi difende la sua famiglia e la sua terra,
sapendo di non avere più nulla da perdere. Corre voce e, sicuramente sarà vero
che il mare antistante Gaza e la stessa Palestina sia un enorme barile di
petrolio e gas naturale, sul quale molti occhi, da tempo, si sono puntati.
Questo spiegherebbe l’invasione per rendere sicura la terra di Sion, levati di
mezzo gli straccioni, Israele diverrebbe la vera potenza economica/militare del
Medio oriente, alla faccia dell’ONU
considerata ormai poco più di una bocciofila paesana.
Chiudo con un’assioma che a volte leggo sui
giornali e che torna sempre di attualità, ovvero:
“Qualcuno dice che la guerra è la prosecuzione
della politica con mezzi diversi; di sicuro so che la pace non può essere la
prosecuzione della guerra con altri mezzi né la si può ottenere solo con la
violenza”.
FRANCESCO
CHECCUSWRITER DANIELETTO