giovedì 21 settembre 2017

Testamento biologico

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In risposta ad una lettera di Carlo Troilo che sollecita l’approvazione del disegno di legge sul testamento biologico, su “La Repubblica” del 13.9.2017 Corrado Augias ha scritto:
Il tormentato percorso di questo progetto di legge è avvilente, appartiene ad altri tempi, a un’altra Italia.
I settori più arretrati dello schieramento cattolico cercano (non di rado in modo strumentale) di impedire che venga adottato un provvedimento che fa chiaramente parte dei diritti inalienabili di un individuo, infatti non solo vigente in tutto il mondo occidentale ma largamente sentito anche dall’opinione pubblica italiana.
In materie di questo tipo è importante capire bene di che si parla: si tratta non di autorizzare l’eutanasia, cioè la fine della vita, ma solo di regolamentare l’espressione anticipata della volontà nel caso che sopraggiunga una malattia senza rimedio e di lunga durata che privi un individuo della capacità fisica o intellettiva. Io stabilisco, oggi per allora, che in un’eventualità del genere non voglio essere curato al di là di ogni ragionevolezza. Poiché si tratta di materie delicatissime, si possono citare due principali aspetti positivi della legge.
Chiarire che alimentazione e idratazione artificiali sono “terapie” e non trattamenti vitali. Classificarle come “terapie” vuol dire renderle rifiutabili in base a quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione là dove detta: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Un principio del genere impedirebbe il ripetersi di vicende tragiche come quelle di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro.
Secondo: consentirebbe la sedazione profonda continua, eviterebbe molti dei mille suicidi di malati che ogni anno sono costretti dalle nostre leggi spietate al passo estremo. Vengono in mente i gesti disperati di Mario Monicelli e di Carlo Lizzani costretti a gettarsi dalla finestra per porre fine ai loro giorni.
Una crudeltà e una barbarie dove una distorta “religiosità” mostra il suo volto peggiore. La definisco “distorta” perché la religiosità vera è quella in base alla quale un individuo regola e indirizza secondo coscienza la propria vita senza la pretesa di applicare le stesse regole a chi pensa diversamente.

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