sabato 6 aprile 2019

Le schede ospedaliere 2019-2023






Veneto, equipe di medici itineranti per scongiurare la chiusura dei reparti


Le schede ospedaliere 2019-2023: un taglio di 546 posti letto, via le lungodegenze, più riabilitazione e spazio ai privati
VENEZIA. È lo spauracchio che agita i sonni di politici e manager. È il DM 70, acronimo del decreto ministeriale che ridefinisce gli standard qualitativi e strutturali della rete ospedaliera; non si tratta di consigli bonari: il regolamento assegna a ciascun reparto volumi di prestazioni e “bersagli clinici” tassativi e sottoposti a verifica annuale, riservando la chiusura tout court a chi non centra gli obiettivi. Prende le mosse da qui, dall’esigenza di salvaguardare l’offerta pubblica della salute nel Veneto, la più significativa novità prevista dalle Schede di dotazione ospedaliera 2019-2023 presentate ieri a Palazzo Ferro-Fini, ovvero la mobilità degli specialisti in camice bianco da un presidio all’altro, così da garantire il “fatturato” richiesto e scongiurare la scure romana: «Sì, sposteremo le équipe mediche tra più ospedali aiutando i più “deboli” a rientrare negli parametri di qualità e quantità», taglia corto Domenico Mantoan, direttore della sanità regionale.


Spoke, hub e comunità A introdurre il documento di programmazione, l’assessore Manuela Lanzarin:«I posti letto complessivi reali sono diminuiti in tutto di sole 9 unità, rispettando l’indice nazionale del 3 per mille per acuti, dello 0,5 per i riabilitativi e dello 0,2 per la mobilità extraregionale, con un ulteriore più 0,2 per mille destinato alle aree disagiate della montagna e del Polesine. Le apicalità? 731, secondo il rapporto consolidato 1 primario/25 medici». In cifre si passa dai 18.398 del 2013 ai 17.852 previsti nell’immediato futuro («Abbiamo “congelato” quelli inutilizzati in attesa di una valutazione da parte dell’assemblea») ma più rilevante appare la rotta intrapresa, riflesso di un territorio dove le culle si svuotano e la popolazione invecchia: «In ogni ospedale hub abbiamo previsto un reparto di neuropsichiatria infantile con posti letto e primario, distinguendolo dalle pediatrie», puntualizza Lanzarin «e confermiamo tutti i punti nascita, anche i tre che non hanno ottenuto la deroga nazionale - Piove di Sacco (chiuso), Adria e Valdagno non raggiungono il tetto minimo di 500 parti l’anno ndr - perché il calo delle nascite impone una revisione dei parametri. Viceversa, è prevista l’eliminazione delle lungodegenze, che determinavano ricoveri lunghi e spesso inappropriati, sostituite dal rafforzamento delle strutture intermedie e degli ospedali di comunità, accompagnato dal potenziamento della riabilitazione con un centro a valenza provinciale in ciascuna delle nove Ulss».

SFORBICIATA A CHIRURGIA Più qualità e degenze ridotte nel materno-infantile, allora; maggiori investimenti sulla “filiera della cronicità” e una sforbiciata ai posti letto anche nelle chirurgie «perché oggi tecnologia e robotica meno invasive limitano la durata del ricovero post-operatorio». La riabilitazione, già. Caratterizzata da una domanda in crescita a fronte di un’offerta insoddisfacente: «La nostra rete riabilitativa non funziona e sconta un calo di affluenza del 20% a beneficio di Friuli, Emilia e Lombardia. Dobbiamo migliorare l’offerta di recupero funzionale», scandisce Mantoan. Ancora, è immutata la classificazione degli ospedali: quelli “di base” con un bacino d’utenza tra 80 e 150 mila abitanti, gli “spoke” tra 150 e 300 mila; gli “hub” da 600 mila in su. Per una serie di specialità caratterizzate da tempi d’attesa «impropri» - psichiatria, pediatria, ostetricia/ginecologia, oculistica - è previsto l’accesso diretto dal pronto soccorso. Sul versante Iov, spunta la volontà di aprire un ambulatorio a Portogruaro.

I CASI DI PADOVA E vENEZIA Tant’è. L’apertura della discussione ad opera del presidente leghista Fabrizio Boron, è stato animato dagli interventi dell’opposizione. Marino Zorzato (Forza Italia) e il Pd - per voce di Stefano Fracasso, Claudio Sinigaglia, Bruno Pigozzo e Orietta Salemi - chiedono chiarezza sul percorso del Sant’Antonio, l’ospedale padovano destinato a fondersi con il Giustiniani in vista del del nuovo policlinico universitario, e del Civile veneziano a rischio di declassamento; «A Padova potremo dedicare una scheda di “transizione pluriennale” mentre la particolarità del caso Venezia è all’attenzione del sottosegretario Coletto», la replica dell’assessore. Duri Piero Ruzzante (Leu) e Patrizia Bartelle (Italia in comune) che contestano la crescita del business privato: «La Lega è il killer della sanità pubblica»; «Schede conservative, a fronte della scarsità di medicimanca il coraggio politico di cercare via nuove», il giudizio a 5 Stelle di Jacopo Berti. —


 

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