Veneto, equipe di medici itineranti per scongiurare la chiusura dei reparti
Le schede ospedaliere 2019-2023: un taglio di 546 posti letto, via le lungodegenze, più riabilitazione e spazio ai privati
VENEZIA. È lo spauracchio che agita i sonni di politici e manager. È il DM 70, acronimo del decreto ministeriale che ridefinisce gli standard qualitativi e strutturali della rete ospedaliera; non si tratta di consigli bonari: il regolamento assegna a ciascun reparto volumi di prestazioni e “bersagli clinici” tassativi e sottoposti a verifica annuale, riservando la chiusura tout court a chi non centra gli obiettivi. Prende le mosse da qui, dall’esigenza di salvaguardare l’offerta pubblica della salute nel Veneto, la più significativa novità prevista dalle Schede di dotazione ospedaliera 2019-2023 presentate ieri a Palazzo Ferro-Fini, ovvero la mobilità degli specialisti in camice bianco da un presidio all’altro, così da garantire il “fatturato” richiesto e scongiurare la scure romana: «Sì, sposteremo le équipe mediche tra più ospedali aiutando i più “deboli” a rientrare negli parametri di qualità e quantità», taglia corto Domenico Mantoan, direttore della sanità regionale.
SFORBICIATA A CHIRURGIA Più qualità e degenze ridotte nel materno-infantile, allora; maggiori investimenti sulla “filiera della cronicità” e una sforbiciata ai posti letto anche nelle chirurgie «perché oggi tecnologia e robotica meno invasive limitano la durata del ricovero post-operatorio». La riabilitazione, già. Caratterizzata da una domanda in crescita a fronte di un’offerta insoddisfacente: «La nostra rete riabilitativa non funziona e sconta un calo di affluenza del 20% a beneficio di Friuli, Emilia e Lombardia. Dobbiamo migliorare l’offerta di recupero funzionale», scandisce Mantoan. Ancora, è immutata la classificazione degli ospedali: quelli “di base” con un bacino d’utenza tra 80 e 150 mila abitanti, gli “spoke” tra 150 e 300 mila; gli “hub” da 600 mila in su. Per una serie di specialità caratterizzate da tempi d’attesa «impropri» - psichiatria, pediatria, ostetricia/ginecologia, oculistica - è previsto l’accesso diretto dal pronto soccorso. Sul versante Iov, spunta la volontà di aprire un ambulatorio a Portogruaro.
I CASI DI PADOVA E vENEZIA Tant’è. L’apertura della discussione ad opera del presidente leghista Fabrizio Boron, è stato animato dagli interventi dell’opposizione. Marino Zorzato (Forza Italia) e il Pd - per voce di Stefano Fracasso, Claudio Sinigaglia, Bruno Pigozzo e Orietta Salemi - chiedono chiarezza sul percorso del Sant’Antonio, l’ospedale padovano destinato a fondersi con il Giustiniani in vista del del nuovo policlinico universitario, e del Civile veneziano a rischio di declassamento; «A Padova potremo dedicare una scheda di “transizione pluriennale” mentre la particolarità del caso Venezia è all’attenzione del sottosegretario Coletto», la replica dell’assessore. Duri Piero Ruzzante (Leu) e Patrizia Bartelle (Italia in comune) che contestano la crescita del business privato: «La Lega è il killer della sanità pubblica»; «Schede conservative, a fronte della scarsità di medicimanca il coraggio politico di cercare via nuove», il giudizio a 5 Stelle di Jacopo Berti. —
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