Cosa succede con l'autonomia in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto
Alle Regioni andranno parte del gettito Irpef e dell'Iva per gestire formazione, infrastrutture e Sanità con maggiori poteri. Si va verso concorsi e contratti regionali per la Scuola.
Con il Consiglio dei ministri del 14 febbraio è entrato nella fase decisiva (dopo lo stop di dicembre) l'iter che porterà Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto a gestire in maniera diretta risorse in materie centrali per la vita dei cittadini come la Scuola, la Sanità, le infrastrutture. L'autonomia differenziata, prevista dalla nostra Costituzione, è stata chiesta tramite referendum (Veneto e Lombardia) o accordi con il governo (Emilia-Romagna). A queste tre Regioni presto se ne aggiungeranno altre, soprattutto del Nord, mentre a Sud si teme che la strada imboccata porti a un ulteriore depauperamento, come ha accusato - tra gli altri - il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.
UNA QUOTA DI IRPEF E DI IVA RIMANE ALLO STATO
Uno dei nodi fondamentali di questo accordo riguarda proprio le risorse economiche: secondo l'intesa raggiunta il 13 febbraio tra Regioni e governo (il sottosegretario del Mef Massimo Garavaglia e la ministra per gli Affari regionali Erika Stefani), una parte di Irpef e di altri tributi erariali come l'Iva resteranno sul territorio per finanziare le competenze che passeranno dallo Stato alle Regioni. Per capire quanti soldi saranno gestiti da queste ultime, ci si baserà sul "costo storico", cioè su quanto lo Stato ha stanziato precedentemente. Dopo tre anni, dovrebbero essere individuati dei «fabbisogni standard». Lombardia e Veneto avevano chiesto di legare tali costi alla "capacità fiscale", cioè di poter trattenere e spendere di più in base alla loro maggiore raccolta fiscale. Ma il principio non è passato. C'è però una clausola ponte secondo cui se non si riescono a definire i fabbisogni standard, allora le Regioni avranno un ammontare di risorse non inferiore al valore medio nazionale pro-capite della spesa per quelle fuzioni. Una clausola conveniente per il Nord, dove la spesa è inferiore al Sud.
SCUOLA, INFRASTRUTTURE, BENI CULTURALI, SANITÀ
Per capire invece di quali compentenze parliamo, è necessario fare un passo indietro. La Costituzione italiana prevede, all'articolo 117, 23 competenze concorrenti dove lo Stato esercita un controllo generale mentre l'attuazione pratica delle singole norme è demandata alle Regioni, secondo il principio della devolution che ha ispirato la riforma del titolo V della Costituzione del 2001. Ecco il testo in questione, per chi vuole conoscere in dettaglio le singole competenze dove, a ogni modo, spiccano Sanità, istruzione, infrastrutture e beni culturali.
LE MATERIE CONCORRENTI SECONDO L'ART. 117 DELLA COSTITUZIONE
«Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
LE RICHIESTE DELLE REGIONI
Secondo l'articolo 116, su queste materie le Regioni possono chiedere allo Stato «condizioni particolari di autonomia» che sono decise attraverso un'intesa con lo Stato che poi deve essere approvata con una legge votata a maggioranza assoluta dalle Camere. Lombardia e Veneto hanno chiesto l'autonomia su tutte e 23 le competenze concorrenti. L'Emilia-Romagna si è fermata a 15.
A OGNI REGIONE I SUOI PROFESSORI E STIPENDI DIVERSI?
Una delle questioni più dibattute riguarda le competenze in materia di scuola. Secondo una nota della Flc Cgil, il sindacato dei lavoratori della conoscenza, la questione non è all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri del 14 febbraio. Le richieste soprattutto da parte di Veneto e Lombardia sono però molto nette: i professori neoassunti passerebbero a lavorare alle dipendenze della Regione, e non più dello Stato. La Regione, inoltre, deciderebbe su eventuali aumenti contrattuali e anche l'arruolamento dei docenti si farebbe su base regionale. Il modello a cui si guarda è quello del Trentino Alto-Adige, i cui studenti sono al top nei test Invalsi. Critica la Cgil: «È falso che un contratto regionale possa migliorare la qualità dell'istruzione. È falso che stipendi diversi fra regione e regione incentiveranno il personale. È falso che concorsi regionali favoriscano la stabilità. È falso che sarà rispettata l'autonomia delle istituzioni scolastiche», continua il sindacato, secondo il quale «è vero invece che il diritto all'istruzione non sarà più un diritto universale, che si bloccheranno la mobilità professionale e lo scambio culturale. Il diritto all'istruzione non è regionalizzabile».
LE STRADE, LE FERROVIE E LE AUTOSTRADE CAMBIANO PADRONE
A oggi le Regioni gestiscono già parte del trasporto regionale su ferro (Trenord è partecipata dalla Regione Lombardia) e in molti casi anche le autostrade partecipando alle società concessionarie. Adesso Lombardia e Veneto vorrebbero che passassero al demanio regionale anche la proprietà delle infrastrutture, che sarebbe tolta quindi allo Stato centrale il quale perderebbe le funzioni di programmazione e controllo. Una ipotesi che vede fermamente contrario il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli.
Trenord, partecipata dalla Regione Lombardia
I LIVELLI DI ASSISTENZA SANITARIA DIVERSI DA REGIONE A REGIONE
Le competenze in materia di Sanità sono già in buona parte in mano alle Regioni. Ma i cambiamenti sarebbero sostanziali anche in questo caso. A oggi è compito dello Stato definire i Lea, ovvero i livelli essenziali di assistenza che dovrebbero garantire (nei fatti non succede) prestazioni omogenee sul territorio. Già oggi gli obiettivi dei Lea trovano applicazione sul territorio in maniera differenziata. Nel progetto di autonomia differenziata, i livelli di assistenza e quindi la spesa verrebbero definiti dalle Regioni. Le Regioni, inoltre, chiedono di poter decidere autonomamente sullo stanziamento di risorse aggiuntive per il personale e sulla formazione, con la possiblità di accordi specifici con le università. Anche in questo caso la ministra compentente, Giulia Grillo, ha posto dei paletti in una intervista su Il Mattino: «La Sanità è lo specchio del funzionamento di un territorio, se non c’è crescita sociale e solidarietà, il sistema non può funzionare. E su questo anche la Lega è d’accordo. La Sanità degli egoismi non fa bene a nessuno».
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