domenica 26 marzo 2017

Il M5s ha messo in pratica un antico principio di Stalin

L'autocrate russo diceva che «la gente che vota non decide le elezioni. Le decide la gente che conta i voti». Ovvero Grillo. È questo l'interlocutore che vogliamo per la sinistra?




Stare “a sinistra” è una scelta di vita, la garanzia di un impegno, a volte quasi un pennacchio. Insomma, per alcuni una categoria dello spirito. Essere “di sinistra” dovrebbe risultare ormai una espressione dal significato tutto pratico. I picchi ideologici, credo ergo sum, dovrebbero appartenere al passato. Essere di sinistra dovrebbe più semplicemente indicare la preferenza, di norma, per certe soluzioni invece di altre. Un metodo, non una fede. Chi crede nella superiorità sempre della “sinistra” è rimasto, senza saperlo, nel cono d’ombra del Breve Corso di Stalin sulla storia del Pcus, testo fondamentale un tempo: abbiamo scoperto le leggi della Storia e della Rivoluzione, diceva. Oggi, le leggi della società più giusta. A volte la si trova, a sinistra, la società più giusta, e a volte no.
L'ETERNA RICERCA DELLA SINISTRA. Comunque, dichiararsi “a sinistra” ha fatto per due generazioni più rango che scandalo. La recente scissione in seno al Pd e la nascita dell’Mdp è anche frutto della perenne ricerca di questa “sinistra”. Nobile per definizione. La sinistra dell’era moderna parte dal 1789 della Rivoluzione francese, esplode nel 1848, si diffonde con l’industrializzazione, arriva al “socialismo o barbarie” di Rosa Luxembourg (1916), si incarna nella Russia sovietica, soffre le delusioni dei processi staliniani degli Anni 30 e 50, dell’Ungheria, di Praga 1968 e giù fino al 1989 e poi ai nostri giorni.
OGGI SONO TUTTI SOCIALDEMOCRATICI. Diverso da fine 800 il percorso della socialdemocrazia, alla quale tuttavia la “sinistra” ha fino a ieri negato ogni legittimità, e riservato ingiurie che chi non conosce la storia fatica a immaginarsi. Oggi sono tutti socialdemocratici. Si arrivava, alla fine, molto lontano rispetto agli entusiasmi dell’inizio, quando Leon Trotsky poteva scrivere in Letteratura e rivoluzione (1924) che l’«uomo nuovo» diventerà con il comunismo «…incomparabilmente più forte, saggio, acuto… L’uomo medio raggiungerà la statura di Aristotele, Goethe, Marx. A quote ancora più alte s’ergeranno nuove vette!». Ebbero, invece, Trotzky una picconata in testa e la Russia Stalin, che quella picconata fece dare, e Zdanov, Lysenko, Yagoda e giù giù fino a Beria e oltre.


Lo storico francese Marcel Gauchet sostiene che il significato delle parole "sinistra" e "destra" si è cristallizzato in politica durante la Restaurazione per esplodere poi con l’anno delle rivoluzioni liberali, il 1848. Questo dopo che i termini "destra" e "sinistra" erano comparsi banalmente per indicare la disposizione, rispetto al presidente sullo scranno, dei membri dell’Assemblée Nationale nell’estate 1789 a Parigi, con nobiltà e clero a destra e terzo stato a sinistra. Da allora la parola gauche ha avuto un suono ancora più cristallino del nostro "la sinistra" o degli inglesi e tedeschi the left e die Linke.
I REDUCI DEL 1848. Dei reduci del 1848 faceva un ritratto caustico nelle sue Memorie Alexander Herzen, riconosciuto da Lenin come padre dello spirito rivoluzionario russo. Ma Herzen, brillante e poco incline a filosofeggiare, giudicava le idee astratte dai risultati concreti (per questo osteggiò sempre Marx) e non le amava troppo. «Nel caffè c’erano diversi habitués della rivoluzione... Erano gli eterni corteggiatori della Penelope rivoluzionaria – così descrive una visita al parigino Café Lamblin nel giugno del 48 -, queste inevitabili figure che hanno un ruolo in ogni dimostrazione popolare e ne compongono il tableau, lo sfondo, e che già da lontano sono minacciosi come i draghi di carta con cui i cinesi speravano di intimidire gli inglesi». Herzen osservava anche come la «giovane generazione è colpita dalla facilità, l’apparente facilità, con cui si diventa celebri e si emerge al vertice in tempi rivoluzionari…».
SIAMO AL TODOS CABALLEROS. Ricorda qualcosa dell’Italia di oggi, dei Di Maio, dei Di Battista e altri, tutti sotto l’ala paterna di Beppe Grillo, il leader (pardon, garante) che ha detto adesso al Corriere del Ticino «più mi trasformo e più sono me stesso», cosa che in quel di Genova si sa benissimo, nel senso che Grillo, se fa la frittata, poi sparisce, in una trasformazione continua. La vera sinistra dovrebbe avere senso della politica e se invoca un cambio drastico di personale (ma non erano spesso anche loro al potere e quindi da cambiare?) deve sapere con chi sostituirli. Di Maio? Di Battista? Possiamo anche decidere che siamo al todos caballeros, ma un grande Paese non può fare un tal salto nel buio. Decidiamo pure che i “vecchi” non vanno bene. Ma i nuovi? Fra chi sostiene la perfetta credibilità dei citati deputati grillini alla guida di un governo scatta un meccanismo di autoidentificazione: in molti avvertono nello zaino la presenza del bastone da maresciallo.



È qui che un certo malsano modo di intendere la sinistra interviene e dice che i nuovi, in quanto nuovi per il nuovo e decisi a rinnovare (come? con chi?) sono solo da questo giustificati e garantiti. «Noi vi sconfiggeremo perché voi siete il vecchio, noi il nuovo», dice ora Grillo al Pd. Affascinato dalla loro accreditata forza elettorale, persino Pier Luigi Bersani guarda ai 5 stelle in nome di una “sinistra” superiore di rinnovamento. Vede i 5 stelle come «partito di centro dei tempi moderni». Di centro? Un centro tutto di democrazia diretta, senza rappresentanze, e con il cuore e la testa nel web dove il popolo parla mentre i leader (pardon, portavoce) ascoltano? Ma lo sa Bersani che la democrazia diretta, salvo che in un villaggio sulle Alpi, porta a solo caos o autoritarismo? O non sono i 5 stelle già all’autoritarismo con Grillo decisore supremo e inappellabile?
LE SOLUZIONI MIRACOLISTICHE DEL M5S. Bersani si è allevato nel gerarchico e antipopulista Pci, utilizzatore però di un populismo sfrenato tutto strumentale a demolire il capitalismo e a creare l’ordine nuovo. Ad esempio, quando predicava che in Siberia a 50 sottozero crescevano mele e pere magnifiche, ribes grandi come ciliegie e lamponi giganti (l’Unità, 20 gennaio 1948, p.3). Forse Bersani ha dimenticato queste cose, e quindi si appella ai 5 stelle per fare argine «al populismo» a suo avviso solo di destra. Sarebbe come fondare un centro anti-alcol in un’osteria. Forse Bersani non ha capito che i 5 stelle sono un po’ di sinistra e un po’ di destra, ma certamente sono populisti, cioè per soluzioni facili e miracolistiche a problemi difficili la cui colpa è sempre degli altri. «Nel paese che ho girato / Più di un gonzo ho ritrovato», dice il Dulcamara ne L’elisir d’amore.
STALIN TORNA DI MODA. Bersani si sente a sinistra, con i grillini. Con le masse. È un riflesso della purezza dell’idea cui manca però ogni garanzia di saggezza ed efficacia della politica. Può darsi sia questa la sinistra oggi. Con il web e le votazioni via web, le leggi montate e valutate in Rete con il concorso del popolo grillino (una delle prime pronte è per la riapertura delle case chiuse, antica aspirazione italica). È un mondo che certamente ha messo bene in pratica un antico principio di Stalin, come noto in ritorno di popolarità, convinto da sempre che «la gente che vota non decide le elezioni. Le decide la gente che conta i voti». Cioè, nei 5 stelle, le decide come si è visto Grillo.

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