Purtroppo la Storia è una cruda descrizione di fatti che
spesso sono scomodi a più persone interessate. Sarebbe troppo bello che si
dicesse: hanno sbagliato da tutte e due le parti, fermiamoci e onoriamo i
morti, punto. Ci saranno sempre gli utili idioti che daranno la colpa maggiore
agli uni o agli altri, dimenticando che a monte di tutto vi fu un Regno d'Italia
il cui Re per voracità di potere incoraggiò la distruzione di identità
nazionali in nome di un nazionalismo Mussoliniano che ci avrebbe portati alla
rovina. Senza volere essere quello che sale in cattedra, voglio ri-postare una
nota fatta da un signore, del quale non ricordo il nome, in un altro sito ma
sempre nel medesimo contesto. Non si vuole stabilire il torto o la ragione, ma
solamente far capire che le cose non arrivano a conclusioni feroci per caso ma
per volontà ben precise e che la Storia spesso e volentieri si ripete;
ignorarla significa ripeterne gli errori e la seconda volta, non ci sono
giustificazioni.
FOIBE
Penso che il “ricordo” e la “memoria” non
servano a nulla se non sono accompagnati da una coscienza storica obiettiva.
Una coscienza che non dev’essere in alcun modo manipolata al fine di ottenere
persone poco informate sulla verità, creando un pensiero comune vago e
disordinato. Per non cedere alla disinformazione diffusa, bisogna saper
inquadrare il “fenomeno delle foibe” nell’ambito della secolare disputa fra
italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dell’Adriatico orientale.
In epoca contemporanea, dopo la prima guerra mondiale, quando i nazionalismi si
affermarono fino a sfociare nei razzismi di Stato, l’allora Regno d’Italia
iniziò una politica di italianizzazione forzata delle terre “irredente”. Le
durissime condizioni imposte dal Regno si fecero ancora più rigide ed
intolleranti con l’avvento del fascismo. La lingua obbligatoria divenne
l’italiano, i dialetti e le lingue dei popoli presenti sul territorio vennero
proibiti, i cognomi “italianizzati”, interi villaggi vennero saccheggiati e poi
incendiati, mentre migliaia di uomini, donne e bambini vennero torturati e
deportati in massa nei campi di concentramento, altri venivano addirittura
bruciati vivi su roghi di fascine. La ferocia fascista obbediva ai dettami di
Mussolini, che nel 1920 aveva dato sfogo alla sua efferatezza dicendo che “di
fronte ad una razza inferiore e barbara come quella slava, non si deve seguire
la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone”. E così fu. Alla fine
della Seconda Guerra Mondiale, la Jugoslavia sarà uno dei paesi che avrà pagato
il più alto tributo di morti, da calcolarsi in circa 1 milione e mezzo di
persone su 16 milioni di abitanti. Di questi, sono da attribuirsi alla
responsabilità diretta delle truppe di occupazione italiana almeno 250 mila
morti, che le fonti serbe però portano ad un totale di 300 mila. Crollato il
regime fascista, si verificò un fenomeno alquanto strano e significativo: le
“terre irredente” vennero precipitosamente abbandonate. Dopo decenni di
repressione e violenze, i partigiani jugoslavi di Tito insorsero contro tutto
ciò che era “fascismo”, purtroppo spesso identificato con “italiano”. Come
accade sempre, l’odio attira e crea altro odio, facendo degenerare tutto in
violenza. Il Comitato Rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei
fascisti, nella quale, tuttavia, apparivano anche persone estranee al partito e
che non ricoprivano cariche nello Stato italiano. Vennero tutti arrestati e
giustiziati per poi successivamente essere scaraventati nelle “foibe”, aperture
carsiche del terreno tipiche di quella regione geografica. Gli “infoibati”
furono in tutto circa cinquemila, ma la stragrande maggioranza delle perdite
italiane nella guerra derivano dai bombardamenti angloamericani su Trieste,
Pola, Istria e Fiume. Siccome credo che non esistano morti da ricordare e altri
che non meritano di essere ricordati, non è giusto fare distinzioni in questo
caso, ma per i revisionisti, per i professionisti della cantilena
anticomunista, i morti dei bombardamenti non contano. Non vuole essere, la mia,
una sintesi “di parte” sul fenomeno delle foibe, piuttosto una nota storica che
tenga viva la memoria “ricordando tutto”, per aiutarci a comprendere quanto
atroce e inarrestabile sia quell’infinito circuito che crea la violenza
generando altra violenza.
Checcuswriter
11 Febbraio 2014
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