lunedì 17 dicembre 2012

LE RAGIONI DELLA FOLLIA


                                 

                                   






Nota dell’autore






Le poche persone che hanno avuto modo di leggere questo mio libro, in attesa che venisse pubblicato, hanno pensato che questi racconti fossero ispirati al genere “Noir”, o giallo, per intenderci, con qualche dubbio sul risultato; tengo a precisare che, non è mai stata mia intenzione scrivere questo genere di libri; se l’avessi fatto, avrei usato ben altri argomenti, anche se la base avrebbe potuto prestarsi egregiamente allo scopo. Quello che mi ha spinto a collegare i cinque racconti con un unico filo comune, è stato, invece, la follia dell’uomo, vista nei suoi diversi aspetti che vanno dai comportamenti estremi del serial-killer, via, via, scemando, fino alla quasi banalità dei fatti quotidiani. Ci troviamo di fronte una società che si è sviluppata, economicamente e tecnologicamente, molto in fretta, travolgendo stili di vita che si pensavano immutabili e che non hanno avuto un adeguato spazio per potersi evolvere al passo dei tempi. Sembra quasi che il nostro vivere quotidiano sia scandito, più che dall’antica saggezza che cercava di dare spazio a tutto quello che poteva servire al progresso, con armonia di scelte, dalla frenesia di cancellare il passato, specie quel che di buono si può conservare, quasi fosse un impedimento. Se, agli inizi del secolo scorso, c’era un’etica con delle regole rigide nel modo di vivere delle persone, con fatti estremi abbastanza rari e additati al pubblico sdegno, oggi la norma si è invertita: ci troviamo a considerare, quasi con indifferenza, certe azioni riprovevoli, anzi, si cerca di giustificarle con mille ragioni che poi, a mente fredda, facciamo fatica a sostenere, special modo se la cosa ci tocca da vicino, nei nostri affetti. Vediamo le cose sotto altri punti di vista, quasi che il fatto di esserci modernizzati sia stato un vaccino sufficiente a cancellare le vecchie e riprovevoli azioni compiute in altre epoche, da gente ignorante, analfabeta e priva di qualsiasi morale. Vorremmo che, nell’era in cui viviamo, tutto scorresse via liscio e tranquillo come se fossimo in una specie di Paradiso. Il fatto che certe azioni, compiute da persone apparentemente normali, diventino quasi ordinaria amministrazione, ci spinge a chiederci perché avvengano, nonostante la modernizzazione e l’evoluzione della società abbiano portato a un benessere prima mai riscontrato nelle categorie sociali più basse. Ecco, quindi, la necessità, non di giustificare, ma di accettare passivamente l’ordinaria follia quotidiana, indignarsi al momento, per poi relegare il tutto nella consuetudine, cancellarlo dal cervello, in modo che non esista; lasciando che la vita continui a scorrere tranquilla. Emblematico, come esempio, la storia di “Nero è bello”, dove il protagonista dopo aver passato una vita “normale”, con una moglie infedele, scopre il piacere di ammazzarla, per cancellare la vecchia normalità, e, molto probabilmente rifarsene un’altra a suo uso e consumo, con una prostituta, infinitamente migliore di lei, convinto che quella sia l’unica strada ragionevole che gli resta da percorrere. Ritorno, quindi, a temi a me cari, quali sono la realtà, a volte mistificata o, non accettata, e all’eterna ricerca di quell’equilibrio che dovrebbe essere un punto fondamentale di ogni uomo; equilibrio che non deve venire inteso come formalità nel confronto con altri (la cosiddetta “signorilità” nei gesti) ma capacità di analizzare i tanti aspetti che la vita ci mette di fronte tutti i giorni, nei suoi lati umani e materiali; accettarli per cercare di trovarvi una soluzione, o adattarli a nuove esigenze, evitando di sfociare in quell’isteria collettiva che ormai sembra essere la nuova frontiera di questo secolo.







“Cos’è la vita se non una commedia, un’illusione nascosta da una maschera, dietro la quale ci si sente attori pronti ad interpretare un ruolo, una finzione: mai noi stessi.”


Francesco Danieletto









Prefazione










Questo libro era stato pensato come un unico romanzo, in seguito lo scrittore ha preferito dividerlo in racconti per assecondare il suo naturale ritmo di scrittura “a getto”.
Il corpus unicum rimane leggibile in un filo conduttore che lega i racconti: la presenza di un morto. I protagonisti delle storie sono delle persone comuni che vivono situazioni quotidiane, fatte di insoddisfazione sul lavoro e difficoltà sentimentali; hanno tutti un elemento di follia caratteriale, che si attenua storia per storia.
Nel racconto “Le ragioni della follia” sono esaltate la complessità della mente umana e la capacità di dimostrare che la verità è, per molti versi, interpretabile. Gli eventi drammatici si spingono al limite del paradossale, il protagonista trova nella sua mente l’unica verità in grado di salvarlo; la sua identità rimane sospesa tra quella dell’assassino e quella dell’incompreso.
L’altro elemento importante per lo scrittore è l’amore che, spesso, si rivela salvifico per i protagonisti, e porta linfa vitale nelle vite piatte. Questo è il caso del protagonista di “Nero è bello” che, grazie all’amore di una prostituta, riesce a ritrovare se stesso e a iniziare una nuova vita. L’amante prostituta è una donna pura e sincera, in contrapposizione alla moglie corrotta e bugiarda.
Il racconto “Una vacanza con il morto”, narra la storia di un gruppo di ragazzi che, terminata la maturità scolastica, decidono di regalarsi una settimana al mare. La voglia di divertirsi e di fare esperienza, comune all’età dei protagonisti, caratterizza la prima parte della storia che subisce una tragica svolta con la morte di uno di loro. I membri del gruppo sono apparentemente ragazzi normali, in realtà celano dei terribili segreti; gli eventi passati hanno segnato inesorabilmente le loro giovani vite. Lo scrittore sviluppa ogni personaggio, nei tratti caratteriali e nelle problematiche individuali, dimostrando un’inesauribile capacità inventiva e un occhio attento alla società attuale. La morte appare quasi un rito iniziatico che porta i giovani al passaggio obbligato per diventare adulti. I sani presupposti caratteriali determinano la felicità individuale e la conclusione felice.
“Intrigo internazionale” racconta la storia di due donne che intraprendono un viaggio alla ricerca di avventure, si imbatteranno in un misterioso complotto. La protagonista si lascia travolgere dal caso, in maniera emotiva e fisica, e la narrazione assume caratteri erotici passionali che scostano il lettore dai cliché degli altri racconti.
Il racconto “Una giornalista in punta di penna” è stato inserito all’ultimo momento dallo scrittore ed è anche l’unico dedicato. Gli elementi narrativi rimangono gli stessi: i personaggi sono ispirati a persone reali così come le ambientazioni; presente ancora una volta un morto. La protagonista è una giornalista che trova un’opportunità per uscire dall’eterna gavetta della professione.
Quest’ultimo lavoro di Danieletto lo conferma nuovamente, dopo la precedente raccolta “Luigia e altre storie”, uno scrittore in grado di toccare le punte più alte della sfera del reale, in una lucida capacità di analizzare e raccontare i fatti della vita senza mezzi termini.
Lo scrittore persegue la verità utilizzando la forma di comunicazione diretta; questi elementi richiedono una notevole capacità di analisi. Guardare le cose in faccia e chiamarle con il loro nome, per molti, potrebbe essere sinonimo di pessimismo, ma Danieletto non teme critiche.


Roberta Pasqualetto









Estratto dal primo racconto "Le ragioni della follia" che da anche il titolo al libro





Mi misi a fissare il cielo azzurro fino a che i miei occhi non si dilatarono in un’ unica immensa macchia di colore in mezzo alla quale apparve un’immagine che mi ossessionava da giorni: la toilette di una metropolitana e un orologio posto all'ingresso, all'angolo di un incrocio, che segnava le due del pomeriggio o della notte, non lo sapevo.
Dovevo assolutamente muovermi, reagire, cercare di risolvere questo incubo, capire perché la sua visione mi atterriva e che sicuramente era all'origine di tutti i miei mali, coscienti o immaginari che fossero. Mi alzai e mi misi in cammino, lentamente, come facevo di solito, senza azzardarmi ad allontanarmi troppo ma, dopo aver nuovamente sognato quel posto, quell'ora, volli rendermi conto se esisteva davvero e così vagai un paio di giorni senza una meta precisa, poi concentrai i miei sforzi di notte anche perché c'era meno confusione, che io detestavo fortemente. Il mio vagabondaggio mi portava da una parte all'altra della città, usavo la metropolitana, la macchina mi era stata interdetta anche se era parcheggiata sotto casa e mia moglie ne custodiva gelosamente le chiavi: ma dov'era finita mia moglie? L'ultima volta che ci eravamo parlati, se così si può dire, era stato alcuni giorni prima o settimane? Non ricordavo, stavamo ritornando da Firenze dove eravamo stati in vacanza seguendo il consiglio del medico, sembrava che la visita ai musei, assieme al riposo nelle dolci colline toscane, avesse avuto un benefico effetto sulla mia salute: esaurimento nervoso, dicevano il dottore e gli amici, guardandomi con compassione; sicuramente lei, povera donna, era scappata via, stanca di vedermi ostaggio dei miei incubi. Notai per primo l'orologio, era fermo alle due, anche se ormai era sera, quel posto era piuttosto lontano dal centro, squallido e deserto. Poco distante c'era un cinema e osservai la pubblicità del film in programma. Entrai e, acquistato il biglietto, attesi diligentemente che finisse la proiezione:
"Questa é la prima, disse la maschera, tra poco il film finisce e potrà entrare."
La ringraziai, me ne andai alla toilette e, poco dopo, presi posto nelle ultime file così da essere comodo nel defilarmi in qualsiasi momento. Era una vecchia riedizione di "Jack lo squartatore" e, dopo un po' di tempo, nauseato dalla vista del sangue che scorreva a fiumi, me ne andai; era cominciato a piovere e, raggiunto l'ingresso della metropolitana, scesi velocemente le scale prendendo al volo il primo convoglio in arrivo; girai per un'ora, le carrozze erano deserte, tranne la mia, dove negli ultimi sedili una coppia faceva sesso senza tanti pudori, probabilmente una prostituta con l'occasionale cliente ( alle due di notte succede di tutto, sotto terra)! Scesi alla prima fermata utile e mi avviai alla toilette, anche se non capivo il motivo di tutta questa incontinenza e, avvicinandomi, provavo angoscia, come un presagio di qualcosa di terribile. Dopo essere entrato, mi guardai attorno, espletando i miei bisogni in una delle tazze a muro; fissavo il pavimento senza rendermi conto di cosa fosse quel liquido rosso che scivolava nello scarico, fino a convincermi che si trattava di sangue. Uscii di corsa e mi fermai accanto ai binari, ansimante; si avvicinò un uomo giovane, un coltello in mano e minacciandomi disse:
"Tu non hai visto e sentito niente: capito? Altrimenti ti faccio a pezzi, bastardo!"
Quando fui sicuro che se n'era andato, ritornai alla toilette, il sangue era sparito, come fosse stato lavato in fretta; in compenso, in uno dei bagni c'era il corpo di una donna fatta a pezzi, con precisione scientifica, mancava solo la testa.



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4 commenti:

  1. Nonostante la diversità che ci contraddistingue, l'attenzione e il tentativo di comprendere la follia in un modo che sia 'altro' dal consueto senso di ribrezzo che la stessa il più delle volte fa nascere nella maggior parte della gente é qualcosa che ci ha accomunato fin dall'inizio della nostra amicizia. Forse perché abbiamo entrambi sperimentato che la sensibilità, quando viene troppo 'urtata' può generare pericolosi andirivieni nel mondo della follia...o cmq questo vale sicuramente per me, che ho conosciuto il tristissimo periodo dell'anoressia, quando ancora questa malattia non era nemmeno riconosciuta...
    Ti auguro grande fortuna con questo tuo nuovo libro! Un abbraccio!

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  2. Grazie Annalisa per le tue bellissime parole

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  3. Ciao Francesco, appena l'ho letto argomenterò tutta la tua fatica. Cercherò di farlo girare il più possibile, sarò il tuo ufficio stampa, tanto sono i miei contatti, non mi costa nulla. E' una bella sensazione quella che si prova dopo l'uscita di un proprio libro, è paritetica (o quasi) a quando una donna partorisce.

    Un abbraccio

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    1. Grazie Matteo, sapevo di poter contare su di te, contraccambio l'abbraccio.

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