sabato 22 ottobre 2016

Una critica sincera





Di solito scrivo per un piacere mio personale ma è evidente che quando un lettore,  oltre tutto mio caro amico, mi offre un suo personale giudizio su quanto scritto e soprattutto sapendo che lui, per primo, non è abituato a dare giudizi accomodanti anche se si tratta di amici, il piacere diventa maggiore e si intuisce il giudizio  sincero. Grazie Vincenzo non sei l’unico ad avere versato una lacrima, me lo hanno detto anche altri dopo aver letto questo libro e francamente in un  periodo dove da qualsiasi parte si volga lo sguardo o, meglio ancora l’orecchio, si vedono e si sentono solo inni all’odio, un velo di ottimismo copre il mio innato pessimismo come in  tanti giudicano il mio scrivere.


Se non avessi conosciuto Francesco Danieletto avrei pensato in maniera diversa sull’incipit: “Era da parecchio tempo che accarezzavo l’idea di scrivere un romanzo”.
Avendolo conosciuto e sapendolo duro , testardo, determinato, volitivo, sono certo che quell’”idea” non solo gli ha turbato i sogni, ma non l’ha fatto nemmeno dormire sino a quando non ha scritto l’ultima parola di “Lusin” .
Un romanzo che ha il merito di puntare dritto al cuore del problema ‘’immigrazione’’, senza troppi giri di parole e mettere a nudo l’incapacità della politica a imbastire una soluzione reale, concreta, umana, e non da acqua lavata, tanto per dare una sistemata alla propria coscienza.
L’ultima fatica letteraria di Danieletto è di una attualità sferzante, concreta, viva, raccontata attraverso la ‘’fuga’’ dal loro mondo, quello armeno e quello turco, la lotta per la ‘’sopravvivenza’’, il desiderio di essere ‘’ ribelli ‘’  nella libertà, di essere ‘’ amore’’ e non  “sesso’’, di essere ‘’felici’’ in terra straniera di due ragazzi, Lusin e Daniel, sempre alle prese con le loro contraddizioni, frutto di una conflittualità caratteriale mai sopita.
Lusin si legge tutto d’un fiato, senza soluzione di continuità.
Ti trasporta in un vortice di emozioni e di sensazioni, in un rapporto di fraterna amicizia con i due protagonisti fino a farti esplodere in un ‘’nooooo!’’ di disappunto nel non aver visto coronare positivamente la loro storia e aver assistito alla tragedia che li ha investiti.
E qui il merito va tutto ascritto all’autore che, con uno stile secco e non ridondante, riesce a far vibrare i cuori e a rigarti il viso di qualche lacrima.
Del resto, come puoi non piangere di fronte a un amico che vedi distrutto da un tumore e un’amica che si suicida ‘’per un maledetto turco che finalmente era riuscito a farla felice’’?

Vincenzo Fiore
Mariotto-Bitonto
Bari

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