mercoledì 28 giugno 2017

Davanti al caso Woodcock la sinistra non può voltarsi dall'altra parte

Davanti al caso Woodcock la sinistra non può voltarsi dall'altra parte

Delle due l’una: o Renzi e i suoi hanno sferrato l’attacco più duro alla magistratura o un pezzo di questa è stata sul filo del colpo di Stato. In entrambi i casi, fare finta di niente non è la soluzione.


Non mi piace Matteo Renzi, credo si sia capito, ma vorrei suggerire a tutti quelli che hanno il mio stesso giudizio politico, soprattutto alle formazioni nate a sinistra del Pd, di non farsi ottenebrare dall’antirenzismo nel giudicare o sottacere quel che sta avvenendo fra la procura di Napoli e quella di Roma. Delle due l’una. O il pm Henry John Woodcock è innocente e quindi le accuse rivolte contro di lui di aver violato il segreto istruttorio sul fascicolo Consip per sfavorire la “Renzi family” rappresentano il più duro attacco che la magistratura abbia subito. E in questo caso saremmo di fronte a un vulnus democratico molto serio. Oppure è vero, come sospetta la procura di Roma, che il pm ha pilotato le informazioni sull’inchiesta e sarebbe persino sospettato di aver creato, in combutta con qualche ufficiale dei carabinieri, false accuse sempre contro la “Renzi family”, e anche in questo caso saremmo di fronte a un vulnus democratico inaccettabile.
GIÙ LE MANI DA LILLO. La sinistra non può far finta che non stia succedendo niente. Non può trincerarsi dietro l’ipocrita frase “abbiamo fiducia nei magistrati”. Io, ad esempio, non ce l’ho questa fiducia in tutti i magistrati e vorrei veder chiaro per capire se c’è un premier che vuole decapitare una procura o una procura che vuole, e ha, disarcionato un premier. Il fatto che l’inchiesta sia nelle mani della procura di Roma dà a me fiducia. È una procura seria, sa muoversi su questi terreni assai scivolosi. E spetterà a lei e ai processi successivi stabilire la verità sulle due terribili tesi contrastanti. Nella vicenda sono coinvolti un giornale e una giornalista. Il giornale è Il Fatto che ha pubblicato le notizie prima di ogni altro organo di stampa per l’iniziativa del suo giornalista di punta Marco Lillo. Non mi pare serio accusare un giornale di pubblicare notizie o pretendere che riveli la fonte. Sarà affar loro se la notizia è vera o no e se la fonte è seria o no.
Noi all’Unità cademmo nel famoso “caso Maresca” in cui una brava cronista si fece tramite di una falsa notizia che pubblicammo e una volta smentita fu una pioggia di dimissioni al vertice del quotidiano del Pci. Quindi eviterei polemiche sciocche contro Marco Travaglio. Anche chi, come chi scrive, non sente alcuna sintonia con quel giornale non può che congratularsi con direttore, cronisti e redazione quando portano alla luce notizie comunque ottenute. Federica Sciarelli, già cronista parlamentare validissima della tivù, da tempo gestisce una trasmissione assai popolare come Chi l’ha visto?. La guardo quasi sempre e apprezzo la sua conduzione. Per chiarezza vi dico che non conosco né lei né il suo fidanzato Woodcock. La tesi della procura di Roma è che lei sia stata il tramite fra il pm napoletano e Lillo del Fatto e per questo le hanno sequestrato un telefonino, strumento di lavoro fondamentale per un giornalista. Lillo si dispera perché teme di aver inguaiato una collega in quanto, sapendo della relazione fra il pm e la Sciarelli, avrebbe più volte sollecitato per telefono la stessa per sapere dove fosse Woodcock.
FIDUCIA NEI PM DI ROMA. La parte divertente di questa storia è nel tentativo di presentare Woodcock come uomo schivo, lontano dai riflettori, custode severo di verbali di procura. Spero per lui che sia vero, resta il fatto che tutte, dicasi tutte le sue inchieste, per lo più fallite, sono finite abbondantemente sui giornali ben prima che sulla scrivania del giudice istruttore. La situazione ovviamente creerà due partiti, con i seguaci della coppia che grideranno all’attacco alla magistratura e alla libertà di stampa e gli altri che diranno che era in atto un complotto di un corpo dello Stato contro un premier, reato gravissimo. Sono sicuro che la procura di Roma saprà sciogliere senza accomodamenti questa situazione intricata. Vorrei sperare che la sinistra non se ne disinteressi perché delle due l’una: o Renzi e i suoi hanno sferrato l’attacco più duro alla magistratura o un pezzo di questa, senza il tintinnare di sciabole, è stata sul filo del colpo di Stato.

domenica 18 giugno 2017

IL LAUREATO..."Hello darkness my old friend....

Pochi sanno che "Il laureato" è tratto da un romanzo che pochissimi hanno letto e che è ora tornato, come un clandestino, in libreria, ma tutti ricordano invece l'incipit del film, «Hello darkness my old friend, ciao buio, mio vecchio amico», che dopo cinquant'anni taglia il respiro con la stessa forza letteraria di «Oggi mia madre è morta o forse ieri, non ricordo» e di
«Quel ramo del lago di Como».
Nel 1967, accompagnando Dustin Hoffman sul tapis roulant dell'aeroporto di Los Angeles, cominciò così il romanzo di formazione di almeno due generazioni. E proprio quell'incipit cantato inchioda per sempre al ruolo di pretesto il libro che ora può solo festeggiare il compleanno del film. Chi infatti lo prende in mano e lo sfoglia, subito lo trova sovraccarico di immagini e di suoni e neppure si accorge che i dialoghi sono gli stessi. Il regista Mike Nichols, che è morto nel 2014, li volle tali e quali. Solo lui infatti capì che il romanzo di Webb, che nessuno avevo preso (e ancora oggi nessuno prende) sul serio, sarebbe stato grande letteratura solo diventando cinema. Era scritto con gli occhi e per gli occhi, era un'inconsapevole fantasia cinematografica, non lettura che è solo mentale, ma immagine fisica da vedere perché non c'è prosa paragonabile al viso di Anne Bancroft nell'età in cui cominciava la sua perfezione, e alla calza che, già nella locandina, le fasciava la gamba imprigionando Benjamin, il ragazzo di buona e ricca famiglia, che insaccato in una giacchetta e a piedi nudi, umiliato e inebetito, si abbandonava all'infelicità del piacere. Non c'è competizione possibile tra la prosa, tutta dialoghi, di Webb e l'immagine di quella donna di alto rango ma non fuori rango, reale e super ma non surreale, infelice perché ben maritata, bellissima perché di mezza età, amara e perciò alcolizzata, disillusa e perversa, composta, lucida e ancora "non salvata" dalle femministe.
Mrs Robinson era così torbida da negare anche alla figlia, che aveva la faccia carina straordinariamente qualunque di Katharine Ross, quella giovinezza consapevole a cui lei aveva dovuto rinunziare «just kickin'the cobblestones, lookin'for fun and feelin'groovy, solo prendendo a calci due pietre, cercando di divertirsi e sentendosi bene». E poi ci sono il Duetto rosso, che fu l'auto della libertà, l'America che noi ancora cerchiamo («They've all come to look for America»), e Dustin Hoffman e quella sua fidanzata che corre verso il futuro, più forte dei pregiudizi di chi la voleva sposa dentro il burqa delle convenzioni.
Anche la biografia di Charles Webb che nel 1966 a soli 24 anni vendette per soli ventimila dollari i diritti, presenti e futuri della sua opera prima e di tutte le altre opere da essa derivate, ripropone, l'aria scocciata del Laureato, il broncio d'epoca che è poi lo stesso del giovane Holden, insofferente ai luoghi comuni e al mondo di plastica delle famiglie, lui e la sua «infanzia schifa ». Ancora oggi, che di anni ne ha 78, l'indomabile Webb continua a disprezzare il film che gli «ha rubato l'anima». Scappato dalla sua California, vive da vecchio ribelle in Inghilterra, ad Hove, vicino a Brighton con la moglie che, nuda, apre la porta di casa, e con i suoi due figli artisti che ha fatto studiare a casa, homeschooled, per non far loro subire come al Laureato (a pieni e voti e con proposte di lavoro) «l'istruzione che mi avete dato, caro papà, e che non ha funzionato. Non ne valeva la pena. È una cosa che non vale un bel niente». Qualche anno fa, uno dei figli di Webb, artista performer, cucinò in salsa di mirtilli una copia del Laureato e la mangiò.
La colonna sonora — aAnd here's to you, Mrs. Robinson... » — è archiviata, insieme con le altre canzoni che Simon& Garfunkel incisero in quell'anno, come l'inno della generazione del vietato vietare, e basta il vocalismo "ti-tti-tiri-tti-tiri-titti" che accompagna la chitarra acustica per evocare questo Va' pensiero del '68. E non sto parlando del laboratorio preparatorio del terrorismo e della lotta di classe, non insomma il '68 dell'apocalisse marxista, ma quello, molto più vero e potente, della ribellione contro l'ipocrisia e il conformismo degli adulti: «Don't trust anyone over 30, non fidarti di nessuno con più di trent'anni» è la frase di Jerry Rubin, attivista radicale che partì dalla contestazione a Berkeley e, passando per la galera, divenne un ricco uomo d'affari, uno dei primi a credere nella Apple Computer. E se è vero che la fine illumina tutto, c'è forse il destino nella sua morte: nel 1994 Rubin fu investito da una macchina mentre usciva dalla Borsa di Wall Street.
Ma nel 1967 Il laureato ancora si ribellava contro il pasticcio della divisione di sesso e sentimenti — il primo con Mrs Robinson e i secondi con Miss Robinson — e contro la stupidità presuntuosa degli uomini di successo e il morboso bovarismo delle loro mogli di provincia: «I am a rock / I am an island / I have my books and my poetry to protect me, io sono una roccia / io sono un'isola / ho i miei libri e la mia poesia per proteggermi...».
Invecchiato ma non domato, solo Charles Webb è oggi come il laureato di allora. Ha scritto altri sette romanzi, derivazioni e affluenti del Laureato di cui ha composto pure il sequel, Home School, con i figli di Benjamin che si ribellano al padre e chiedono aiuto a Mrs Robinson, la nonna. Home School è stato pubblicato solo in Inghilterra perché Webb ha ingaggiato una difficilissima battaglia legale per impedirne la diffusione fuori dalla Gran Bretagna, e soprattutto negli Stati Uniti dove non potrebbe opporsi a nuovi eventuali film, dei quali ha appunto ceduto i diritti.
Già da ragazzo Webb cominciò col rifiutare la ricca eredità del padre, un medico di successo a Pasadena. Poi dedicò il libro alla moglie — «A Eve» — che ha però cambiato nome ed è diventata Fred, l'acronimo di una organizzazioene di hippies e poi, sempre per colpa di quel maledetto cinema, si è pure ammalata di depressione. Per celebrare il loro lungo amore, che dura ancora, i due... divorziarono. E per non rimanere imprigionato nella proprietà, Webb donò la sua bella casa a una stramba associazione in difesa degli uccelli. Scandali, dunque, e sberleffi, in una biografia sregolata e romanzesca di figlio, di marito e di padre, di scrittore e di artista: un'oltranza soffusa di delicatezza, un grugno gentile, stranezze di vita, ma coraggiose e vere. E invece quel film-canzone che fu il nostro Risorgimento con Simon e Garfunkel nel ruolo di Giuseppe Verdi, è ora inattuale e tutttavia contemporaneo come tutti i classici. Racconta infatti uno scandalo, che appunto cinquant'anni dopo, ci fa sorridere perché è questo il destino di tutti gli scandali che sfidano il cielo e, come capitava ai filsosofi peripatetici che camminavano con la testa per aria, finiscono dentro una pozzanghera. Non fa eccezione neppure Mrs Robinson, la Bovary del '68 che, infatti oggi, con l'orribile e volgare nome di Milf, di tardona desiderabile e desiderosa, di normale consumatrice di toy boy, è solo una banalità da tv del pomeriggio con i suoi noiosi brividini porno soft.
Oggi che la Milf e il triangolo hanno perduto il sapore forte, viene quasi da rimpiangerlo quel tempo nel quale andava di moda avere un bel problema sessuale, complessi, evasione, frigidità, ghiandole, ormoni, subcosciente... Tutto un armamentario scientifico fu dispiegato per fare della scandalosa Mrs Robinson una normale Milf da porno relax. E però questo porno liberato non è il sesso liberato che aveva in mente Wilhelm Reich. Non è questo il sesso che volevamo liberare. Volevano un mondo più giusto e più ricco senza divisioni di classe e di sessi e abbiamo un mondo di noia e fantasmi invincibili. Non più peccati di famiglia ma vizi e bizzarrie, un carnevale di bava su Internet che ci fa rimpiangere il conformismo e l'ipocrisia di Mrs Robinson che almeno sapeva dove ricoverare la sobrietà, la compostezza e il pudore.
LE IMMAGINI
Dustin Hoffman nella scena simbolo del " Laureato" Sotto: Charles Webb; il Duetto rosso presente nel film
IL LIBRO
Il laureato
di Charles Webb ( Mattioli 1885 traduzione di Paolo Cioni pagg. 216 euro 15)
Francesco Merlo


giovedì 8 giugno 2017

Si faccia una vita interiore, di studio, di affetti, che non siano soltanto di "arrivare" ma di "essere" e vedrà che la vita avrà un significato.
Cesare Pavese a Fernanda Pivano

La pagella di Trump

Al liceo gli scrutini sarebbero impietosi con il diplomando della Casa Bianca. La prima missione internazionale di Donald Trump è stata assai insufficiente, a parte i risultati da mercante di armi, da uomo del banco dei pegni, e nonostante qualche…
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