«Scrocconi», «finti profughi», «mascalzoni che distruggono agrumeti».
Questi sono gli ospiti del Cara di Mineo visti dal reporter Matteo
Salvini. Secondo il leader leghista, dei 3.295 migranti che vivono nella
struttura, solo 21 avrebbero diritto di permanenza. Testuale da Libero del
3 maggio: «14 siriani e sette iracheni. In totale sono 21 coloro che
vengono dalle popolazioni sottoposte alle aggressioni dei terroristi
dello Stato islamico. Sono lo 0,6%. E gli altri?». L'europarlamentare,
bontà sua, riconosce situazioni limite in Eritrea, Sudan e altre non
meglio definite zone. Ma ignora - o vuole ignorare - completamente i
requisiti per chiedere asilo in Italia, la trafila burocratica che può
durare anni, e l'ottenimento per i più fortunati dello status di
rifugiato.
CONVENZIONE DI GINEVRA E COSTITUZIONE. Volendo partire
dai "fondamentali", l'onorevole Salvini pare non aver contezza della
Convenzione di Ginevra del 1951 secondo cui rifugiato è «chiunque nel
giustificato timore d'essere perseguitato per ragioni di razza,
religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o
per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la
cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la
protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi
fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può
o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi». Ma anche
l'articolo 10 comma 3 della nostra Costituzione: «Lo straniero, al quale
sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo
nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla
legge».
LA RICHIESTA D'ASILO NON DIPENDE DALLA NAZIONALITÀ. In breve, come spiega a Lettera43.it
Fausto Melluso di Arci Palermo, chiunque può richiedere protezione
internazionale, indipendentemente dalla nazionalità. Ogni singola storia
deve essere analizzata e giudicata dopo le interviste alla Commissione e
la compilazione del modulo C3. Si pensi, per esempio, alle
discriminazioni di genere, ma anche all'impossibilità di curarsi in
patria. Paradossalmente, è il ragionamento, anche un tedesco potrebbe
richiedere asilo nel nostro Paese se provasse di essere perseguitato in
Germania. Quindi quando Salvini dichiara e scrive che solo 21 persone su
3.295 hanno diritto all'accoglienza al Cara di Mineo, dice una falsità.
A stabilire chi ha diritto o meno di usufruire del sistema di
accoglienza italiano poi non è certo Salvini. La trafila è lunga e
macchinosa. Prima il migrante deve compilare un modulo ed essere
intervistato da una apposita commissione. «Che nel tempo si è ristretta a
una sola persona», fa notare Melluso, «che per forza di cose non può
avere tutte le competenze necessarie per inquadrare ogni singolo caso».
Per avere una risposta bisogna aspettare anche sei o sette mesi, durante
i quali la persona è di fatto un richiedente asilo: non è né irregolare
né tantomeno clandestino. Nella maggior parte dei casi l'esito è
negativo. «Dal 75% di qualche anno fa siamo scesi a meno del 20%»,
commenta Melluso. «Delle due l'una: o è scoppiata la pace nel mondo o è
più difficile ottenere lo status». L'iter però non finisce qui. Davanti
al diniego dello status è possibile presentare ricorso: dal 2014 al 2016
ne sono stati sottoscritti 53 mila, il 18% definiti (70% accolti) e
l'81% pendenti.
MANCA UNA POLITICA UE COMUNE. Detto questo il problema
al Cara di Mineo esiste eccome. «Il centro è isolato ed è un limbo
burocratico per i richiedenti asilo in attesa di risposta», sottolinea
Melluso. «Costretti a vivere nella struttura per periodi che possono
arrivare a sfiorare i due anni, non si inseriscono nella società, non
sempre riescono a imparare la nostra lingua». Ed è lecito supporre che
non apprezzino troppo la quiete del luogo a differenza di Salvini che,
disteso sulla sua brandina, annota: «Un posto magnifico [...]. Sul
davanzale una coppia di piccioni covava un nido con un uovo in attesa di
rompersi. [...]. Devo dire che nella notte ho goduto un silenzio e una
stellata che a Milano me la sogno». Nessuna sorpresa, visto che il
leghista durante il suo ultimo blitz a Lampedusa con entusiasmo, dopo i
selfie e le dirette Facebook, aveva proposto di pescare al porto. «Sì i
cadaveri», era stato il commento delle forze dell'ordine presenti. Su
una cosa però Melluso si sente di dare ragione a Salvini: «Mineo deve
essere chiuso subito. Il punto è: quali soluzioni alternative ha
avanzato il segretario leghista?». Non solo. A mancare è pure una
politica Ue comune. «La Danimarca per esempio», dice il responsabile
Arci Palermo, «rimpatria anche gli iracheni. La Svezia gli afghani». Per
questo con Dublino non è indifferente per il soggetto il Paese dove
richiedere asilo.
Esistono diversi tipi di protezione che lo Stato può accordare a un
richiedente. Lo status di rifugiato è concesso a chi è costretto a
fuggire perché perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità,
appartenenza a un gruppo sociale o per un'opinione politica e non ha
tutele nel proprio Paese di origine.
LA SUSSIDIARIA E L'UMANITARIA. La protezione
sussidiaria è invece concessa a chi pur non avendo i requisiti per
essere riconosciuto come rifugiato ha fondati motivi per sostenere che
rientrando nel Paese d'origine o nel Paese dove risiedeva correrebbe
rischi evidenti. Infine è prevista la protezione umanitaria concessa
dalle commissioni territoriali quando sebbene non vengano riscontrati i
requisiti per la protezione internazionale sono ravvisati comunque gravi
motivi di carattere umanitario a carico del richiedente.
IN ITALIA 131 MILA RIFUGIATI. Secondo i dati Unhcr
(giugno 2016), negli anni l'Italia ha accolto circa 131 mila rifugiati.
Per dare un'idea la Germania ne ha accolti 478 mila su una popolazione
di 82 milioni di abitanti, mentre la Svezia (10 milioni di abitanti) 186
mila. Questo significa che il rapporto tra rifugiati e cittadini italiani è del 2 per mille.
Poi ci sono i richiedenti asilo. Stando ai dati forniti dalla
Commissione nazionale, le domande sono in continua crescita: dalle 26
mila del 2013 si è passati alle 64 mila del 2014, le 83 mila del 2015
fino alle 126 mila del 2016, 11.656 delle quali presentate da minori. La
Nigeria è la nazione più rappresentata con più di 27 mila richieste. Le
domande siriane nel 2016 sono state 1.590 (+220% rispetto al 2015) e le
irachene 1.538 (+192%). A conclusione dell’iter, lo status di rifugiato
è stato concesso per il 5% delle domande esaminate; al 14% è stata
assegnata la protezione sussidiaria, al 21% quella umanitaria e nel 56%
dei casi c'è stato il diniego.
Ma l'attività di inchiesta di Salvini non è finita con la visita al
Cara di Mineo. Il segretario del Carroccio non ha dubbi nemmeno
sull'esistenza del dossier «sugli immigrati, con il legame tra scafisti e
Ong. Quelle prove ci sono. Stanno in certi cassetti. Salteranno fuori».
Eppure il collega di partito Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, è
stato chiaro: «Con riferimento alle notizie circolate circa l'esistenza
di un rapporto (dossier) predisposto dai Servizi segreti italiani e
attestante rapporti tra scafisti e ong per il controllo del traffico dei
migranti nel Mediterraneo, dopo le verifiche del caso, alla luce di
informazioni assunte, ritengo corretto evidenziare come tali notizie
risultino prive di fondamento».
ZUCCARO: «NON RIUSCIAMO A INTERCETTARE I FACILITATORI».
E anche il grande accusatore, il pm di Catania Carmelo Zuccaro
sostenuto senza se e senza ma da Salvini - «Chi tocca Zuccaro se la
vedrà con me», ha minacciato - e dal M5s al grido di #IoStoConZuccaro,
in commissione Difesa al Senato ha ammesso: «Siamo in una fase in cui
non riusciamo più a svolgere l'attività investigativa: non riusciamo a
intercettare i facilitatori, ad intercettare i satellitari e ad avere
quegli elementi probatori necessari». Aggiungendo però, da politico più
che da giudice che «c'è l'impossibilità di ospitare in Italia tutti i
migranti economici: per le ong questo non è un discrimine, ma per uno
Stato la differenza è rilevante, perché il controllo dei flussi
migratori non può che competere agli Stati».